Guo Shuqing, presidente della China Banking and Insurance Regulatory Commission (CBIRC), il principale regolatore bancario cinese, intervenendo al Singapore Fintech Festival ha messo in dubbio il troppo potere delle grandi società di tecnologia finanziaria del paese.
«Alcune piattaforme operano attività intersettoriali con attività finanziarie e tecnologiche sotto lo stesso tetto. È necessario seguire da vicino questa ricaduta e adottare misure tempestive e mirate per prevenire nuovi rischi sistemici» ha affermato Guo.
Nuovo giro di vite per il settore? In realtà le parole di Guo sono la diretta evoluzione di un discorso, quello delle norme per il settore fintech, che in Cina è materia di dibattito, anche accademico, da oltre un anno. La dichiarazione arriva anche ad un mese di distanza dallo stop dell’IPO di Ant Group ad inizio novembre, allorquando un altro organo regolatore negò il lancio in borsa a causa di “gravi irregolarità”.
«Di fronte alla rapida crescita del settore fintech, adotteremo un approccio positivo e prudente» ha affermato Guo. Sempre a novembre, le autorità cinesi avevano pubblicato una bozza di legge antitrust al fine di evitare monopoli, una decisione ampiamente rivolta ai giganti della tecnologia del paese come Alibaba, Tencent, Baidu, Meituan e altri.
Come è noto, le piattaforme di pagamenti mobili in Cina gestiscono, oltre agli e-wallet, anche altri servizi finanziari. Grazie ad una amplia zona grigia della giurisprudenza cinese, queste si sono sempre mosse con estrema disinvoltura, applicando anche modelli di business oggettivamente pericolosi e spericolati.
I legislatori cinesi sembrano fare sul serio. L’opinione pubblica si è molto dibattuta anche sulla questione dei dati personali, tanto che Pechino ha approvato ad inizio anno una serie di regole finalizzate alla protezione dei dati personali degli utenti. Il nuovo codice, salvo cambiamenti, entrerà in vigore nel 2021.
