Contagio Covid in ambito lavorativo e responsabilità penale

Coronavirus responsabilità datore di lavoro

Brevi note sulla responsabilità penale del datore di lavoro per contagio da Covid-19 in ambito lavorativo: come districarsi tra disposizioni di legge, protocolli condivisi e circolari Inail.

 

Come ormai noto, numerose attività imprenditoriali e commerciali stanno tornando a essere operative, dopo essere state per lungo tempo sospese a causa della diffusione del virus Covid-19. Per le attività imprenditoriali e commerciali consentite, l’art. 2, comma 6, del DPCM del 26 aprile 2020, tuttavia, ha statuito l’obbligatorietà del rispetto del “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, accordo sottoscritto tra il Governo e le Organizzazioni dei datori di lavoro e sindacali il 24 aprile 2020.

Inoltre, per il settore dei cantieri e per il settore della logistica e dei trasporti, esistono specifiche versioni del Protocollo, sottoscritte il 24 aprile e il 20 marzo 2020. Tali Protocolli forniscono alle aziende indicazioni finalizzate a individuare, le misure precauzionali di contenimento da adottarsi per contrastare l'epidemia di Covid-19 (ad es. la rilevazione in ingresso della temperatura, la messa a disposizione di DPI ecc.)

Ma quali sono le conseguenze di natura penale per il datore di lavoro che non si conformi a quanto previsto dai suddetti Protocolli?

Anzitutto, rimangono applicabili le disposizioni penali contenute nel Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro (D. Lgs. n. 81/2008), tra le quali, a titolo esemplificativo, l’omessa valutazione dei rischi derivanti dall’esposizione ad agenti biologici, l’omessa fornitura dei DPI o l’omessa formazione e informazione dei lavoratori.

Ma, soprattutto, in caso di verificazione di un evento di contagio (e dell’eventuale morte) di uno o più dipendenti in azienda, vi è la possibilità che il datore di lavoro sia chiamato a rispondere dei reati di lesioni colpose per violazione della normativa antinfortunistica o, addirittura, del reato di omicidio colposo con violazione di norme antinfortunistiche.

Necessaria la puntuale dimostrazione dell’origine professionale della malattia

Chiaramente, tali tipologie di contestazioni, direttamente dipendenti dalla contrazione della malattia da parte del dipendente, potranno essere mosse solo a fronte di una puntuale dimostrazione dell’origine professionale della malattia e, soprattutto, della condotta dolosa o colposa del datore di lavoro/imprenditore (ad esempio perché abbia omesso di adottare i dovuti presidi anti-contagio).

La circolare 13 dell’Inail...

In questo quadro legislativo, una certa preoccupazione ha destato la    circolare n. 13 del 3 aprile 2020 dell’Inail, che ha specificato come sussista, per i lavoratori più esposti alla possibilità di contrarre la malattia, in funzione delle caratteristiche della prestazione lavorativa resa (ad esempio, operatori sanitari, cassieri, addetti vendita, banconisti, operatori di front office, ecc.), una vera e propria presunzione sull’origine professionale del contagio da Covid-19, dal quale discende la qualifica quale infortunio sul lavoro e il riconoscimento della tutela assicurativa.

In particolare si è evidenziato, da più parti, come tale presunzione, tesa a garantire con più facilità la tutela del lavoratore sotto il profilo assicurativo, avesse come conseguenza (forse) non voluta, l’apertura di un elevatissimo numero di procedimenti penali, a carico dei datori di lavoro per reati previsti dalla disciplina antinfortunistica o, peggio, per lesioni o omicidio colposo. 

... e la nuova nota interpretativa

Conseguentemente, l’Inail ha ritenuto di dover precisare, con una nota “interpretativa” del 15 maggio 2020, come la presunzione sull’origine professionale del contagio, operi esclusivamente sul piano assicurativo e come, dalla stessa, non possa discendere, tuttavia, alcuna prova sulla responsabilità civile e, a maggior ragione, penale del datore di lavoro/imprenditore, che andrà accertata eventualmente, caso per caso da parte dell’’autorità procedente “attraverso la prova del dolo o della colpa”.

Nonostante la precisazione dell’Inail va evidenziato come la possibilità che in caso di insorgenza della malattia possa aprirsi un procedimento penale a carico del datore di lavoro non è, comunque, da escludersi a priori. (tanto che, da più parti, è stata, comunque, invocata l’adozione di un provvedimento legislativo ad hoc).

Ciò, soprattutto alla luce della rigorosa giurisprudenza formatasi in tema di responsabilità colposa per infortuni sul lavoro che impone al datore di lavoro di porre in atto tutti gli accorgimenti necessari per evitare infortuni o malattie professionali.

È quindi da raccomandare il rispetto scrupoloso da parte delle aziende delle prescrizioni per la prevenzione del Covid 19 sui luoghi di lavoro, anche alla luce del fatto che, nel caso di contestazione dei reati di lesioni colpose o di omicidio colposo con violazione di norme antinfortunistiche, anche l’azienda potrebbe essere chiamata a rispondere del fatto ai sensi della disciplina della responsabilità dipendente da reato delle persone giuridiche (D. lgs. n. 231/2001), che, come noto prevede rilevanti sanzioni economiche, oltre a sanzioni interdittive quali, nei casi più gravi, l’interdizione dall’esercizio dell’attività.

 

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