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WEBINAR

AI e customer experience. L'intelligenza artificiale e quella umana al servizio del cliente

intelligenza artificiale assistenza clienti

I relatori intervenuti durante il webinar

Per servire al meglio la clientela bisogna trovare il giusto equilibrio tra intelligenza umana e artificiale. Perché grazie alla sinergia tra AI e competenza umana si può migliorare la customer experience

Una è precisa, affidabile e instancabile. L’altra è creativa, flessibile ed etica. L’intelligenza artificiale e quella umana non potrebbero sembrare più diverse.

Eppure, se lavorano insieme, possono fare raggiungere all’esperienza clienti livelli mai visti prima. In occasione dell’evento digitale organizzato da AziendaBanca, “AI e customer experience. L’intelligenza artificiale e quella umana al servizio del cliente”, sono state poste sul piatto della bilancia esperienze concrete in ambito bancario.

Per comprendere quale sia il giusto equilibrio tra tecnologia e tocco umano.

La nascita dell’intelligenza artificiale

Il primo passo per sfruttare l’intelligenza artificiale è riflettere sulla qualità del dato a nostra disposizione.

«L’AI è nata in funzione della disponibilità dei dati offerta dalle macchine, con l’obiettivo di comprendere al meglio il potenziale inespresso delle informazioni presenti – afferma Enrico Trevisan, Senior Partner di Simon Kucher and Partner. Per una intelligenza artificiale che funzioni davvero è necessario costruire gli algoritmi partendo da uno sguardo critico sui dati: solo quando il fenomeno da analizzare è caratterizzato da dinamiche stabili, infatti, si possono ottenere delle previsioni affidabili da parte degli algoritmi di intelligenza artificiale. Il segreto è quindi nella qualità del dato».

I vantaggi dell’AI...

Una volta ottenuti dei dati di qualità, l’AI può rendere «un processo o una routine operativa più veloce e più economica ma il grande vantaggio è nell’interazione con il cliente – spiega Trevisan. Difatti, l’AI offre una marcia in più nella valorizzazione dell’esperienza cliente: ad esempio, è disponibile 24/7, non si stanca mai a differenza dell’interlocutore umano e non necessita di pause o riposo, è sempre concentrata e, se gli algoritmi sono costruiti bene, è affidabile, non fa errori per problemi emotivi e sicuramente non disubbidisce. L’AI è inoltre scalabile e quindi un solo algoritmo può gestire milioni di clienti contemporaneamente, mentre un consulente deve umanamente limitarsi a qualche interazione al giorno. Infine, l’intelligenza artificiale non è restia al cambiamento, non si affeziona ai metodi di lavoro passati e non si oppone al change management, tema oggi al centro dell’attenzione nel banking».

… e quelli della intelligenza umana

Tuttavia, le capacità dell’intelligenza umana nella relazione con la clientela non sono messe in discussione.

«Il nostro cervello è più flessibile, riesce infatti a estendere per inferenza le proprie conoscenze a sfere differenti, è creativo perché riesce a percepire anche ciò che non è reale o concreto attualmente, ma che potrebbe diventarlo. Ed è quindi capace di elaborare alternative se incontra un intoppo – spiega Trevisan. L’intelligenza umana è etica: rispetta istintivamente le aspettative dei clienti e della società rispetto a ciò che è giusto fare e non fare. Ed è capace di uscire al di fuori degli schemi e risolvere situazioni impreviste e sconosciute. Infine gli esseri umani generano simpatia, empatia e fiducia nel cliente: un aspetto che la macchina, almeno al momento, non riesce a soddisfare».

