Tutti parlano di intelligenza artificiale, ma pochissime aziende la stanno utilizzando. Secondo i dati Eurostat, solo l’8,2% delle PMI italiane sta utilizzando l’AI Generativa, con il 25% dei paesi nordeuropei.
C’è qualcosa, quindi, che sta frenando l’adozione di questa tecnologia da parte delle nostre imprese. Ne abbiamo parlato con Alberto Adorini, CEO e co-founder di una nuova realtà che opera in questo ambito: Brainyware.
AG. I media parlano di Gen AI da parecchio tempo, eppure solo una piccola parte delle nostre PMI la sta utilizzando. Che succede?
AA. Abbiamo identificato tre grandi ostacoli all’adozione dell’intelligenza artificiale generativa da parte delle nostre imprese.

Brainyware
- hardware dedicato
- installazione
- kit di agenti AI
- sicurezza e controllo dei dati aziendali
- pronto all'uso per molte operazioni
- non servono competenze tecniche
- personalizzabile (a pagamento)
- scalabile (a pagamento)
- azienda italiana
- GDPR ok
- AI Act ok
Il primo è legato alla sovranità dei dati. Si stima che tre persone su quattro utilizzino strumenti di Gen AI per motivi professionali, ma che solo in rari casi il CTO sia pienamente consapevole dell’utilizzo che viene fatto dei dati aziendali.
Questo fenomeno, che definiamo Invisible Knowdledge Loss, porta i dipendenti a caricare dati aziendali, quindi dati sensibili e preziosi, su strumenti pubblici di intelligenza artificiale. Solo una minoranza dei dipendenti comprende il problema e sanitizza i documenti prima di usare l’AI.
Il 30% delle aziende americane ha quindi già bloccato l’utilizzo degli strumenti di Gen AI con account aziendali e la protezione della sovranità dei dati sarà un tema enorme in futuro.
Un secondo aspetto è che intelligenze artificiali generaliste danno risposte altrettanto generaliste. Certo, la tecnologia evolve rapidamente ma ogni azienda ha un proprio lessico, template specifici, un tone of voice e un modo di interagire con i clienti. Questi piccoli elementi sono dirimenti per avere successo nell’utilizzo della GenAI: se viene allenata su dati interni all’azienda, il ritorno dell’investimento migliora di almeno il 30%.
Terzo e ultimo aspetto: la difficoltà di stimare il costo dell’AI. Le soluzioni generaliste prevedono un costo per licenza, in genere fisso, e un costo per token. Quest’ultimo è variabile e dipende dalla tipologia di domanda e di risposta, dall’eventuale caricamento di file, dall’utilizzo di modelli con reasoning.
Stimare il costo per token è impossibile, tanto che il 40% dei CFO americani l’ha paragonato al “fortune telling”, cioè azzeccare il futuro.
AG. C’è anche un problema di casi d’uso? Un conto è sperimentare con i servizi disponibili online, altra cosa portarli nello specifico dei processi aziendali.
AA. Bisogna partire da un caso d’uso che sia un reale problema dell’azienda e trovare un’azienda che ha sia l’urgenza di indirizzare questo problema sia il budget per farlo.
Se le PMI italiane non si sono ancora mosse in maniera decisa nell’ambito della Gen AI è proprio perché queste tre componenti non sono tutte presenti.
Ci sono aziende che non sanno cosa fare con questa tecnologia, perché è applicabile a qualunque cosa. E, quindi, a nessuna nello specifico se non ho un caso d’uso da cui partire. Oppure, c’è talmente tanta offerta che hanno paura di scegliere quella sbagliata.
E così ritardano una scelta ineluttabile: perché è chiaro che non investire in intelligenza artificiale mette in pericolo la sopravvivenza dell’azienda già nel medio termine.
AG. Torniamo sulla sovranità dei dati. Ci sono molti settori in cui la sicurezza del dato è fondamentale, pensiamo al GDPR, ma anche ambiti in cui vanno difesi brevetti e proprietà intellettuale. La sovranità dei dati è decisamente importante per moltissime imprese.
AA. Non solo lo è, ma dal riscontro dei nostri clienti penso che sarà un tema sempre più centrale. Ci sono settori che hanno fatto fatica persino ad approcciare il cloud computing, tanto sono preziosi i dati di cui dispongono.
Per la nostra azienda sono settori molto interessanti, perché sono già consapevoli della necessità di mantenere un presidio sui dati. E molte imprese stanno comprendendo che l’intelligenza artificiale può essere un pericolo per la tutela della loro conoscenza interna.
È un tema a cui fare attenzione in molti settori, dalla sanità alle banche passando per il settore della difesa. Ma anche per i professionisti: notai, commercialisti, studi legali. La segretezza dei dati dei clienti è alla base del patrimonio di fiducia che permette a tutti di stare sul mercato.
AG. Ma le PMI, specie quelle più piccole, hanno le competenze per integrare l’AI nei propri processi? O serve una realtà esterna che dia una mano?
AA. Ci sono due modi per aiutare le PMI e noi li stiamo perseguendo entrambi.
Il primo è creare un insieme di casi d’uso che risponda a un’esigenza ampia del mercato. Un commercialista, ad esempio, dovrà fare più o meno le stesse operazioni, al di là della sua eventuale specializzazione. Possiamo costruire dei prodotti AI pronti all’uso, che diano una risposta alla stragrande maggioranza delle esigenze.
Il secondo è pensato per le aziende che hanno esigenze molto specifiche. E che in ambito IT, da sempre, si affidano a dei system integrator. La nostra go-to-market passa quindi anche da accordi con system integrator che possono aiutarci a installare le nostre soluzioni presso quei clienti con esigenze specifiche.
AG. Che cosa offre, nello specifico, Brainyware?
AA. La nostra soluzione comprende un modello DLLM open source, ne abbiamo diversi, che viene fatto girare in locale su un hardware che mettiamo a disposizione del cliente.
Questo hardware dedicato risolve il problema della sovranità del dato: le informazioni restano all’interno dell’azienda. E se escono è perché l’impresa lo vuole.
Su questo strato di hardware e software costruiamo poi uno strato di software realizzato internamente, che consente di fare l’ingestion della base di conoscenza aziendale. Il modello darà così delle risposte specifiche per il contesto e la conoscenza dell’impresa.
L’ultimo layer riguarda la costruzione di Agenti AI, con cui posso configurare in modo semplice operazioni e workflow. In termini di prodotto, possono essere una serie di agenti relativi a casi d’uso preconfezionati, oppure agenti realizzati ad hoc, eventualmente insieme al system integrator.
AG. Ma quanto spazio occupa questo hardware? E quanto costa?
AA. La soluzione base, che consigliamo a tutte le imprese sotto i 15 dipendenti, ha le dimensioni di un personal computer tower di qualche anno fa e costa 800 euro al mese. Comprende tutta una serie di casi di uso.
Se ci sono esigenze specifiche e serve un hardware più potente, individuiamo insieme al cliente la corretta dimensione iniziale della macchina, con la possibilità di scalare nel tempo.
AG. E il pricing è solo a canone o c’è una componente variabile?
AA. Il nostro pricing è a canone e questo permette all’azienda di calcolare facilmente il ritorno dell’investimento.
Ad alcuni clienti proponiamo il modello Perpetual, che prevede la compravendita dell’hardware, con accesso a una licenza d’uso. Si tratta di una soluzione adatta a clienti che hanno usufruito di bandi che prevedono l’effettivo acquisto dell’asset. Oppure che non hanno spazio di investimento lato OpEx e preferiscono il CapEx.