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L’open banking verso investimenti e credito

L’open banking verso investimenti e credito

Giampiero Manca, Senior Manager e responsabile per l’Italia della practice “Payments” di zeb consulting

L’open banking sta per entrare in una nuova stagione.

Accolto con un grande entusiasmo al debutto della PSD2, questo paradigma è finora cresciuto lentamente, al di sotto delle aspettative, anche a causa di oggettive mancanze normative.

Nel frattempo, però, i player presenti sul mercato sono più maturi e consapevoli delle opportunità ancora da cogliere.

«Ci sono altre due ottime ragioni per attendersi un’accelerazione dell’open banking nel prossimo futuro – conferma Giampiero Manca, Senior Manager e responsabile per l’Italia della practice “Payments” di zeb consulting – cioè l’evoluzione normativa, con l’arrivo di PSD3, PSR e FiDA, e lo sviluppo di use case evoluti, con l’espansione in nuove aree di business in cui c’è una effettiva domanda da parte di privati e imprese e convincenti prospettive di sostenibilità delle possibili iniziative».

Un salto di qualità

La normativa, in primis, sistemerà alcuni aspetti della PSD2, ad esempio rimuovendo quegli ostacoli tecnici che finora hanno limitato la condivisione dei dati e danneggiato l’esperienza d’uso.

Soprattutto, allargherà il perimetro delle informazioni che il cliente potrà condividere con terze parti, obbligando la banca a renderle disponibili anche ad altri attori. E questo abiliterà use case ben più interessanti di quelli visti finora.

«Il paradigma “open” entrerà in business line che per loro natura si prestano molto facilmente alla condivisione delle informazioni – osserva Manca.

Alcune normative, come PSD3 e PSR, riguardano soprattutto aspetti tecnici, come standard e interfacce, certamente importanti, ma che non creano nuove opportunità di business.

Ben diverso è, invece, il caso della FiDA, che garantisce al cliente il diritto di portabilità dei dati relativi alla propria posizione finanziaria complessiva, oggi limitata ai dati relativi a conti correnti e pagamenti».

Che cosa cambia

Si tratta di un cambiamento importante dal punto di vista della concorrenza.

Finora, la mancanza di standard tecnici ha avvantaggiato le banche, che hanno potuto giocare “in difesa”.

In futuro, invece, l’open banking non riguarderà più solo i pagamenti, ma si allargherà alla gestione degli investimenti.

Se la prima area di business offre bassi margini e richiede di generare alti volumi, quando si parla di risparmio le logiche cambiano completamente e si basano sulla capacità di generare valore. E le banche dovranno passare a un approccio proattivo.

«Vediamo un allargamento dello scenario open ad altre business line interessate dalla FiDA, compresa la gestione degli investimenti, la previdenza, persino i cripto asset – prosegue Manca. Tutti ambiti in cui il cliente vuole avere una visione globale della propria posizione e, allo stesso tempo, differenziare con più prodotti, gestori e interlocutori.

Una soluzione di aggregazione, supportata dalla tecnologia, se capace di offrire un’esperienza fluida e consulenza evoluta con algoritmi e AI, potrebbe portare una marginalità interessante a un nuovo player oppure a una banca».

Come generare valore?

A fare la differenza sarà, come abbiamo imparato bene dalla prima fase dell’open banking, la capacità di generare valore aggiunto per il cliente finale, privato o impresa che sia.

«Serve l’effetto network, ottenibile tramite un ecosistema di partner – elenca Manca – e, soprattutto, lo sviluppo di business case profittevoli e significativi per la clientela.

Potrebbe sembrare una replica di quanto visto con la PSD2: concetti come la necessità di adottare un approccio proattivo per essere orchestratore, e non orchestrato. Ma non dimentichiamoci che se il messaggio è simile, la normativa e il mercato di riferimento sono molto diversi.

Questa volta, il potenziale di affermazione di nuovi servizi è solido».

I privati vogliono ottimizzare

Ma dove bisogna guardare, per generare valore?

Secondo una survey di zeb consulting, ci sono ambiti specifici sia per la clientela individuale, sia per le PMI.

«Iniziamo dai privati – conferma Manca –, dove sono emersi due filoni di interesse per la clientela.

Il primo include servizi di tipo finanziario e riguarda il miglioramento del benessere complessivo dei clienti sia attraverso servizi di gestione delle spese che attraverso strumenti di gestione evoluta della ricchezza. Soluzioni evolute di Personal Financial Management rimangono un forte desiderata della clientela che ricerca funzionalità di analisi delle spese, specie quelle ricorrenti come le utenze, per individuare alternative più convenienti e cambiare fornitore direttamente dall’home banking.

Per quanto riguarda investimenti e coperture assicurative troviamo di nuovo quella voglia di maggiore controllo, di visione olistica, e di ricevere proposte di eventuali alternative come dimostrano esperienze di successo come quella, ad esempio, di Raisin che in Italia collabora con diversi Istituti Finanziari offrendo loro la partecipazione al suo market place internazionale di prodotti di risparmio e investimento».

La P.A. dialoga con la banca

Altro “filone” di interesse per la clientela individuale è l’accesso ai servizi della pubblica amministrazione.

«Il cliente vuole comodità – continua Manca – e nella banca, che percepisce come uno spazio sicuro anche nell’online, vorrebbe trovare anche una serie di funzionalità legate alla PA. Alcune esperienze estere hanno visto istituti finanziari porsi come punto di riferimento per assegni sociali, i sussidi o il pagamento delle tasse.

Nel 2020 l’equivalente britannico dell’Agenzia delle Entrate ha avviato un progetto con la fintech Ecospend proprio per pagare via app una serie di imposte, addebitandole direttamente sul conto corrente mediante payment initiation.

Questo “dialogo tecnologico” tra PA e banca alleggerisce il carico amministrativo di tutti gli attori e semplifica la vita al cliente, con un processo molto fluido».

Focus su credito e servizi integrati per le PMI

Se guardiamo alle PMI, la priorità è il credito commerciale, in molte declinazioni: BNPL B2B, POS financing, assicurazioni evolute sul credito e così via.

Le banche stanno lavorando con soggetti esterni per servire segmenti di clientela finora poco esplorati, oppure offrire nuove forme tecniche, con strategie capital light.

«Per quanto riguarda, invece, i servizi non finanziari – conclude Manca – le piccole e medie imprese vorrebbero ricevere attraverso la propria banca dei servizi di natura amministrativa, fiscale e legale.

Le aziende più piccole stentano ad accedere a questo genere di servizi a un buon prezzo e con una buona qualità.

Mentre il mondo fintech sta lavorando proprio alla costruzione, intorno a un conto business, di un ecosistema di servizi offerto da altre fintech partner, che coprono tutte le esigenze quotidiane dell’imprenditore a prezzi preferenziali e scambiandosi informazioni con il conto, che diventa il punto di accesso a un mondo di servizi ancillari basati anche sui dati».

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di settembre 2024 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop