Blockchain e Smart contracts - Siamo alla vigilia di una rivoluzione?

smart contract e blockchain

Con il termine inglese “Blockchain” si indica un vero e proprio registro pubblico condiviso, un libro contabile che si aggiorna automaticamente su ciascuno dei nodi che partecipano alla rete. 

Un’architettura Blockchain definisce un deposito di dati distribuito costituito da una lista di record in continua crescita resistente a modifiche e revisioni, anche da parte degli operatori dei nodi su cui risiede il deposito di dati. Molti osservatori vedono la tecnologia Blockchain come i “blocchi” con cui costruire una nuova generazione di Internet: una sorta di Internet delle Transazioni. In effetti la nuova tecnologia consente di garantire una totale trasparenza garantendo a tutti gli attori un controllo ed una verifica delle informazioni e archivi immutabili e condivisi. In ambito finanziario, le caratteristiche di sicurezza della tecnologia in questione non sono passate inosservate, tanto che più di 40 primarie banche mondiali hanno costituito un consorzio con l’intento di studiarne le applicazioni pratiche. Per approfondire questo argomento ci siamo rivolti all’Avv. Marco Zechini dello Studio Legale Orrick, relatore - il 10 ottobre - al primo incontro del "Blockchain Club” presso l'Hotel Gallia di Milano.

In concreto, considerando il mondo delle transazioni finanziarie e nello specifico il mondo delle transazioni bancarie, quali ritiene possano essere gli ambiti in cui le caratteristiche di questa tecnologia potranno esprimere la maggiore efficienza operativa?

I servizi bancari e finanziari sono certamente il settore più avanzato in termini di esplorazione delle potenzialità della blockchain. Per questo possiamo dire che le banche sono tra i soggetti principalmente interessati nel valutare gli impatti del paradigma blockchain sui circuiti dei pagamenti, sulle transazioni aventi ad oggetto prodotti finanziari, sulle attività di gestione del rischio e in ambito di contratti di finanziamento. Al momento, le banche si stanno muovendo con iniziative di consorzio tra le quali certamente la più importante è costituita dal consorzio “R3” di cui fanno parte oltre 50 tra i principali istituti di credito mondiali tra i quali anche Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il consorzio “R3” si pone l’obiettivo di esplorare i possibili campi di applicazione della blockchain e stabilire norme e protocolli uniformi, al fine di facilitarne un’ampia adozione. I partecipanti a “R3” mettono a disposizione le proprie risorse interne per contribuire a progettare e sviluppare soluzioni in grado di incorporare tecnologie e standard open source. Secondo uno studio di Reply, società di consulenza attiva dalla prima ora in tema di blockchain, accanto alle iniziative di consorzio esistono ulteriori approcci mediante quali le banche si stanno avvicinando alla blockchain: 

  • Investimento in start-up attive nel settore blockchain al fine di acquisire competenze tecnologiche;
  • Creazione di gruppi di lavoro per sviluppare soluzioni proprietarie, quali piattaforme per il trasferimento di denaro o ledger privati;
  • Avvio di partnership con altre aziende volte a velocizzare l’acquisizione di know-how mediante il lancio di soluzioni sperimentali.

Le aspettative nel settore bancario in tema di blockchain sono dunque molto alte; ci si aspetta, infatti, una volta che questa tecnologia entrerà nei processi operativi sarà possibile fornire alla clientela servizi più efficienti e veloci con una riduzione dei costi bancari. Non è inverosimile ipotizzare, infine, che si possa aprire un nuovo mercato per operatori bancari Fintech incentrato sullo sviluppo di soluzioni blockchain, aumentando così il livello della competizione con le banche tradizionali.

Nel settore finanziario, le blockchain potrebbero ridurre in maniera strutturale il ruolo delle third trusted parties consentendo scambi più veloci ed economici, conservando elevati standard di sicurezza, ma se questo è vero, le istituzioni bancarie rischiano di abortire parte di quello che ad oggi è stato il loro ruolo di garante delle transazioni ad algoritmi? Siamo alla vigilia di una trasformazione epocale del ruolo degli istituti bancari?

