Sicurezza dei dati ed engagement sono i fattori chiave per le banche e le compagnie assicurative che vogliono avere successo sui social media.
Ne abbiamo parlato in un episodio del nostro podcast #define banking con Gianni Adamoli, CEO di Execus, di cui questo articolo è un adattamento testuale.
Al centro il concetto di social selling, cioè la capacità di un’azienda di creare un rapporto duraturo e stabile con i clienti e i prospect proprio sulle piattaforme social.
AG. Iniziamo dal rapporto tra le banche e i social media: le banche hanno imparato come usare questi strumenti?
GA. L’era digitale ha trasformato la relazione tra banca e cliente. Io, nel lontano 1995, ho fatto parte dell’avvio della prima banca telefonica in Italia. In quegli anni, lo sportello era ancora il centro della relazione con il cliente.
Solo nell’ultimo biennio, nel nostro Paese, sono invece stati chiusi più di 1.500 filiali. E questo conferma che le operazioni si stanno spostando sui canali digitali.
Alcune banche li sanno già usare molto bene, ma spesso il potenziale dei social network è una sfida ancora da cogliere per migliorare l’interazione con il cliente.
AG. Parliamo invece del cliente. Sui social, LinkedIn a parte, si cercano spesso contenuti di intrattenimento e svago. Come ci finisce, l’utente, sui contenuti di una istituzione finanziaria?
GA. Il cittadino medio trascorre 6 ore al giorno online, nel 92% dei casi via smartphone. Il cliente della banca è quindi sempre presente su internet e usa l’online per fare moltissime cose, comprese le operazioni bancarie tradizionali.
Sui social, in particolare, si cercano informazioni e, soprattutto conferme. Il concetto di cercare conferma è importante: se la mia banca mi ha detto qualcosa, lo verifico online.
È un meccanismo analogo alla recensione dei ristoranti: prima di prenotare una cena andiamo tutti a verificare online come si sono trovati gli altri, per avere un’ulteriore riscontro alla nostra opinione.
AG. Noi li chiamiamo ancora social network, dando l’idea di una rete in cui gli utenti sono contemporaneamente produttori e fruitori di contenuti. Ma sappiamo che Facebook, Instagram eccetera stanno diventando simili ai media tradizionali, in cui pochi creatori di contenuti vengono seguiti da molti utenti fruitori. Che cosa significa, questo, per le attività social delle aziende finanziarie?
GA. Questa evoluzione è guidata dagli algoritmi che personalizzano i contenuti: noi, come utenti, veniamo studiati e analizzati per proporci contenuti che dovrebbero essere per noi particolarmente interessanti.
Che cosa significa questo per le banche e le assicurazioni? Occorre in primis ascoltare, capire quali sono gli argomenti finanziari che interessano i nostri clienti e poi attuare un’attività di comunicazione mirata sui trend topic e le parole chiave di interesse.
Se non facciamo questo passo in avanti c’è il rischio di perdere fette di pubblico sui social, oppure di parlare solo a segmenti molto verticali, perdendo l’opportunità di attirare anche nuovi clienti.
AG. Il centro della nostra chiacchierata di oggi è il social selling: che cosa è? E le banche lo stanno facendo?
GA. Il social selling è una tecnica che ha l'obiettivo di creare delle relazioni professionali di valore nel tempo, basate non sulla vendita di servizio ma sulla diffusione di contenuti di valore.
Ti faccio un esempio bancario: ci sono molti promotori finanziari che lo stanno facendo molto bene, sui social.
Ma le strategie variano enormemente da banca e banca. Alcune hanno già investito in formazione dei dipendenti e dei collaboratori, altre sono ancora ai primi passi.
Oggi abbiamo una presenza con un approccio corretto su LinkedIn, Facebook, X e così via: non c’è pubblicità ma c’è comunicazione, spesso con obiettivi di educazione finanziaria.
AG. Questo per quanto riguarda i player tradizionali. Come stanno agendo, invece, le fintech e gli attori crypto?
GA. Il mondo crypto si muove al 95% sui social per la propria comunicazione. Un’altra differenza significativa riguarda la presenza di limitazioni sui contenuti. Le istituzioni finanziarie regolate hanno chiari vincoli normativi su cosa possono dire e come.
In un certo senso, i player regolati devono cercare un equilibrio tra le modalità di comunicazione e le norme.
AG. Ci sono aspetti o strumenti che banche e fintech non hanno ancora sfruttato a dovere?
GA. Riprendo un concetto a cui tengo molto: bisogna investire sul personale che è a contatto con il pubblico. Sono queste persone che possono ottenere i migliori risultati.
È un cambiamento culturale importante: non parlare più di prodotti ma di argomenti finanziari che interessano il cliente.
Le banche utilizzano chiaramente i social anche per la promozione e il supporto al business, ma bisogna spingere ancora di più sull’educazione finanziaria.
Pensiamo al tema criptovalute e al rischio che passi un messaggio fuorviante: cioè che è semplicissimo ottenere rendimenti elevatissimi. È fondamentale spiegare alle nuove generazioni che cosa è la gestione del rischio e alcuni player stanno iniziando a farlo.
AG. Uno dei temi forti degli ultimi anni è quello dei dati. E si è spesso guardato ai social media come una fonte di nuovi dati. Abbiamo spesso affermato, come AziendaBanca, che banche e assicurazioni dovrebbero in primis usare al meglio i dati di cui dispongono già. Ma anche dai social potrebbero arrivare informazioni utili?
GA. L’estratto conto è una miniera di dati e informazioni, soprattutto se riusciamo a farlo analizzare da soluzioni di intelligenza artificiale.
Credo che la sfida principale per la banca stia nel comunicare al cliente la sicurezza dei suoi dati. Questo è fondamentale. Il cliente condivide i propri dati se è certo della privacy.
Anche qui torniamo alla formazione interna di tutte le funzioni coinvolte nelle attività di comunicazione.
E poi servono strumenti di analisi per comprendere l’efficacia dei canali di interazione, dei diversi messaggi inviati e della capacità di coinvolgere il cliente.
Sicurezza ed engagement sono, secondo me, i temi fondamentali su cui lavorare per sfruttare i social al 100%.