Una certificazione etica per il recupero crediti

Un sistema di certificazione etica dedicato alle società di recupero crediti. È il progetto sviluppato da LifeGate, società che si occupa di sviluppo sostenibile delle imprese, e SAI Global, ente di certificazione internazionale. Ethical Debt Collection, questa la denominazione della certificazione, dovrebbe certificare la trasparenza dell’operato delle società di recupero crediti, con ritorni positivi, e non solo economici, anche per le banche.

La positiva ripercussione di un approccio etico

A oggi i mancati pagamenti da parte delle famiglie italiane ammontano a 50 miliardi di euro e si registra un pagamento arretrato di 833 euro per ogni italiano (dati Codacons, 2014): le banche quindi non possono fare a meno di mettere in campo società di recupero crediti, ma non possono certo permettersi, in un tale momento di difficoltà, di perdere un cliente storico o, ancora peggio, subire un danno reputazionale a seguito di lamentele su social media e forum pubblici riguardo a una scorretta pratica di riscossione dei crediti.

«Con debiti maggiori e sempre più incagliati, il mercato del recupero crediti deve riuscire a creare valore – commenta Stefano Corti, Direttore Generale di LifeGate – seguendo un approccio sostenibile e competitivo. Impattando positivamente su tutta la filiera: Ethical Debt Collection”, rispetto ai precedenti standard, si concretizza in un manifesto di principi volti a garantire che il debitore venga trattato con il massimo rispetto, che la società di recupero crediti e l’esattore operino in condizioni lavorative ottimali e che l’azienda mandante sia soddisfatta del processo di recupero del credito a fronte di un’azione globale etica e rispettosa” tutelare quindi il consumatore, garantire una contrattualistica opportuna alle società di recupero crediti e, infine, tutelare anche il mandante, che potrà affidarsi a un operatore che agisce in maniera sostenibile».

Parametri di costruzione della certificazione

La creazione dello standard si è articolata su tre diverse fasi: la prima, di analisi, poi il coinvolgimento degli stakeholder e, infine, la stesura del disciplinare. Nella prima fase, si è creato un benchmarking (nazionale e internazionale) tra i riferimenti normativi e i codici deontologici di riferimento, attraverso una mappatura dei processi di attività del recupero crediti e l’analisi SWOT del sistema. Nella seconda fase, invece, sono stati coinvolti gli stakeholder (reti esattoriali, società mandatarie e debitori), per identificare le criticità e i punti di miglioramento del processo di recupero crediti e definire, quindi, una scala di valori riferita ai vari requisiti dello standard. Infine, è stato elaborato il disciplinare, in cui sono presenti 120 parametri di riferimento suddivisi tra una area generale e due aree specifiche: phone collection e riscossione a domicilio.

«A questi parametri obbligatori, abbiamo poi aggiunto dei criteri facoltativi, che dimostrano il desiderio da parte della società di implementare un sistema di gestione migliore – spiega Davide Marzetto, Head of Audit Certification & Scheme Management SAI Global. A seconda della presenza o meno di questi criteri non vincolanti, le società possono ottenere tre livelli di certificazione: golden (per chi segue dall’86 al 100% dei criteri facoltativi), silver (51%-85%) e infine bronze (0-50%)».

Ethical Debt collection

Il processo di certificazione

Per ottenere la certificazione, le società devono procedere, in primis, con un processo di autocertificazione da inviate al comitato dello standard, che ne verifica il livello di conformità iniziale e propone, dunque, degli eventi formativi con consulenti esterni qualificati. In un secondo tempo, si avvia la “verifica in campo”: un controllo sulla reale applicazione dello standard all’interno della organizzazione, sondando persone e processi con interviste a vari livelli. Infine, passata la check-list, la valutazione conclusiva passa nelle mani di un Comitato Tecnico che valuta se la società opera effettivamente secondo lo standard: a seconda del risultato, si può procedere con una azione correttiva o rilasciare direttamente la certificazione. «Inoltre, l’attestato di riconoscimento ha validità triennale dalla data di emissione – conclude Corti. L’organizzazione è anche sottoposta a visite periodiche annuali per verificare la corretta applicazione dello standard e il suo mantenimento».