Assolutamente sì. Una delle principali funzionalità, se così vogliamo chiamarle, della Blockchain risiede proprio nella circostanza di attribuire data certa ad una determinata transazione rendendola, in aggiunta, immodificabile. Ciò significa che qualunque operazione sia scritta e registrata su un blocco non potrà più essere editabile mentre potrà essere sempre recuperata. Astrattamente, esisterebbe la possibilità di editare un’informazione scritta su un blocco ma concretamente questa ipotesi è del tutto teorica. Infatti, per cancellare un’informazione contenuta in un blocco occorrerebbe modificare a ritroso tutti i blocchi precedenti. Da ciò ne consegue che la Blockchain possa essere definita un “distributed ledger” ovvero una sorta di libro mastro condiviso tra tutti gli utenti connessi alla rete e il cui processo di aggiornamento sia reso sicuro attraverso un sistema di certificazione delle informazioni codificate sui blocchi che le renda, appunto, immodificabili. Questo libro mastro, utilizzato per governare tutte le transazioni/informazioni contenute nei blocchi è assolutamente decentralizzato. Ciò sta a significare che esso non è tenuto da una organizzazione terza (es. singola banca, o terza parte) bensì da ciascuno degli utenti nella propria memoria locale. In altre parole, il registro viene a essere distribuito in una rete sconfinata in cui nessun nodo è centrale. L’insieme delle regole informatiche (protocollo) e crittografiche genera la reciproca fiducia dei partecipanti nei dati conservati ed è potenzialmente in grado di sostituire quella assicurata da “pubblici registri” gestiti in maniera accentrata da un’“autorità” riconosciuta dal quadro regolamentare.

Una volta metabolizzato questo concetto diventa poi facile poter fare delle esemplificazioni in cui appunto il ruolo del certificatore terzo sia reso superfluo. Si pensi, ad esempio, alle transazioni di beni mobili registrati (es. autovetture o imbarcazioni che necessitano si essere iscritte in un pubblico registro).

Appare ancora prematuro formulare degli scenari su quello che potrà essere il ridimensionamento delle banche una volta che la Blockchain si affermerà in modo più trasversale e invasivo. Sicuramente questa tecnologia, una volta che sarà implementata, provocherà dei cambiamenti notevoli al sistema bancario tradizionale. Le banche, per evitare che tali mutamenti possano prendere il sopravvento, devono innanzitutto dotarsi di una struttura capace di operare su una rete globale per consentire così l’utilizzo di soluzioni efficienti basate su tale tecnologia.

Come anticipavo in precedenza, il sistema bancario è consapevole di ciò ed infatti l’utilizzo di questa tecnologia costituisce un “key item” nei progetti di investimento tecnologici soprattutto per quanto riguarda l’area dei servizi di pagamento. Il comune denominatore è comunque la consapevolezza fra tutti gli addetti ai lavori che questa tecnologia porterà delle significative novità a tutto il mondo bancario e finanziario. Chi non sarà in grado di conformarsi alle nuove innovazioni rischierà seriamente di perdere competitività.
La stessa Banca d’Italia ha costituito al proprio interno un tavolo di lavoro multidisciplinare dedicato all’analisi delle iniziative del mercato nazionale in materia di blockchain, alla verifica della loro compatibilità con il quadro regolamentare vigente, nonché all’identificazione degli eventuali “gap” normativi e dei potenziali rischi.

Oltre alle applicazioni derivanti dalla verificabilità, tracciabilità ed immutabilità dei dati la tecnologia blockchain consente di immaginare una serie di soluzioni collegate alla auto-applicazione di alcune clausole contrattuali: i cosiddetti smart contracts. Alcuni ritengono che questa sia la nuova frontiera. Altri rilevano invece che queste tipologie di contratto già esistono da diverso tempo.

La prima volta che venne definito il concetto di smar contract risale a diversi anni prima l’introduzione della Blockchain. Nel 1994 Nick Szabo, un informatico americano appartenente al gruppo dei cd. “Cyber Punk”, definì gli Smart Contract come “a computerized transaction protocol that executes terms of contract. The general objectives of smart contract design are to satisfy common contractual conditions (such as payment terms, liens, confidentiality and event enforcement) minimize exceptions both malicious and accidental, and minimize the need for trusted intermediaries. Related economic goals include lowering fraud loss, arbitrations and enforcement costs, and other transaction costs”. Uno smart contracts è dunque un contratto scritto in linguaggio informatico, assistito o meno da prosa legale, residente anche su blockchain o distributed ledger, che può consentire il perfezionamento e l’esecuzione delle sue obbligazioni in modo automatizzato limitando, o in certi casi, neutralizzando l’intervento umano dei contraenti o dei terzi.

