Troppo social, troppi “enigmi”, troppo storytelling. Qualcosa ancora non va nella comunicazione delle FinTech, secondo l’agenzia PR Ferrero. E la fiducia ne risente, a vantaggio di operatori tradizionali e BigTech. Ecco 5 comuni errori da evitare.

Ascolta l'intervista a Marco Ferrero sul tema "Le FinTech e la comunicazione" nel nuovo episodio di #define Banking, il podcast di AziendaBanca
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1) Uso eccessivo dei social
Primo punto: non farsi prendere la mano con i social. È vero che costano meno di un’agenzia, ma tra haters, fake news, click farming e uso improprio dei dati, la credibilità dei social network è ai minimi storici. I media “tradizionali”, sia online sia offline, al contrario, possono sembrare più antichi ma godono di forte credibilità. Nelle redazioni si trovano inoltre giornalisti con una preparazione specifica, sottoposti a norme deontologiche e attenti al controllo sulle fonti.
2) Assenza di professionisti
Altro errore: non lasciare la comunicazione ai “non addetti ai lavori”. Sin da subito, cioè nella fase early stage della startup, è bene invece che siano dei professionisti a occuparsi delle PR e del marketing. Anche se è chiaro che all’inizio difficilmente si potrà contare su un grande team. Non stupisce infatti come un buon 40% su un campione di giornalisti lamenti alcune carenze (in termini di forma, contenuto, chiarezza delle fonti, notiziabilità) in quasi la metà degli invii ai media.
3) Troppe parole astruse
Da evitare poi l’eccesso di tecnicismi, parole astruse e acronimi. Il consiglio è mettersi sempre nei panni dei lettori e domandarsi se le capirebbero.
4) Lo storytelling
Anche con lo storytelling è poi bene non esagerare. A nessuno interessa di come i founder si siano conosciuti durante un semestre a Princeton. Ai risparmiatori pronti a valutare i servizi di una FinTech interessano i dati: un primo bilancio ad esempio o i risultati raggiunti finora.
5) Imitare i “leader”
L’ultimo punto è invece più un suggerimento commerciale. Provare a imitare i leader di mercato già affermati, nella speranza che ci sia spazio per altri 2 o 3 soggetti che offrono prodotti o servizi simili non è una buona idea. Anche perché se la differenza tra nuovi player e leader è minima sarà difficile comunicarla.
Le prossime sfide del FinTech: dai GAFA…
Perché è così importante per una FinTech “comunicare bene”? Secondo Ferrero, prima di tutto perché la cosiddetta Apocalisse (o Tsunami addirittura) GAFA è alla porte. Il FinTech italiano infatti sta crescendo (nel 2020 il giro di affari dei soli New Digital Payment arriverà a 100 miliardi, contro i 46 del 2017, secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano), ma i “nemici” all’orizzonte non sono pochi.
…alla fiducia dei consumatori
Oltre ai GAFA c’è infatti la sfida della diffidenza del pubblico verso le novità. Se quelli degli OTT sono finora solo “esperimenti in Paesi lontani” (vedi Apple Card), fa più paura infatti l’incapacità di riuscire a fare breccia nel cuore degli utenti. E di non farlo prima dei GAFA: una possibilità concreta secondo Bain & Company, che ci parla di un buon 55% degli americani pronto ad acquistare prodotti finanziari da Amazon.
«Il problema più grande delle FinTech è che devono convincere le persone a cambiare abitudini consolidate da lungo tempo – spiega Marco Ferrero, Founder dell’agenzia. Siamo abituati, ad esempio, a pagare beni e servizi in contanti da più o meno 2.600 anni, cioè da quando i Lidi, una popolazione dell’Asia minore, hanno inventato la moneta. Per persuadere qualcuno ad abbandonare un sistema che funziona da 26 secoli, in favore magari di un borsellino digitale, o di una piattaforma di ePayment, occorre conquistare prima di tutto la sua fiducia e poi, dopo, spiegargli con chiarezza i vantaggi della nuova soluzione rispetto ai vecchi metodi».