Come cresce il bitcoin: terzo ATM in Italia

Robocoin Milano inaugurazioneAttivato a Milano il terzo “bancomat” che consente di depositare e prelevare bitcoin. La macchina ATM, installata da Robocoin Italia, segue quelle già presenti a Firenze e a Roma e consente di convertire euro (solo in contanti, per ora) in moneta virtuale, di prelevare euro in banconote (vendendo così i propri bitcoin) e di inviare denaro (bitcoin, si intende) ad amici.

Avvertenza: se non avete idea di che cosa sia un bitcoin, vi conviene leggere qui sotto e poi concludere la lettura con i paragrafi che seguono.

Come si usa l’ATM per bitcoin

Per usare l’ATM non ci sono, ovviamente, carte bancarie da inserire. Il riconoscimento del cliente avviene in due fasi. Per chi non si è mai registrato al servizio, è necessario inserire il numero di telefono (difficile usare una moneta virtuale se non si dispone di uno smartphone) e un documento di riconoscimento, che verrà scansionato dalla macchina: una videocamera all’interno della macchina confermerà che il vostro volto corrisponde a quello della foto riportata sul documento. Soddisfacendo così i requisiti di compliance (Know Your Customer e Anti Money Laundering). Dal secondo accesso in poi tutto è più semplice: basta digitare il proprio numero di cellulare e il PIN personale ricevuto al momento dell’iscrizione. Si riceverà istantaneamente una One Time Password sul proprio cellulare con cui confermare la propria identità. E si è liberi di prelevare o depositare bitcoin.

Robocoin controllo ID

Il riconoscimento avviene mediante documento di identità e scansione facciale

Dove trovare i bancomat bitcoin in Italia

L’ATM milanese si trova presso The Talent Garden, community di start up innovative in zona Viale Monza: gli altri si trovano a Roma, presso la Facoltà di Economia della Sapienza, e in un negozio di Firenze a pochi passi dal Duomo. «Negli USA, al momento, la nostra casa madre ne ha installati 13 – racconta Federico Pecoraro, CEO di Robocoin Italia, che dall’azienda americana ha ottenuto una esclusiva per le attività nel Sud Europa fino al 2017, oltre a tutto il supporto tecnologico – e punta ad arrivare a 40 entro la fine dell’anno. Noi contiamo di installarne un totale di 15 nel nostro Paese e guardiamo con interesse anche a Monaco, Svizzera e Francia».

 

Quanto costa prelevare o depositare

La “rete” di ATM fisici è una caratteristica distintiva di Robocoin: l’azienda americana li produce in casa e li vende a chi desidera installarne uno a circa 20mila dollari. Rendere fisico e “visibile” il bitcoin, di cui molti hanno sentito parlare dai media e non sempre in modo particolarmente rassicurante, è certamente una strategia efficace per fare avvicinare il grande pubblico a questo fenomeno. «Si possono inserire contanti e convertirli in bitcoin, caricandoli sul proprio wallet – spiega Pecoraro – e abbiamo delle commissioni molto competitive, pari al 6% della somma. Se pensiamo che dal nostro ATM è possibile inviare denaro immediatamente anche dall’altra parte del mondo, a chiunque abbia un wallet bitcoin, riteniamo di essere più vantaggiosi di molti servizi di money transfer o di un bonifico internazionale».

Ma pagare in bitcoin costa meno

Per completare la carrellata dei costi, bisogna ricordare che la maggior parte delle transazioni avviene da wallet a wallet, cioè tra acquirente e venditore: in questo caso, se entrambi sono “clienti” Robocoin non ci sono costi di transazione, mentre tra wallet di fornitori diversi il quadro è un po’ più complesso e in divenire. Approssimativamente, Pecoraro parla di commissioni molto basse, intorno allo 0,01%, se un utente Robocoin paga verso un merchant di un altro fornitore.

Robocoin Wallet 1

Il bitcoin: che cosa è

Per capire meglio il contesto in cui si muovono Robocoin e gli altri operatori attivi nel settore delle “cryptovalute” è opportuno fare un passo indietro. Il bitcoin (BTC) è una moneta “elettronica”. Non ha quindi banconote o monete e la transazione avviene, in estrema semplificazione, con uno scambio di dati crittografati tra acquirente e venditore. I bitcoin vengono “conservati” in portafogli digitali o wallet (anche questi virtuali: quello di Robocoin, ad esempio, conserva i bitcoin nel “cloud” e esclude quindi il rischio di perdere tutto il denaro in caso di furto o smarrimento del cellulare o addirittura del PC) e garantiscono un certo anonimato, in quanto la “chiave pubblica” (una sorta di codice IBAN, serve a identificare il proprietario del wallet) è una sequenza di numeri e cifre casuale e assolutamente anonima. In determinate circostanze, come nel caso di operazioni agli ATM Robocoin, l’utente viene però identificato, come richiesto dalle leggi anti riciciclaggio, quindi l’anonimato del BTC potrebbe venire meno con il crescere del suo utilizzo al di fuori delle “pure” transazioni online. Presenta però anche una certa trasparenza, in quanto tutte le transazioni vengono registrate in un database distribuito all’interno dei nodi della rete (cioè gli utenti finali) e diventa così molto difficile sequestrare i bitcoin o, per una autorità, “vietare” le transazioni bloccando la rete.

