Le banche finanzieranno la transizione verde?

Il credito bancario è chiamato a sostenere la svolta green del nostro modello economico: per un’azione efficace servono però metriche per misurare i risultati ottenuti.

mutui green kpi

Il credito green a famiglie e imprese sarà chiamato a sostenere la migrazione a un modello economico e sostenibile. Ma, per farlo, avrà bisogno di definizioni chiare e standard misurabili che, al pari di altri ambiti del “green” (basti pensare ai criteri di inclusione negli indici ESG) a oggi ancora mancano. Sebbene l’industria ci stia lavorando e non manchino i passi in avanti. Prendiamo il caso dell’Ecobonus al 110%: una misura straordinaria che ha già visto le principali banche sviluppare offerte per i clienti che vogliono cogliere questa opportunità. Proprio con l’Ecobonus è arrivata una novità importante per rafforzare legame tra credito e sostenibilità: per beneficiare dell’incentivo fiscale è stato individuato un obiettivo minimo chiaro. «Nello specifico – spiega Gianluca Natalini, Manager Consulting di CRIF Real Estate Services – è necessario un miglioramento di almeno 2 classi nell’Attestato di Prestazione Energetica. L’APE ha sicuramente dei limiti, ma in assenza di strumenti che monitorino i consumi effettivi di un immobile, riesce comunque a stimolare il mercato verso obiettivi concreti, legando anche incentivi pubblici a parametri oggettivi».

L’APE è la soluzione migliore

Parametri oggettivi che, e anche questa è una novità importante, guidano sia l’incentivo del credito bancario sia quello fiscale. «Ad oggi – commenta Natalini – non c’è una economica fattibilità tecnico-legale di monitorare i consumi effettivi degli immobili da parte delle Banche, prima e dopo l’intervento. L’APE non distingue tra un’abitazione vissuta tutto l’anno e una villetta usata poche settimane l’anno per le vacanze. In Europa si sta lavorando per trovare il modo di misurare il consumo di energia, acqua e suolo, rispettando al contempo il GDPR. L’utilizzo dell’APE è comunque un passo avanti».

Banche al lavoro

A livello europeo, diverse istituzioni bancarie partecipano a gruppi di lavoro per definire regole nell’ambito dei “Mutui Green”. «Con un primo progetto, EnMaP (Energy efficiency Mortgage Action Plan), cui CRIF ha partecipato – racconta Natalini –  le banche hanno lavorato sull’idea di un finanziamento che associa dei premi in termini di pricing o di loan to value al miglioramento dell’efficienza energetica di un immobile. EnMaP ha individuato una soglia minima di miglioramento, il 30%, e uno strumento, appunto l’APE, o Energy Performance Assessment nella tassonomia europea. Un secondo bando, EnDaPP (Energy Efficiency Data Protocol and Portal), che vede anch’esso l’apporto di CRIF, vuole definire le regole per registrare e condividere i dati relativi ai finanziamenti per l’efficientamento energetico. Il Green Deal di dicembre 2019 darà slancio al tema, che le banche affronteranno in altri bandi europei. Ma, anche qui, siamo al lavoro su standard futuri».

La banca finanzierà la transizione alla green economy

Se includiamo nella prospettiva anche il credito alle imprese, nei prossimi anni le banche sono chiamate a un compito importante: finanziare la transizione del nostro modello economico verso la sostenibilità. Soprattutto dopo che l’emergenza Coronavirus ha reso ancora più forte, nell’opinione pubblica e nelle agende dei Governi, il tema del green. «Se questa transizione deve passare dalla finanza privata – sottolinea Natalini –, le grandi imprese europee possono ragionare su bond e mercati finanziari, ma per le molte PMI italiane la strada principale rimarrà quella del credito bancario. E qui dobbiamo chiederci: perché la banca dovrebbe concedere condizioni vantaggiose ad un cliente che fa un investimento green? Perché ne trae dei vantaggi: nel breve periodo, consente di sostenere le imprese verso un percorso di maggiore resilienza agli shock del mercato e maggiore profittabilità prospettica del business, grazie anche al contributo finanziario dei numerosi fondi messi a disposizione da BEI (Banca Europea per gli Investimenti) e FEI (Fondo Europeo per gli Investimenti). Nel medio lungo periodo, con Basilea IV dovrebbe essere prevista una revisione dei fattori di ponderazione di questi finanziamenti. Non dimentichiamoci infine che il meccanismo della finanza sostenibile prevede la possibilità di sviluppare il mercato dei Green (Covered) Bond come ulteriore strumento di approvvigionamento della liquidità a buon prezzo».

Chiarire che cosa è green e che cosa no

In altri termini: se la finanza deve guidare la transizione verso la sostenibilità serve una definizione europea che certifichi che un finanziamento è coerente con quanto fissato in tassonomia. «I mercati finanziari ritengono che sostenibilità sia, per un titolo azionario, sinonimo di resilienza – evidenzia Natalini – e questa idea vale anche per il credito. Un immobile riqualificato energeticamente riduce le emissioni di CO2 e, consumando meno, costa anche meno in termini di bollette. Ci sono poi gli incentivi fiscali per il titolare. E, infine, un apprezzamento del valore dell’immobile, che diventa così garanzia del finanziamento stesso. In prospettiva, tenendo ben presente i rischi di transizione, possiamo ipotizzare che le scelte di consumo e il cambiamento normativo permettano agli immobili con migliore classe energetica di mantenere il loro valore. Tutti fattori che giocano a favore dell’idea che un finanziamento per interventi di riqualificazione energetica di un immobile, residenziale o industriale, sia meno rischioso e richieda quindi una minore ponderazione del capitale».

Il rating ESG? Misura il rischio…

Attenzione, però, a non confondere i rating ESG con i finanziamenti sostenibili, rischieremmo di confondere mezzo e fine. «Relativamente al rating ESG, per noi di CRIF è stata una vera sfida recuperare informazioni utilizzabili per sviluppare uno score ESG non solo per le realtà con un bilancio di sostenibilità, ma per tutte le imprese di capitali – premette Natalini. Ciò detto, dobbiamo ricordare che un rating ESG, nel mercato creditizio, viene utilizzato insieme a un credit rating per sostenere le politiche creditizie della banca: serve parimenti a mitigare il rischio di default. In questo senso è uno strumento potente per le banche, perché amplia lo spettro di analisi dalla sola sfera finanziaria a quella della materialità del modello di business caratterizzato da risorse energetiche e materiali, scarti del processo produttivo, risorse umane, composizione del prodotto finale, tutti aspetti che influenzano il business e il rischio di default. Qualcosa di ben diverso, ad esempio, dal non finanziare i produttori di armi, che è un tema di policy».

… mentre il credito green finanzia un progetto

E ancora diverso è il caso dei finanziamenti green alle imprese. Se il rating riguarda una controparte, l’impresa e la sua capacità di fare fronte agli impegni presi, un prestito green richiede un obiettivo da raggiungere. «Quando parliamo di green loan o di green sustainability loan – conclude Natalini – allora sto finanziando un’impresa che dichiara di volere raggiungere un obiettivo e dovrà dimostrare di averlo fatto. Il rating è un dato di sintesi, qui invece ho un percorso con risvolti etici importanti. Anche in questo caso, per la banca è essenziale lavorare con soggetti certificatori che possono valutare l’effettivo raggiungimento degli obiettivi».