La blockchain è pronta al decollo?

Ecco la sintesi del IV incontro del Blockchain Club organizzato da AziendaBanca e Astrea presso la sede milanese di BNP Paribas.

Blockchain Club AziendaBanca

Non è più un problema di tecnologia. Se la blockchain fatica a porre i suoi blocchi nei sistemi bancari è più che altro una questione di mancanza di applicazioni e progetti concreti, per capire dove serve utilizzare questa tecnologia e con quale scopo. D’altronde la blockchain è una tecnologia matura come dimostrano le diverse sperimentazioni in Italia e in Europa, che confermano la capacità della blockchain di operare con velocità anche di fronte a ingenti volumi, grazie anche a un modello di co-sviluppo fra più attori. Ma ora bisogna superare l’effetto buzzword e portare quindi la blockchain al di fuori dell’ambito innovation. Per farla approdare nell’area operations delle banche. Con maggiore consapevolezza delle sue potenzialità e con use case concreti. Come quelli raccontati dai partecipanti del quarto incontro del Blockchain Club, tavola rotonda permanente promossa da AziendaBanca e Astrea.

Blockchain club 4 web quattro

Blockchain: i primi passi nel post trading

I primi esperimenti della blockchain hanno, fin da subito, interpellato il mondo del post trading. «Partiamo da una prospettiva internazionale: il mercato australiano – racconta Michael-Charles Drogné, Digital Officer di BNP Paribas Securities Services – presentava un’infrastruttura datata, ferma almeno a 25 anni fa. Si è quindi scelto di seguire l’onda della DLT e di lavorare insieme a Digital Asset Holding (in cui abbiamo una partecipazione), per sviluppare una piattaforma finalizzata a introdurre la DLT nel post trading: certo, all’apparenza, più che una blockchain potrebbe ricordare un database evoluto, ma l’importante è riconoscere il bisogno d’innovare, proponendo una nuova struttura, con l’obiettivo di rendere i processi di regolamento più efficaci. La piattaforma dovrebbe prendere vita tra il 2020 e il 2021, e permetterà a ogni partecipante di accedere ai dati resi disponibili dal depositario centrale australiano in modalità “push” sulla DLT tramite un nodo (punto di connessione alla piattaforma), per poi utilizzarli e sviluppare nuovi servizi rivolti ai nostri clienti. Possiamo presentare, ad esempio, servizi di forecast in real-time, o ancora offrire la possibilità di gestione del loro nodo. Sempre in Asia, e con Digital Asset Holding, partecipiamo anche a un progetto con l’Hong Kong Stock Exchange sul segmento StockConnect, che collega la Cina al mondo offshore: anche in questo caso l’infrastruttura presenta varie inefficienze che, potenzialmente, potranno essere risolte con l’introduzione della DLT».

In Europa invece, come sottolinea Drogné: «l’introduzione di Target2-Securities ha armonizzato le infrastrutture di regolamento dei vari Paesi aderenti. Tuttavia riconosciamo che i processi intorno alla piattaforma di regolamento T2S potrebbero evolversi con la blockchain. La banca sta lavorando a un progetto sulle cartolarizzazioni. Insieme a IBM, Blockchain Reply, Deloitte e ad alcuni studi legali come Jones Day e Gattai Minoli Agostinelli & Partners, con la regia di Centotrenta Servicing, abbiamo creato un gruppo di lavoro che valuta la possibilità di introdurre la tecnologia blockchain nei processi di cartolarizzazione dei crediti. A ottobre abbiamo partecipato a un primo test della piattaforma HyperMast STS, portando “on-chain” i processi di formazione e sottoscrizione dei contratti iniziali (blocco cessione) e dei contratti sottostanti alle attività di emissione delle notes (blocco emissione). Siamo soddisfatti dei risultati del test: vi sono benefici concreti nell’applicazione della tecnologia a blocchi su questo modello, sia in termini di trasparenza che di rapidità nello scambio di dati. Dopo l’emissione, torniamo al mondo off-chain, ed è quindi legittimo porsi la domanda di quanto serva l’uso di questa tecnologia su una sola parte di processo, piuttosto che nella sua totalità. Durante l’ultimo SIBOS, oltre a blockchain e DLT, si è discusso di STO (Security Token Offering), ovvero la “tokenizzazione” di strumenti finanziari su una blockchain pubblica o privata. Nell’attesa di chiarimenti da parte delle autorità europee in merito a questa novità, BNP Paribas Securities Services sta lavorando allo sviluppo di un servizio che riguarda la custodia delle “private keys” dei nostri clienti, che investirebbero in security tokens regolamentati dalle autorità competenti».