Transazioni più efficienti

Il reale vantaggio nell’utilizzo di questa soluzione, spiega Federico Pecoraro, CEO di Robocoin Italia, è nella rapidità della transazione. «Lo scambio di fondi è istantaneo e chi riceve il pagamento può immediatamente utilizzare il denaro per altre spese – commenta. Chi installa un software per accettare pagamenti in bitcoin, dopo un processo di registrazione di pochi minuti, può sfruttare un processo di pagamento completamente digitalizzato: è possibile prevedere anche un solo processo tra il cliente finale e il produttore originale di un bene, da cui distributore e retailer prelevano le rispettive commissioni al momento della vendita».

Il nemico è il cash

Un nemico di carte di credito e dei tradizionali pagamenti elettronici? Pecoraro è convinto di no, anzi: il vero nemico è il cash. «Si è spesso parlato del legame tra bitcoin e criminalità informatica – spiega – ma le operazioni contro Silk Road, “mercato online” in cui si vendevano armi e droga con transazioni in bitcoin, ha portato all’arresto di oltre 2mila persone, proprio perché in realtà è possibile tracciare i pagamenti e individuare acquirente e venditore. Lo strumento di pagamento principe delle attività illecite è e resta il contante, che non permette nessuna tracciabilità e dal punto di vista della sicurezza non offre niente di simile ai sofisticati protocolli informatici alla base della rete Bitcoin (la parola viene usata al maiuscolo quando indica la tecnologia e al minuscolo per indicare la valuta, NdR)».

Robocoin ATM Palm vein e QR code

L'ATM interagisce con i QR  code generati dal wallet. Sulla destra, un lettore della mappa delle vene del palmo della mano per l'identificazione del cliente

Una cryptovaluta, ma non come tante

Il bitcoin è in realtà solo una delle cosiddette cryptovalute, valute virtuali basate sulla crittografia: non tutte hanno lo stesso funzionamento e alcune di esse hanno caratteristiche certamente interessanti. Il bitcoin ha però dalla sua la maggiore diffusione, l’aver superato (anche dal punto di vista della sicurezza) un certo numero di attacchi informatici e di crisi (soprattutto d’immagine) e beneficia di una copertura mediatica magari non sempre positiva ma certamente estesa. Oggi di bitcoin hanno sentito parlare in molti, mentre i Litecoin (un’altra cryptovaluta abbastanza popolare) restano un tema di nicchia.

Problemi del bitcoin: normativa e volatilità del cambio

Come anticipato, tutta questa popolarità non è stata proprio un vantaggio per il bitcoin. Intorno allo strumento c’è interesse, ma anche molta diffidenza. Le potenzialità per le transazioni online e per i pagamenti nella vita reale fanno gola a molti, ma restano alcuni nodi critici. La mancanza di una regolamentazione chiara, anche dal punto di vista fiscale, ad esempio. Una grande volatilità del tasso di cambio contro le valute fisiche (al 15/02 un bitcoin vale 196 euro, a novembre 2013 ha toccato gli 880 euro). E una certa diffidenza di una parte dei consumatori verso qualcosa di intangibile e che non fa riferimento a nessuna autorità centrale. Non a caso Banca d’Italia ha recentemente sconsigliato l’utilizzo dei BTC nei prodotti di investimento. «Banca d’Italia ha ripreso una posizione della BCE dello scorso settembre – commenta Pecoraro – e ha fatto una osservazione giusta per quanto riguarda i prodotti di investimento: però ha sconsigliato queste attività, non vietato l’utilizzo del bitcoin. Il 26 giugno scorso siamo stati in Parlamento a presentare la nostra tecnologia e abbiamo dato tutti gli elementi utili per arrivare a una normativa».

Dove si paga in bitcoin

Normativa che, probabilmente, è lontana da venire. «Non esiste neppure la materia da studiare, tantomeno una legge», sintetizza Pecoraro. Intanto, però, sono già 400 i punti vendita fisici italiani che accettano transazioni in bitcoin (si trovano, come tutti i merchant mondiali “bitcoin friendly”, sul sito http://coinmap.org/): un quarto sono in Lombardia, mentre al sud va forte la Sicilia.

Fisco e bitcoin: che fare?

«Questi merchant fiscalizzano i pagamenti come un “fuori campo” – spiega Pecoraro – analogamente a quanto avviene per i punti fedeltà, i coupon e strumenti analoghi». In futuro arriverà una legge in materia e l’emissione di una fattura, per quanto “fuori campo”, dovrebbe dimostrare la buona fede del merchant: basta fare un giro sui forum di discussione dei commercialisti per rendersi conto che il problema è assolutamente sentito. E le soluzioni proposte sono le più disparate: c’è chi mette i bitcoin tra i beni mobili, ad esempio, chiedendosi però come valutare l’impatto delle fluttuazioni (notevoli, come visto) del cambio.

Sul tema si è espresso anche l’Istituto Bruno Leoni, con un documento completo e gratuito che trovate a questo link (in formato PDF).

Mettere ordine nel mercato

E la futura legge dovrà cercare di mettere ordine anche nelle molte attività che a oggi offrono la possibilità di acquistare bitcoin online. «Accanto ad attività serie e accreditate – conferma Pecoraro – come i marketplace riconosciuti, ci sono molti utenti, anche italiani, che vendono bitcoin in cambio di bonifici sulle loro carte IBAN o di ricariche. Chiaramente parliamo di comportamenti forse non pienamente illegali ma certamente sconsiderati, anche da parte di chi compra».