La centralità del cliente parte dal customer care

Il contact center, durante il lockdown, è diventato l'unico canale di interazione personale con la banca. Per il cliente, coincideva con la banca stessa: ecco come trasformarlo in una fonte di dati per la customer centricity grazie a speech e text analytics.

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L’emergenza Covid ha forzato imprese, banche e clienti a remotizzare e digitalizzare la relazione. Il contatto con il cliente si è così spostato sul contact center, che «sta evolvendo, inseguendo i profondi cambiamenti che tutti viviamo nella nuova realtà – premette Marco Tommasucci, Key Account Manager Finance di ComApp. Da anni sentiamo parlare di Customer Centricity in banca: adesso che il ruolo delle filiali è stato gioco-forza stravolto, ora che il digitale è una necessità e non più solo un’opportunità, bisogna mettere il cliente al centro per davvero. Bisogna essere sempre pronti a reagire alle necessità del cliente: perché se non trova ciò che vuole, aiutato dal driver del digitale, semplicemente “cambia”».

La retention passa dall’ascolto

Il tema della retention comincia così a diventare davvero importante anche in ambito finance. Costruire un rapporto personalizzato con il cliente è un obiettivo ambizioso, per cui la banca ha un’arma in più: conosce già moltissime cose del proprio cliente. «La disponibilità dei dati – prosegue Tommasucci – insieme a strumenti consolidati, sia tecnologici sia consulenziali e organizzativi, permette di abilitare l’ascolto. La capacità di ascoltare quello che i clienti dicono all’azienda banca è il primo passo per essere proattivi: apprendendo dai comportamenti dei nostri stessi clienti quello che vogliono e di cui hanno bisogno». 

Blended AI: umano e macchina

E per raggiungere questo obiettivo servono più strumenti integrati: non ha senso, ad esempio, chiedersi se privilegiare una tecnologia, come il chatbot, oppure l’elemento umano. «Una cosa non esclude l’altra, anzi – commenta Tommasucci. Si parla di “blended AI”, ossia la possibilità di costruire processi senza soluzione di continuità tra macchina e umano in cui entrambe le parti collaborano. Tecnicamente, è una possibilità indirizzabile sia per il canale digitale che per quello vocale. La macchina svolge il lavoro di routine, garantendo un presidio anche in orari scomodi, mentre la risorsa umana è un valore che entra in gioco quando necessario. Penso a un reclamo, che richiede una capacità relazionale non delegabile a una macchina. La blended AI è la risposta per fare sì che il cliente non veda discontinuità ma solo erogazione di un servizio fortemente personalizzato sulle sue richieste».

Attenzione alla connettività

Con l’emergenza sanitaria, però, è l’intero rapporto tra banca e cliente a essersi spostato sui canali digitali, da sempre usati soprattutto a scopi informativi e dispositivi: la priorità è investire per farne anche strumenti di proposizione commerciale. «C’è un elemento banale, ma di cui spesso ci si dimentica – osserva Tommasucci – ed è la connettività. Quante volte abbiamo visto progetti avveniristici, con tecnologie importanti, che poi cadono o scivolano sulla connettività e sulla relativa sicurezza? In un mondo ormai così capace di usare tutti i canali e le tecnologie, credo servano soluzioni leggere, sempre attive e omnichannel. La parola d’ordine, per l’industria, è diventata cloud: un approccio che svincola dai sistemi IT legacy e on-premise, dando risposte di mercato pronte, fruibili da ovunque, in tempi rapidi. Così la banca potrà dare ai suoi consulenti, magari in smart working da casa, strumenti accessibili e scalabili per focalizzarsi sul servizio, senza preoccuparsi degli adeguamenti tecnologici necessari».  

La filiale andrà integrata

Anche durante il Covid-19, comunque, la filiale ha mantenuto un ruolo importante per la relazione con il cliente. E, a emergenza finita, sarà necessario ripensare il canale fisico per integrarlo con i touch point digitali. «È uno degli aspetti più dolenti – afferma Tommasucci – perché è un dato di fatto che le filiali si sono trasformate radicalmente nell’ultimo periodo, con le banche che stanno riallocando le risorse verso ruoli più digitali, almeno in parte vicini ai concetti di consulente remoto e di customer care. Non è solo un tema tecnologico, ma di processo e organizzativo: le banche devono rimettere mano a processi end-to-end già molto complessi, trovando spazi di efficientamento. Per non parlare del lavoro di riqualificazione delle risorse: gli sconvolgimenti del 2020 hanno portato il customer care a diventare, in alcuni casi, l’azienda stessa. Perché banalmente non esistevano altri touchpoint». 

Analizzare che cosa accade sui canali

La questione, quindi, non è tanto quale piattaforma o tecnologia utilizzare, quanto che cosa farne e come integrarle nella strategie di business della banca. «Oggi serve consapevolezza di che cosa accade su canali che la banca ha già – conclude Tommasucci –, serve la capacità di raccogliere e analizzare dati su come il cliente usa i canali, dando attenzione anche ad aspetti finora non considerati. Gli SLA del customer care, ad esempio, spesso comprendono la misurazione di quante chiamate sono state gestite e in quanto tempo. È un parametro riconosciuto a livello internazionale, certo: ma è sufficiente? Se devo guardare a trust e retention, mi servono altri dati per estrarre il valore delle conversazioni e incrociarli con i dati di business. Qui gli strumenti di interaction analytics, text e speech, avranno un valore chiave per conoscere meglio un cliente sempre più invisibile, digitalizzato e remoto. Ma proprio per questo sempre più presente e conoscibile, grazie a strumenti che misurano dei dati oggettivi e ne fanno una base analitica per creare valore su tutti i canali».

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di novembre 2020 di AziendaBanca