Nuovi prodotti grazie alla tecnologia a blocchi

Oggi le sperimentazioni in corso sono numerose e presenti in più ambiti, da quello della comunicazione fino a quello bancassicurativo, con la creazione di nuovi prodotti e processi. «Blockchain è una tecnologia che Mediolanum presidia da molto tempo. Abbiamo avuto una serie di esperienze di progetto che ci hanno convinto ad applicare i principi e le piattaforme in modo molto vario – premette Demetrio Migliorati, Head of Blockchain di Banca Mediolanum –, dalla scelta di portare su Ethereum la dichiarazione non finanziaria, alla attiva partecipazione alla Spunta Interbancaria (di fatto largamente il più grande progetto che coinvolga la comunità finanziaria in Italia). Un altro progetto del 2019 che ci ha dato particolari soddisfazioni è la sandbox assicurativa. In questo ambito abbiamo partecipato insieme ad altri due istituti bancari e tre compagnie assicurative nella creazione di una DLT privata con uno smart contract progettato per la liquidazione automatica dei sinistri. Ogni partecipante, nel dettaglio, ha creato un suo prodotto sulla sandbox consentendo ai propri clienti di attivare la copertura di smart insurance al bisogno: ad esempio al momento della prenotazione di un volo per proteggersi rispetto al ritardo del volo, al meteo sfavorevole e persino al ritardo del bagaglio. Prodotti che, in caso di sinistro, sono poi stati liquidati in pochissimo tempo sfruttando il meccanismo di identificazione del sinistro e autoliquidazione da parte dello smart contract. Un progetto che ha visto l'attento coinvolgimento di IVASS nel dettare le regole della sandbox e nell'acquisizione delle risultanze progettuali, nell'ottica di comprendere le potenzialità delle piattaforme tecnologiche di autoliquidazione. La capacità di fare sistema ha sicuramente svolto un ruolo cruciale: il costo della tecnologia infatti viene diviso fra più attori, come accaduto anche per il progetto della Spunta Interbancaria, e consente di tenere allineati tra più attori i registri, che da sempre sono numerosi nel mondo bancario e assicurativo, con un alto livello di controllo». Insomma, l’era dei Proof of Concept dovrebbe essere prossima alla fine. «La tecnologia funziona e sostiene volumi e velocità – continua Migliorati – ma spesso la scelta verte sul paradigma private permissioned distributed ledger, perché la rete è costituita da attori "trusted" in un contesto "protetto". È quindi giunto il momento di far uscire la blockchain dall’ambito di mera innovation per trovare posto nelle operations».

Blockchain club web due

Fare sistema nella blockchain

La necessità di fare sistema è naturalmente sentita da gran parte del mondo bancario, come sottolinea anche Gianluca Morello, IT Strategy and Digital Innovation del Gruppo Mediobanca. «Al nostro interno il tema blockchain sta suscitando molto interesse anche nelle divisioni Business, ma al momento non abbiamo ancora trovato uno use case per sfruttare appieno questa tecnologia. Abbiamo utilizzato tecnologie blockchain partecipando a due progetti pilota in ambito italiano ed europeo: il progetto di Spunta Interbancaria coordinato da ABI LAB e il progetto pilota EFTG (European Financial Transparency Gateway) che nasce nel contesto della Direttiva della Trasparenza e si pone l’obiettivo di fornire agli investitori un facile accesso alle informazioni finanziarie delle società quotate sui mercati regolamentati dell'Unione Europea. In entrambi i casi la tecnologia si è dimostrata sufficientemente matura per l’implementazione di casi concreti e ci ha permesso di ottenere significativi benefici dalla standardizzazione dei processi e delle informazioni». Nessuno stravolgimento, certo: entrambi i progetti sono stati guidati da ragioni di sistema. «Ma ci sono tanti processi bancari più vicini al Core Business che richiedono ancora tempi inaccettabili di elaborazione e che potrebbero invece trarre beneficio, sia a livello di efficienza sia di sicurezza dall’adozione di questa tecnologia: ad esempio negli ambiti di Know Your Costumer, AML e Cessione del Quinto, tramite registri condivisi, standardizzati e posti su una DLT. Ovviamente, per la natura stessa delle DLT, il prerequisito è che banche e Regolatori si muovano in questa direzione operando organicamente come sistema».

Dove si va senza Regolatore?

