Una piccola guida alle cose da sapere, a come fare e a chi rivolgersi per espandere il proprio business in Cina. Con un occhio particolare alle PMI e alla consapevolezza che una mossa così strategica per il futuro dell’azienda va fatta con consapevolezza del Paese in cui si va a operare e degli obiettivi della propria azienda.
9 cose da sapere per esportare in Cina
- La Cina è e sarà nel futuro il nucleo dell'economia mondiale e tutto si gioca lì.
- Le aziende italiane devono delocalizzare non per andare a produrre a basso costo, come in passato, ma per entrare in un mercato immenso.
- Esportare e produrre in Cina significa poter entrare in tutta l'Asia e il Pacifico.
- Non bisogna aver paura della Cina ma saperla "utilizzare". Seppure gli insuccessi di aziende italiane in Cina siano moltissimi, se si gioca nel rispetto delle regole e capendo profondamente la mentalità e le logiche cinesi si possono ottenere ottimi successi.
- In Cina bisogna dimostrare che si è lì per rimanere, perché si crede nella Cina; e non che ci si trova lì per un “tocca, fai business e fuggi”.
- Le aziende italiane non vanno vendute: semmai si devono creare joint-venture, mantenendo la maggioranza, oppure aprendo società a capitale 100% straniero (Wholly Foreign Owned Enterprise, WFOE).
- In assenza di ricambio generazionale in una azienda italiana, si può far entrare l’azionista cinese come socio di minoranza, avviando un passaggio di proprietà graduale in alcuni anni e incominciando dalle competenze tecnologiche.
- Il mondo del business cinese è completamente diverso da quello occidentale, e l'incomprensibilità della lingua, parlata e scritta, rende certamente complicato l'approccio, ma se ben guidati e con la giusta umiltà di chi vuole imparare, il successo è possibile.
- Anche la Cina ha bisogno dell'Occidente. Non più per i capitali importati (ora sono più ricchi di noi) ma per le idee, l'innovazione, l'approccio commerciale e industriale, la credibilità nei mercati e molto altro.
Il percorso: 7 passi per arrivare in Cina
- La legge cinese permette il 100% d'investimento straniero, quindi anche italiano, chiamato appunto WFOE (Wholly Foreign Owned Enterprise).
- I cinesi sono risorse utili per la loro abilità nelle negoziazioni e per l’instaurare relazione personali. Ma anche le figure di tecnici, commerciali, fino ai contabili, ingegneri, geometri, operai possono essere egregiamente ricoperte da persone locali.
- Inserire una risorsa locale in posizioni strategiche potrebbe essere rischioso: in una nazione di cui non capiamo la lingua e i documenti, è bene che il controllo dell’azienda resti il più possibile in mano italiana.
- Per aprire la pista, servono professionisti con vasta esperienza sul campo in Cina e che possono dare un servizio personalizzato all'azienda. Non vanno usate costose società di consulenza senza vera esperienza pratica sul campo.
- E l'esperienza non significa essere andati qualche volta in Cina e aver letto un libro, ma aver vissuto anni di vita professionale e anche personale in questo ambiente, non fermandosi, come spesso capita, all'aspetto superficiale.
- I professionisti italiani validi si trovano (avvocati, commercialisti ecc.) e sono sempre più un valido supporto per le nostre aziende .
- Anche le strutture governative sono di ottimo aiuto, al contrario di quanto siamo abituati a pensare in Italia: l'ICE per esempio, le Ambasciate, e anche le nostre Banche a volte fungono da validi consulenti.
I settori merceologici più interessanti per il mercato cinese:
- Beni di lusso del Made in Italy: yacht, mobili e arredamento di lusso
- Cosmetica
- Moda e accessori di moda
- Orologi e gioielli, quadri
- Agro-alimentare e vino (Ci sono 200 ristoranti con un nome italiano a Shanghai)
- Intrattenimento: discoteche e club, bar, ristoranti, Food & Beverage
- Macchine agricole, Macchine utensili ad alto contenuto tecnologico in vari settori industriali
- Elettrico ed elettronica
- Impianti industriali in genere, centri di lavoro
- Chimica
- Cura dell’ambiente: inquinamento atmosferico, energie alternative, trattamento dei rifiuti organici e solidi.
Antonio Termine ha una lunga carriera professionale. Dopo lunghe esperienze in alcuni Paesi asiatici, nel 2003 è “sbarcato” in Cina, dove ha seguito diversi progetti di aziende italiane.
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