Fatturato industria in calo del 2%. Ma l’export ci salverà

Un 2012 in calo per l’industria italiana (-2,7% il fatturato a prezzi costanti), condizionata dalla debolezza della domanda interna. Solo la tenuta dell’export limiterà la caduta diffusa a tutti i settori e consentirà nel medio termine di tornare a crescere migliorando la redditività, secondo il Rapporto Analisi dei Settori Industriali di Intesa Sanpaolo e Prometeia
Una crescita del fatturato del 2% circa anno su anno e una ripresa del ROI superiore al 6% al termine del quadriennio 2013-2016: è quanto si potrebbe ottenere con le esportazioni, secondo il Rapporto Analisi dei Settori Industriali di Intesa Sanpaolo e Prometeia. Risultati che andrebbero a compensare un calo del -2,7% sul fatturato dell’industria italiana previsto per il 2012. Una discesa che coinvolge tutti i settori, con la sola eccezione della farmaceutica e della metallurgia, a causa dalla debole domanda interna per investimenti e consumi.

Nel decennio appena passato l’industria italiana è stata capace di aumentare le quote di esportazione verso i nuovi mercati. In particolare il sistema moda, che è riuscito a cogliere con successo la crescente presenza in questi paesi di consumatori di elevato reddito, e la meccanica, che ha saputo incrementare le proprie quote nei mercati emergenti in tutte le fasce qualitative. Buoni risultati hanno interessato anche i prodotti in metallo e l’elettrotecnica, in grado di inserirsi nelle filiere internazionali e di partecipare al processo di infrastrutturazione in atto in questi paesi. Gli spazi di miglioramento sono notevoli, soprattutto nei mercati più lontani (Asia Orientale e Sud e Centro America), dove il ritardo italiano è più pronunciato rispetto ai concorrenti internazionali e le prospettive di crescita nei prossimi anni sono più consistenti.

L’opportunità per le imprese italiane di beneficiare dell’evoluzione degli scambi internazionali si potrà concretizzare solo con ulteriori sforzi e attraverso nuovi e onerosi investimenti. Per questo motivo, l’adozione di strumenti legislativi, insieme a graduali schiarite nella congiuntura, consentiranno un parziale recupero su questo fronte, sostenendo un miglioramento sul piano della redditività operativa, che dovrebbe tornare sopra il 6% nell’orizzonte del 2016. Una parte del recupero reddituale sarà però ancora legata a processi di selezione, più stringenti nei settori dove la capacità produttiva appare in eccesso e dove le pressioni competitive dei prossimi anni porteranno all’uscita dei produttori più deboli.

Per il 2016, infatti, i settori dell’alimentare, mobili, elettrodomestici e il sistema moda potranno contribuire fino al 28% del fatturato (a prezzi correnti) dell’industria manifatturiera italiana (era il 35% a metà anni ’80), a fronte di una quota del 37% per la metalmeccanica (prodotti in metallo, meccanica, auto e moto) ed elettrotecnica e di una quota prossima al 25% per i beni intermedi (metallurgia, intermedi chimici, prodotti e materiali per le costruzioni e altri intermedi).

Cambiamenti più intensi caratterizzeranno invece la composizione settoriale delle esportazioni, con il made in Italy tradizionale che probabilmente scenderà dal 32% registrato nella metà degli anni ’80 al 20% nel 2016, mentre metalmeccanica ed elettrotecnica supereranno il 40% di esportazioni (dal 37% negli anni ’80) e i beni intermedi si collocheranno attorno al 25%.

 
 

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