La sinergia fra più settori potrebbe comunque non essere sufficiente. Come osserva Massimo Colasanti, Vice Presidente, Head of Digital Channels PBC di Deutsche Bank Italia, «la totale assenza di norme specifiche può essere pericolosa». Perché, nonostante i diversi POC a cui la banca italiana del Gruppo tedesco ha partecipato, tra i quali il progetto Trade Finance con we.trade basato su Hyperledger di IBM, per la creazione di un ciclo integrato che parte dalla produzione di un bene fino al suo riciclo, «le difficoltà non mancano, soprattutto dal punto di vista legale: si sconta l’assenza infatti di una legislazione europea che ci aiuti a capire come la blockchain si sposi con i processi di autenticazione. È quindi necessario l’aiuto del Regolatore». Un esempio pratico: «Il GDPR – chiarisce Colasanti – ha introdotto il diritto all’oblio e questo dovrebbe valere anche per i dati presenti sulla blockchain. Ma dato che questa tecnologia non è regolamentata, abbiamo bisogno che il Regolatore ci indirizzi su come applicare la norma anche in questo contesto. Sarà importante, quindi, portare a bordo di questi progetti entità regolamentari, come l’AgID, così da fare decollare la blockchain».

Blockchain club4 web tre

Il rischio di una mal interpretazione

Il timore è chiaro. Ed è tutto racchiuso in quella parola, immodificabilità, strettamente legata alla blockchain. «Ma è un mito da sfatare – assicura Marco Pagani, Amministratore Delegato di WizKey. I processi umani sono dinamici e di conseguenza è importante avere la possibilità di modificare e, soprattutto, mantenere registrati i cambiamenti. La blockchain permette di farlo. I dati vanno modificati però in chiaro, come per prassi legale: e anche il processo va messo in chiaro, quindi, offrendo a tutti la trasparenza di dove e come ho cambiato un dato. Mentre gli hash offrono una impronta digitale che non espone però il dato al pubblico, ma solo ai diretti interessati. Non è quindi un bias della tecnologia».

Il “nodo” dell’interoperabilità

Rimangono tuttavia alcuni fronti scoperti per il successo della blockchain. Da un lato, come già detto, il Regolatore, la cui mano può offrire un approdo più semplice a questa tecnologia. Dall’altro, c’è la questione della interoperabilità dei nodi, per ampliare la portata dei vantaggi promessi. A confermarlo è Andrea Galeazzi, Direttore Network Services e Capital Markets di SIA, azienda hi-tech che ha deciso di creare una propria infrastruttura blockchain. «All’inizio abbiamo analizzato attentamente cosa era già stato realizzato da un punto di vista tecnologico, ovvero Corda, Ethereum ed Hyperledger, ma scegliere solo uno di questi protocolli ci avrebbe precluso la possibilità di coprire appieno i bisogni dei nostri clienti – afferma Galeazzi. Per questo, abbiamo sviluppato e lanciato SIAchain, un’infrastruttura su tecnologia blockchain che, mettendo in condivisione alcuni servizi, proponiamo al mercato come una soluzione distribuita presso le sedi dei clienti. Si avvale attualmente di circa 570 nodi di rete in Europa ed è in grado di supportare tutti i principali protocolli, compreso Hyperledger Fabric di IBM. Ci apprestiamo ora a compiere ulteriori passi in avanti confrontandoci con i regolatori per creare uno schema di riferimento efficace. Una strada, questa, tuttavia percorribile solo su aspetti già consolidati e su cui non tutto il mondo blockchain è pronto. Nel frattempo, vogliamo affrontare due importanti sfide: da una parte, estendere il servizio di notarizzazione a un pubblico sempre più ampio, disponibile quindi per altri mercati verticali, e replicando quanto già avvenuto con il progetto Spunta Banca dell’ABI. Dall’altro, lavorare sull’interoperabilità degli asset e delle identità di diverse community gestite su varie piattaforme DLT: la sperimentazione su SIAchain è già iniziata e prevediamo che tra circa 6 mesi saremo pronti per l’interoperabilità tra i ledger di protocolli differenti».

Una piattaforma digitale per l'erogazione di servizi end-to-end

Al fianco di SIA, lavora anche IBM per un progetto di KYC basato su blockchain, ma con un cambio di mentalità nell’approccio ai lavori. «Non si deve più avere una visione tecnologica ma da investitori, dove tutti partecipano alla realizzazione di un progetto per la creazione di servizi digitali a valore, con una visione più estesa, end-to-end – sostiene Pietro Lanza, General Manager di Intesa e Blockchain Director di IBM Italia. Ad esempio, nel mondo del food delivery abbiamo contribuito alla progettazione di una piattaforma che ci consente di tracciare tutto ciò che avviene lungo la filiera, fino alla consegna e al pagamento. La piattaforma è aperta e permette di agganciare più servizi di industry diverse, quali il pagamento a fine delivery offerto dalla banca, oppure la protezione sulla merce da parte delle compagnie assicurative e, se necessario, anche il collegamento alle previsioni meteo. Il nostro obiettivo è offrire una digitalizzazione dei servizi sicura e in un'ottica end-to-end: per realizzarlo abbiamo proposto un tavolo di lavoro all'AgID per dialogare insieme su questi temi, così come sulla portabilità e monetizzazione dell’identità digitale».