Trovare la sinergia

Tra vantaggi e difetti, la giusta via è nella sinergia di queste due intelligenze così diverse e distanti. «L’intelligenza artificiale ha la capacità di registrare e memorizzare ciò che è successo in passato per metterlo poi a disposizione dell’intelligenza umana: può infatti aiutare i consulenti a proporre un prodotto o consigliare un investimento o un finanziamento – chiarisce Trevisan. Usando strumenti che si adattano in real time alle necessità del cliente, si può essere più precisi e trasparenti, offrendo anche numeri e aspetti tecnici dettagliati, eliminando i fattori di confusione».

In attesa del new normal

Gli ultimi 2 anni di pandemia hanno stravolto il modo di comunicare e relazionarsi. L’interazione può essere di persona o da remoto e, in entrambi i casi, supportata o meno da una macchina. «È chiaro che la pandemia ha cambiato le abitudini ma non sappiamo se quella di oggi sarà effettivamente la nuova normalità – continua Trevisan –, almeno fino a quando non usciremo dallo stato di emergenza sanitaria. Certo è che la comunicazione a distanza, in alcuni contesti, funziona ugualmente e non perde di efficacia: dipende dal tipo di prodotto o servizio, dal canale preferito dal cliente, dal livello di fiducia e conoscenza della relazione, e dal miglioramento della componente tecnologica, che deve risultare affidabile agli occhi degli utenti».

intelligenza artificiale e umana

Obiettivo: migliorare l’esperienza clienti

Il Gruppo Banca Mediolanum ha sempre «posto alla base del proprio modello di banca il mix tra umano e tecnologia – afferma Demetrio Migliorati, Head of Innovation di Banca Mediolanum. Usiamo l’AI in moltissime aree aziendali per migliorare l’esperienza clienti sui diversi canali e comprendere chi è il nostro interlocutore. La tecnologia ci aiuta in tutto il ciclo di vita della clientela: nell’acquisizione delle informazioni, per la loro verifica in modo automatico, per snellire l’onboarding. In tutti questi frangenti, l’utilizzo dell’AI porta notevoli vantaggi: riduce i tempi dei processi, limita gli errori umani e rende più semplice la fruizione dei servizi».

L’AI per conoscere i bisogni

Ma cosa vuol dire identificare i bisogni dei clienti tramite l’AI? «La tecnologia identifica una serie di personas per migliorare la costruzione dei servizi e dei prodotti in base ai reali bisogni dei clienti – spiega Migliorati – ma anche alle loro abitudini. I tool a servizio dei nostri banker, pilastro della relazione, sono arricchiti da algoritmi di intelligenza artificiale. L’AI ha mostrato inoltre grandi potenzialità nei processi di risk assessment: esaminiamo importanti masse di dati per identificare pattern comportamentali e gli algoritmi di machine learning mettono in luce i fenomeni più interessanti ai fini della compliance».

L’intelligenza artificiale non ti giudica!

È quindi il momento di spingere verso un nuovo modello di banca, che ricalca il concetto di “AI driven company”. «L’orientamento è oramai chiaro: l’uomo resta al centro – sottolinea Migliorati – ma usa la tecnologia per servire al meglio la persona. È raro che il cliente preferisca interagire solo con una macchina ma lo fa quando c’è un difetto di conoscenza da parte dell’essere umano: il cliente, in altre parole, non fa domande al suo interlocutore perché ne teme il giudizio. Ma se sa che dall’altra parte c’è una intelligenza artificiale questo timore svanisce perché la macchina non lo giudica. Sempre meglio segnalare, quindi, che dietro un determinato processo c’è l’AI».

Il controllo umano, anche sull’AI

La tecnologia non sostituisce l’umano ma è di supporto a determinati processi.

