L’espressione “Bancassicurazione” è ormai bene in vista sulle insegne di centinaia di filiali bancarie in tutta Italia. Questa espressione, che unisce “banca” e “assicurazione”, si riferisce alla convergenza dell’offerta bancaria e di quella assicurativa per rispondere alle esigenze del cliente.
La bancassicurazione, detta anche bancassurance, in Italia è storicamente forte nel ramo Vita e nel canale filiale. Le cose, però, stanno cambiando e vediamo emergere nuovi modelli di bancassicurazione digitale, anche integrata in altri percorsi di acquisto.
Ne parliamo con Michele Lomazzi, Head of P&C Product di Wopta Assicurazioni, in un episodio del nostro podcast “#define banking”, di cui questo articolo è un adattamento testuale.
AG. La bancassurance italiana è da sempre forte nel ramo Vita e nel canale fisico. È ancora così o sta aumentando il livello di digitalizzazione?
ML. Nel modello tradizionale di bancassurance, il digitale è stato un servizio messo a disposizione della distribuzione di polizze in filiale. Oggi, invece, la digitalizzazione può fare molto di più, cioè offrire prodotti assicurativi sia Danni sia Vita in modo semplice, facile e coerente alle esigenze del cliente.
Non c’è dubbio che nel Vita le banche abbiano ottenuto un grande successo. Ma devo osservare che in quel caso è tutto sommato facile trovare la combinazione tra il bisogno assicurativo del cliente e le caratteristiche del prodotto.
Nel Danni, questo lavoro è più complesso e c’è bisogno di fornire un aiuto sia allo sportellista, sul canale fisico, sia al cliente, quando si muove in autonomia nel digitale.
La tecnologia permette oggi, anche mediante API, di condividere informazioni e integrare dati tra banca, cliente e compagnie assicurativa. E questo può facilitare la vendita, permettendo di trovare prodotti più semplici, adeguati e coerenti, semplificando una vendita che oggi appare complessa.
Oggi, in banca, le polizze più vendute sono la RC Auto e, a distanza, quella sulla Casa. Semplificare il processo di acquisto, struttando le informazioni che la banca ha sul cliente, permetterebbe di offrire prodotti già pronti e profilati, ma comunque calati sulle esigenze del cliente, magari prevedendo più livelli di protezione tra cui lui stesso può scegliere.
AG. Ho sentito spesso dire che il ramo Danni non piace a chi lavora in filiale perché, in caso di sinistro, si teme che il cliente diventi insoddisfatto.
ML. Questo è un alibi frequente per la bancassicurazione Danni. In realtà, il sinistro capita di rado, parliamo di una percentuale minimale, intorno al 5-6%, mentre il restante 95% continuerà a sapere di avere un servizio di protezione, da utilizzarsi quando serve.
Se guardiamo alla minoranza di clienti che hanno un sinistro, tutti loro sperimenteranno la qualità della protezione che hanno acquistato e solo alcuni di questi, una minoranza della minoranza, potrebbero avere dei problemi. Ipotizziamo una percentuale alta, il 10% di sinistri con delle complessità in fase di gestione.
Siamo già scesi a 5 clienti su 1.000 che hanno acquistato la polizza. Numeri minimali in cui a fare la differenza è la struttura legale dell’accordo tra compagnia e banca, che deve facilitare l’incontro di stakeholder che possono avere obiettivi diversi.
I casi di maggior successo, nella bancassicurazione, sono quelli in cui c’è una joint venture, una condivisione degli obiettivi e dei bisogni. Un accordo puramente commerciale ha delle difficoltà, perché nel momento in cui un cliente importante per la banca ha un sinistro dubbio, emerge il rischio di uno scontro di interessi divergenti.
AG. Sta prendendo forza il paradigma dell’embedded insurance, cioè l’integrazione dell’offerta assicurativa all’interno di un processo di acquisto di un altro settore, come il commercio elettronico oppure i viaggi. Come possiamo immaginare questa integrazione all’interno dei customer journey tipicamente bancari?
ML. Questo è uno dei casi di scuola dell’embedded insurance. La banca, infatti, ha l’esigenza di fare percepire il valore del proprio servizio, per giustificare ad esempio canoni mensili o canoni legati al conto. Serve quindi aggiungere servizi e prestazioni che il cliente percepisca come un valore.
L’embedded insurance ha esattamente questo ruolo: aggiungere servizi assicurativi a un prodotto o assicurativo di un altro settore, per offrire prestazioni e tutele a un prezzo che il cliente non potrebbe ottenere con un acquisto stand alone. Oppure, con garanzie maggiori.
Faccio alcuni esempi. La protezione sulle spese effettuate con la carta di credito di un conto business: in caso di infortunio dell’imprenditore, la polizza potrebbe indennizzare l’importo delle spese effettuate con la carta business nel mese precedente all’incidente, per l’intero periodo in cui l’imprenditore resta infortunato.
Oppure, gli stessi acquisti fatti con la carta di credito possono essere protetti da furto o danneggiamento. Nel caso dei viaggi, l’acquisto di voli, hotel o pacchetti vacanze potrebbe comprendere di default una copertura assicurativa in caso di problemi.
AG. Questo modello è particolarmente diffuso tra le neobanche, che nei loro canoni di offerta includono sempre un pacchetto di operazioni gratuite e di coperture assicurative, soprattutto relative allo stile di vita. È un esempio che tornerà importante anche per le banche tradizionali?
ML. Le neobanche hanno il vantaggio di una struttura leggera e senza costi fissi. Devono però anche distinguere la loro offerta dai concorrenti e lo fanno aggregando servizi, anche assicurativi, per arrivare a uno strumento più moderno, concreto e vicino ai propri clienti. La domanda da farsi è: perché una banca tradizionale non dovrebbe fare lo stesso?
AG. Alcune delle neobanche più innovative provengono dall’estero, c’è qualche altro trend in corso fuori dall’Italia a cui la nostra bancassurance potrebbe ispirarsi?
ML. La bancassicurazione è sicuramente in crescita, potrebbe arrivare a intermediare quasi un ottavo dei premi complessivi nel 2032. Servono accordi tra compagnia e banca per definire come creare un servizio che fa percepire un valore al cliente, rafforzando il brand bancario.
La protezione assicurativa aumenta il valore ESG percepito dall’impresa, nello specifico quello riferito alla S di Social. Quando un’impresa, di qualunque settore, fornisce al cliente una copertura assicurativa, allora li sta proteggendo da un rischio. Sta sicuramente creando valore sociale, magari facendo riflettere il cliente su un bisogno a cui non aveva pensato o a cui non avrebbe trovato soluzione a quel prezzo.
I grandi volumi dell’embedded insurance consentono in fatti di dare garanzie e condizioni economiche migliori.
Infine, nello specifico della banca, la bancassicurazione digitale può essere il primo passo per acquisire un posizionamento e andare a vendere prodotti più complessi, stand alone, allo sportello e online. Perché a quel punto la banca viene riconosciuta come un player capace di generare valore anche all’interno della distribuzione assicurativa, grazie a qualcosa che ha prima “integrato” in un pacchetto a canone e poi sviluppato con prodotti aggiuntivi.