Welfare aziendale

Coverflex: il welfare aziendale deve generare valore per il dipendente (e gli esercenti)

Coverflex

Chiara Bassi, Country Manager Italia di Coverflex

In questo episodio entriamo nel mondo di quella che viene definita retribuzione flessibile, welfare, buoni pasto, sconti, tutta una serie di benefit che un'azienda può dare ai propri dipendenti.

Ne parliamo con una realtà che ha da poco chiuso una raccolta da 15 milioni di euro e ha annunciato il proprio ingresso in Italia.

È con noi Chiara Bassi, Country Manager Italia di Coverflex.

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AG. Allora iniziamo come sempre dalle presentazioni: che cosa è Coverflex, che cosa offre al mercato e anche come nasce?

CB. Allora, Coverflex è una soluzione a canone annuo per la gestione della retribuzione flessibile dei dipendenti di un'azienda.

Una voucher card che viene data al singolo dipendente e che permette di utilizzare un budget di welfare, di buoni pasto e, in genere, dei benefit flessibili concessi dall’azienda.

Ma soprattutto c’è una piattaforma digitale per gestire in modo trasparente questi benefit a vantaggio delle HR dell’azienda e del dipendente stesso.

Coverflex consente all’azienda di ridurre i costi, accedendo agli sgravi fiscali per la retribuzione flessibile; e al dipendente permette di percepire un reale valore aggiunto grazie ai benefit non standard che vengono concessi dall’azienda.

La parola “concessi” è importante perché c’è molta differenza tra i benefit che l’azienda concede e quelli che, invece, il dipendente utilizza realmente.

Coverflex nasce nel 2021 in Portogallo, dove a oggi ha 3.600 aziende clienti e 70mila dipendenti che usano la soluzione.

È una storia particolare, perché l’Italia non è esattamente il primo mercato nelle espansioni internazionali. Ma, invece, è di grande appetito per questa industry.

AG. Ecco, parliamone subito. La scelta di arrivare sul mercato italiano: che potenziale vede Coverflex in Italia?

CB. Allora, se spacchettiamo il nostro prodotto in due, all'interno del nostro prodotto troviamo sia i buoni pasto sia una parte di welfare. Per i buoni pasto c’è una enorme parte del mercato ancora da toccare: l’Italia ha circa 3 milioni di utenti di buoni pasto su 17 milioni di potenziali utilizzatori.

Per la parte di welfare e benefit, invece, l’Italia ha in comune con il Portogallo la presenza di molte piccole e medie imprese. E Coverflex vuole replicare anche da noi il suo modello di successo.

Il potenziale è favorito anche da una serie di fattori. Oggi a livello contrattuale è stata introdotta una flessibilità sull’utilizzo degli spazi e delle risorse dell’azienda, in pratica su dove lavorare. Anche le aziende incominciano a ragionare in ottica più flessibile, anche in termini di compensazione.

La trasformazione in atto nel modo di lavorare è sicuramente un terreno fertile.

AG. Appunto: non c'è solo il buono pasto. Sta cambiando la percezione di quello che è il welfare aziendale anche in Italia, e questo sia lato imprese sia lato dipendenti. Voi, dal vostro osservatorio, come interpretate questo cambiamento?

CB. Certo: sono cambiate le premesse e le caratteristiche per cui un lavoratore sceglie un’azienda. E sarebbe un errore continuare ad applicare un modello di welfare che funzionava nel mercato del lavoro di venti anni fa.

Fino a quindici o dieci anni fa i benefit erano molto tradizionali e legati all’idea di status: l’auto o il cellulare aziendale, per esempio. Oggi il cellulare aziendale non viene menzionato nelle job description o nella negoziazione.

Un benefit deve essere realmente utilizzabile dal dipendente affinché venga percepito come un valore aggiunto. Se il dipendente non percepisce che un budget di welfare è effettivamente utilizzabile e spendibile, non lo vivrà come un valore aggiunto.

In soldoni, se gli veniva chiesto se preferiva ottenere un budget totalmente tassato oppure accedere a una forma di compensazione flessibile per merito, spesso il dipendente è propenso a scegliere la forma tradizionale. Da alcuni studi, emerge che l’acceptance della compensazione flessibile è intorno al 20%.

Questo è perché bisogna cambiare un intero paradigma, quello della creazione di una rete di accettazione. Bisogna creare un network di esercenti felici di accettare i buoni pasto e i benefit. Senza questa rete di utilizzo, il dipendente non percepisce un beneficio reale.

Il welfare aziendale è ancora troppo spesso un qualcosa che riguarda l’azienda, lo sgravio fiscale che può ottenere. E invece bisogna concentrarsi sul dipendente, con una soluzione smart e di semplice utilizzo.