«L’intelligenza artificiale e l’automazione “intelligente” portano vantaggi concreti in alcuni processi – dichiara Elena Mazzotti, Chief Client Innovation & Strategy di CRIF. Abbiamo lavorato con 30 realtà a livello europeo e dimostrato che l’intelligenza artificiale è in grado di migliorare la customer experience, di aumentare - oltre l’80% - i tassi di conversione nell’apertura di un nuovo conto corrente grazie a percorsi di onboarding digitalizzati e di contenere i casi di frode. Naturalmente, lo human touch resta fondamentale: proprio nelle verifiche antifrode abbiamo affiancato alle analisi automatiche l’intervento umano dei controlli specialistici di secondo livello, che permettono di analizzare la documentazione non ancora presente sul sistema SCIPAFI, riducendo le pratiche che inizialmente avevano dato esito negativo automatico e individuando invece falsi positivi nelle pratiche che avevano avuto esito “verde”. Questo percorso virtuoso evita, quindi, il rischio di frode».

Il dualismo dell’AI

«L’espressione “intelligenza artificiale” porta già con sé il dualismo uomo-macchina, una simbiosi dunque tra questi due concetti – sottolinea Marco Tommasucci, Key Account Manager Finance di ComApp. Nel mondo del customer care l’AI è un bot, con compiti principalmente transazionali più che relazionali. Una specie di concierge: il bot deve riconoscere il cliente, raccogliere informazioni con delle domande mirate per facilitare lo step successivo nell’assistenza. Deve rispondere 24/7 e, quando necessario, mettere in contatto il cliente con un collega umano».

Predire e conoscere

Tuttavia, l’intelligenza artificiale applicata al customer care può offrire di più. La prima area d’azione è il predictive routing: «il routing predittivo – spiega Tommasucci – sfrutta i dati e il contesto per mettere in contatto i clienti con l’assistenza, smistando le richieste e portando a un miglioramento del cross selling. La seconda area di applicazione dell’AI nel customer care riguarda il predictive engagement: quando un cliente naviga su un sito, l’intelligenza artificiale analizza il comportamento dell’utente e tenta di instradarne il journey in modo efficace indirizzando l’utente, mettendolo poi in contatto, se previsto e necessario, con un operatore umano senza soluzione di continuità. Infine, il terzo campo riguarda il mondo della conoscenza: negli ultimi 2 anni gli operatori dei contact center sono stati in remote working, senza un team leader. Ma con una gestione della conoscenza più accessibile e condivisa, arricchita dall’esperienza di ogni operatore, il customer care potrebbe rafforzare ancora di più il ruolo di consulente e accrescere la conoscenza all’interno della propria azienda. L’intelligenza umana e quella digitale devono quindi procedere in sinergia, su canali diversi e senza interruzioni di servizio all’interno del journey. Ma va dichiarata in modo esplicito la presenza o meno di una macchina. In questo modo, la clientela non si sentirà mai abbandonata».

Open banking: l’intelligenza artificiale può dare una spinta

I dati determinano la user experience, ma anche la user experience impatta sull’accesso ai dati. Ad esempio nel caso dell’open banking, il modo in cui le banche chiedono l’accesso ai conti correnti presso terzi influisce sulle reali autorizzazioni.

«Le banche hanno registrato impatti diversi nell’account aggregation, a seconda che l’autorizzazione venisse richiesta all’inizio o alla fine dell’onboarding – conclude Mazzotti. Determinante per la user experience è poi la modalità con cui uso questi dati. Noi abbiamo usato il machine learning per costruire un sistema multilingua su cloud che categorizza le transazioni per estrarre KPI utili a valutare il rischio di credito e le opportunità commerciali per i clienti privati e impresa. In questi ultimi anni, questo sistema ha permesso sia a fintech sia a player tradizionali di aumentare del 50% le pratiche che sono poi deliberate automaticamente (a parità di rischio), quindi con una risposta istantanea per il cliente». La prossima frontiera per la valutazione dei prospect nell’onboarding è la digital footprint: CRIF ha sviluppato una serie di score e analitici oltre che partnership con player specializzati, quali FIDO. In particolare, l’utilizzo della piattaforma di digital scoring di FIDO consentirà di migliorare la user experience dei clienti finali e favorire l’inclusione e sostenibilità finanziaria.