Il mondo cripto gongola. È impossibile non percepire il senso di rivincita all’apertura della Blockchain Week di Roma, edizione 2024, la quinta della sua storia.
E in questi cinque anni, come è stato ricordato proprio in apertura, bitcoin è stato dato per morto innumerevoli volte, la sua quotazione è scesa a poche migliaia di euro per poi fluttuare a lungo un po’ più in su, mentre il settore cripto sembrava sconvolto da crisi come Terra-Luna, FTX, o The Rock Trading.
Tutti eventi di un lungo inverno terminato con l’ormai celeberrimo via libera all’ETF su bitcoin e, appena qualche giorno fa, su Ethereum.
L’ok agli ETF conferma l’avvio della istituzionalizzazione (o finanziarizzazione: scegliete voi la brutta espressione che più vi aggrada) che diventerà ancora più concreto con il regolamento MiCA in Europa, che darà un framework di compliance agli iper-regolati player bancari e finanziari.
E se le criptovalute sono diventate uno dei temi di discussione delle Presidenziali statunitensi, con Trump che promette di fermare la crociata di Biden contro le cripto allora si capisce che improvvisamente, dopo tanta attesa, bitcoin è davvero sulla bocca di tutti.
Due mondi che si incontrano
L’istituzionalizzazione, però, è in corso e durerà tempo. Si tratta di fare incontrare due mondi, criptovalute e finanza tradizionale, che per definizione sono stati agli antipodi per anni.
Perché non c’è un solo gruppo di bitcoiner, ce ne sono diversi.
I duri e puri, gli early adopter se preferite, hanno sposato una visione anti-sistema decentralizzata del denaro, da “manuale di Satoshi”, dove hodl è una missione per cambiare il mondo.
Poi è arrivato un secondo gruppo di utenti, più “speculativo” tra febbre da rendimenti a tre cifre e il sogno dell’investimento in cripto che ti cambia la vita. Il primo gruppo è un nucleo culturale profondo ed è parte del DNA di bitcoin. E, francamente, un po’ già ci manca.
L’istituzionalizzazione porterà al bitcoin un terzo gruppo, di persone che tecnologicamente ne sanno poco, ideologicamente ancora meno, ma vogliono entrare nel mercato perché ne sentono parlare da anni.
Tornando all’evento, può così capitare di ascoltare, uno di seguito all’altro, l’intervento di un esperto che insegna come aprire un wallet di pagamento in BTC in – letteralmente – un secondo, invitando il pubblico a usare bitcoin per i propri pagamenti e i propri incassi, per sottrarre alle istituzioni finanziarie flussi di denaro e, letteralmente, farle “seccare”.
E, subito dopo, la presentazione di un servizio di brokeraggio e custodia di cripto, che si rivolge al singolo investitore con un modello B2C, ma ha ambizioni ben più grandi di partnership B2B2C, per offrire ai clienti delle banche tradizionali servizi di investimento in cripto asset.
Intanto, come emerso negli altri panel, cresce l’interesse di aziende di diversi settori per le cosiddette StableCoin (termine generico che viene declinato in diverse tipologie di token dalla Mica). E proseguono esperienze “open” e collaborative, come l’ecosistema portato avanti da Polkadot.
Ma si tratta di asset e progetti più recenti, geneticamente più predisposti a lavorare con la finanza tradizionale.
La vera tensione, la vera contraddizione, resta quella tra i due mondi opposti e differenti che caratterizzerà i prossimi passi dell’ecosistema bitcoin, tra spinte centrifughe antisistema e attrazione centripeta esercitata dalla finanza tradizionale (e dalle sue risorse).
C’è chi vede nella contaminazione una occasione per “riformare da dentro” il sistema bancario: un certo déjà vu è inevitabile.