Di esempi di smart contract ne esistono innumerevoli, pensiamo a forme molto primordiali quali ad esempio i distributori automatici di caffè o di alimenti. Ebbene tutte le volte in cui si inserisce nei distributori un gettone o una chiavetta pre-caricata si da origine ad uno smart contract, laddove un software riconosce l’input del gettone quale elemento scatenante di un processo computerizzato che identifica il prodotto prescelto dal consumatore e lo rende disponibile allo stesso.

La sfida che si pone adesso è quella di combinare l’utilizzo degli smart contracts con le piattaforme blockchain. Un esempio di questa combinazione è dato dalla piattaforma Ethereum, una blockchain pubblica strutturata nativamente anche per permettere l’esecuzione di programmi che incorporano una logica di smart contracts. Possiamo anticipare che la nuova frontiera sarà la possibilità di usare la blockchain non solo per consentire l’esecuzione degli smart contracts ma per renderla la sede naturale in cui gli smart contracts vengono “sottoscritti” dalle parti assicurandone data certa, eseguiti mediante azionamento automatizzato delle rispettive obbligazioni e conservati assicurandone la tracciabilità e l’immodificabilità dei relativi dati ed informazioni.

Personalmente mi pregio di far parte di un gruppo di esperti che con la supervisione di Reply sta lavorando ad un “white paper” dal titolo “Smart contract 2.0” che si pone proprio l’obiettivo di identificare le caratteristiche che gli smart contracts devono avere per essere considerati “trusted” per risiedere appunto su blockchain o su distributed ledger e per essere considerati alla portata di tutti e non soltanto di soggetti che abbiano avanzate competenze in materia di software.

Ma allora in che modo le blockchain potrebbero rappresentare un passaggio evolutivo?

La tecnologia Blockchain e le soluzioni “distributed ledger technologies” (DLT) permetteranno, inter alia, alle banche:

  • di creare e quindi offrire alla clientela nuovi prodotti e servizi;
  • di diminuire i costi di elaborazione dei pagamenti.

Occorrerà sicuramente, rispetto a quanto accade attualmente, una maggiore collaborazione fra le banche, in modo così da sostenere soluzioni di pagamento globali, e una cooperazione tra le banche e altri soggetti non finanziari per creare una struttura che possa sostenere un sistema di pagamenti globalmente accettati. Questo concetto, a mio modo di vedere basilare per la corretta implementazione della tecnologia Blockchain, sembra chiaro a molti operatori del settore. L’evoluzione consisterà proprio nelle varie soluzioni e applicazioni che verranno trovate grazie alla tecnologia Blockchain e al FinTech.

Dove si stanno orientando gli studi e le sperimentazioni in questo senso nel mondo finanziario?

Le sperimentazioni principali si stanno orientando sulle transazioni finanziarie, sul cloud, sulla cibersecurity e più in generale nello studiare delle soluzioni che possano portare benefici a tutto il sistema. Anche JP Morgan e Goldman Sachs sono coinvolte nello studio di applicazioni e soluzioni legate a questa tecnologia innovativa. Molto attive, oltre alle banche, anche delle multinazionali del calibro di Microsoft o di IBM. Quest’ultima, in particolare, ha aperto a Singapore l’Innovation Center Blockchain con l’obiettivo di:

  • implementare soluzioni basate sulla Blockchain;
  • collaborare con piccole e grandi imprese per sviluppare delle soluzioni nel settore finanziario e commerciale.

Come è dunque chiaro ed evidente dagli esempi appena citati, un po’ tutti i maggiori players finanziari a livello globale sono al lavoro per comprendere le caratteristiche innovative portate dalla Blockchain con lo scopo di rendere il sistema bancario/finanziario sempre più efficiente e competitivo senza ovviamente trascurare quei requisiti di affidabilità e sicurezza che garantiscono l’equilibrio e la stabilità di tutto il sistema.  

       
 
 
 
 
 
    
                                                                                                                                                          L'Avvocato Marco Zechini ha preso parte al primo incontro del Blockchain Club: il resoconto dell'evento è disponibile sul numero di novembre di AziendaBanca o in formato PDF.