C'è ancora molto da fare per creare awarness all'interno della base dipendenti, affinché poi appunto diventi uno strumento richiesto dal dipendente stesso all'azienda: e non solo ricevuto, ma anche utilizzato.

AG. Dal Covid in poi le esigenze dei lavoratori e delle famiglie sono cambiate molto. Come si sta allargando la definizione di quello che “fa welfare”, ad esempio in termini di servizi offerti?

CB. Di nuovo qui il punto di vista è su chi utilizza, quindi sul dipendente, e questa è stata per esempio una delle nostre scelte per capire da dove partire.

Da un lato c'è stato un ingrandirsi del concetto stesso di welfare, che si sovrappone con le idee di wellness, di wellbeing. Quindi tutto quello che mi fa stare bene fisicamente, mi fa stare bene come persona, mi fa stare bene all'interno di una comunità.

Uno degli esempi che mi viene in mente è l'introduzione dei budget per tutto quello che ruota intorno alla mental health, quindi al benessere mentale della persona in quanto essere umano, non solo come dipendente.

Il benefit non riguarda più il lavoratore, ma l’essere umano che ha una famiglia, interessi, amici e ha bisogno di accedere a un supporto.

Un altro cambiemento in corso riguarda la redemption dei benefit. Che, prima, era molto localizzata dal punto di vista geografico, vicino all’azienda: in fondo, tutti i dipendenti vi si recavano per la totalità dei giorni lavorativi. Usavano i buoni pasto e i buoni spesa nei dintorni: e quindi la rete dell’accettazione poteva basarsi su esercenti, ristoratori e negozi nei 200 metri vicini.

Oggi non è più così. Il dipendente passa molto tempo a casa, o comunque altrove. Lo stesso concetto di ufficio è cambiato e quindi servono esercenti convenzionati non solo in prossimità. Una spendibilità dei buoni su tutto il territorio, anche nel weekend, anche quando un lavoratore fa una settimana di south working.

Oggi il welfare riguarda tutto quello che sta intorno all’essere umano, la sua sfera personale e quella lavorativa.

AG. Il profilo ideale di azienda cliente è la PMI. Mettendoci nei panni di un imprenditore in ascolto ti chiedo: quanto costano i vostri servizi?

CB. Innanzitutto sì, il target ideale sono le piccole e medie imprese ma qualunque azienda attenta ai propri dipendenti può essere un nostro cliente. È l’attenzione al valore aggiunto del benefit l’elemento che fa la differenza per scegliere una soluzione che ha un modello di business diverso dai competitor.

Coverflex ha scelto non di non fare pagare gli esercenti: non si pagano fee per accettare i buoni pasto, è qualcosa che non è mai successo. Attuiamo questa politica per costruire una rete il più ampia possibile. Vogliamo che gli esercenti siano felici di vedere un cliente con una Coverflex Card.

Ovviamente un modello di business richiede delle entrate. Noi ci proponiamo come un sistema operativo che fornisce un servizio a un’azienda che, in cambio, versa una fee mensile fissa di alcuni euro. Quella commissione include tutto il pacchetto: assistenza, piattaforma e card.

Il nostro modello non si basa sui volumi: l’azienda non ci versa una percentuale del budget concesso ai propri dipendenti. C’è solo una fee fissa per usare il sistema e il servizio: il budget è interamente gestito dall’azienda, non da noi.

Coverflex in sintesi

Coverflex è una startup portoghese che offre alle aziende soluzioni per gestire la retribuzione flessibile dei loro dipendenti. Coverflex ha chiuso un round di investimento Serie A da 15 milioni di euro e annuncia l’ingresso nel mercato italiano.

Gli investitori

Al round di Serie A, guidato da SCOR Ventures, hanno partecipato anche Breega (già lead investor nel pre-seed round), MS&AD, Armilar, Stableton, BiG Start Ventures e Shilling, oltre a business angels come gli italiani Alessandro Petazzi (fondatore di Musement) e Davide Dattoli (fondatore di Talent Garden).

Come funziona Coverflex?

La piattaforma di Coverflex consente alle aziende di qualsiasi dimensione di progettare, consolidare e personalizzare i propri pacchetti retributivi con buoni pasto, welfare, sconti, fondi, assicurazioni e altri benefit.

Permette di aggregare più fornitori e aiuta le aziende a ridurre i costi con benefit efficienti dal punto di vista fiscale.

A partire dal suo lancio nel 2021, Coverflex è già stato implementato in più di 3.600 aziende e ha attualmente 70mila utenti attivi.

L’azienda conta oggi quasi 100 dipendenti in Europa e in America Latina e punta a incrementare l’organico fino a 150 unità entro la fine del 2023.