Blockchain club web uno

A cosa serve se già tutto funziona?

Ma lo scetticismo sulla volontà di porre ovunque la blockchain ha un suo fondamento. Perché se un processo, di per sé, funziona già bene, porta efficienza e anche valore aggiunto, non è detto che usare una tecnologia nuova porti a un ulteriore salto di qualità. «Innovare non è una necessità a cui devono far fronte solo le società FinTech – dichiara Bruno Bianchi, Partner di Sydema. Il primo passo, per noi che ci occupiamo di Crediti Non Performing, riguarda il dato: abbiamo investito tanto sulla data analysis perché le informazioni sono la benzina del mercato NPL. Un altro fronte è poi l’Intelligenza Artificiale, che trova piena applicazione sul recupero crediti e, infine, stiamo portando avanti delle riflessioni sull’utilizzo della blockchain per offrire un servizio innovativo, anziché inserirla a forza in prodotti che funzionano già bene. L’applicazione è collocata all’interno del nostro marketplace NPL, un mercato secondario per i Crediti Non Performing, che lanceremo a gennaio 2020, dove abbiamo necessità di garantire transazioni univoche e immodificabili. La caratteristica che ci contraddistingue rispetto ad altre iniziative analoghe è proprio l’applicazione della tecnologia blockchain ed è il valore aggiunto al nostro marketplace».

Un protocollo open source nelle cartolarizzazioni

In ambito NPL e cartolarizzazioni si muove anche WizKey, che punta a un protocollo open source che consente la tokenizzazione del credito e che contribuisce alla creazione del mercato secondario. «Facendo leva sulla blockchain pubblica, vogliamo eliminare le inefficienze e le frizioni del mercato dei capitali di debito – spiega Pagani. La piattaforma consente di creare degli asset digitali, relativi a crediti e prodotti finanziari, trasformandoli in token sulla blockchain. Una volta quotati, gli asset sono trasferiti alle controparti e agli investitori di tutto il mondo. Il trasferimento è trasparente: i processi di back office sono automatizzati e i rischi relativi al trasferimento dell’asset sono eliminati, tra cui la incertezza sulla titolarità del credito. La blockchain consente inoltre di ridurre l’asimmetria informativa grazie a un sistema di “delivery vs payment” per il processo di trasferimento dell’asset, un OCR per la lettura dei documenti presenti in data room e l’aggiornamento in tempo reale dei flussi di pagamento. E il prossimo progetto sarà sul factoring».

Blockchain: il Finance ha fatto da apripista

Il Finance è sicuramente l’industria che ha mosso per prima i passi in questo mondo della tecnologia a blocchi. «Nei primi anni delle diffusione della tecnologia, la quasi totalità delle sperimentazioni e degli annunci di nuovi progetti provenivano da questo settore – osserva Andrea Gaschi, Senior Advisor Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – mentre oggi la percentuale è scesa al di sotto del 50%, perché la consapevolezza delle opportunità che abilita si sta diffondendo anche in altre industry. Ma bisogna capire come e dove applicarla: in ogni settore esiste un gran numero di potenziali use case, ma la vera sfida è individuare quelli in cui le caratteristiche offerte dalla blockchain (immutabilità delle informazioni, trasparenza e tracciabilità, programmabilità, etc.) rappresentano un concreto differenziale competitivo rispetto ad altre soluzioni tecnologiche. E sono veramente pochi rispetto al numero di possibili progettualità».

Blockchain Club4 web cinque

La blockchain nell’Agrifood

Guardiamo quindi alle sperimentazioni in atto nel mondo imprenditoriale, come ad esempio nell’Agrifood. «Sul filone dell’Industry 4.0 è nato un gruppo di lavoro sulla blockchain – presenta Jacopo Moschini, Coordinatore Steering Comittee Blockchain di Assolombarda – e stiamo sperimentando l’utilizzo di questa tecnologia nell’Agrifood prendendo spunto anche da esperienze estere: come quella di Walmart, che usa Hyperledger per efficientare la supply chain e tracciare la realizzazione del prodotto finale. Facendo eco a una parola chiave di questo periodo: sostenibilità, un tema capace di alzare i fatturati del 15%, secondo gli studi di Assolombarda. Le potenzialità nel mondo della manifattura sono quindi ampie e stiamo ancora guardando all’introduzione della tecnologia a blocchi nel mondo delle macchine connesse. Vogliamo iniziare a fare degli studi di fattibilità, così da avviare POC su business model chiari, capaci di portare valore aggiunto».