Sette centri di competenza di eccellenza, specializzati e autonomi, per esplorare e favorire la creazione di innovazione. È il nuovo modello organizzativo introdotto di recente dal Gruppo Sella.
Questi sette team, noti come Competence Centre, si concentrano su ambiti e tecnologie identificati come strategici dal Gruppo e sono integrati e coordinati da Comitati guida, come quello di Innovazione.
Questo modello rappresenta un’alternativa al tradizionale approccio centralizzato e “tuttofare”, come spiega in questa intervista ad AziendaBanca il Chief Innovation Officer di Sella, Andrea Tessera, con cui abbiamo anche discusso dei recenti sviluppi in materia di innovazione e dei trend tecnologici in banca.
AG. Iniziamo dagli aspetti organizzativi. Di che cosa si occupano i Competence Centre e come vengono coordinati?
AT. I progetti trasformativi e innovativi del Gruppo Sella sono stati affidati da alcuni mesi a sette Competence Centre, ciascuno costituito da unità organizzative interne composte da persone specializzate in specifici ambiti.
Questi centri si occupano di Impatto, DLT e Digital Asset, Cybersecurity, Open Innovation, Intelligenza Artificiale, Corporate Venture Capital e Sostenibilità.
Ogni centro collabora anche con diverse realtà del Gruppo come Centrico, ad esempio, per quanto riguarda la Cybersecurity.
Inoltre, il Corporate Venture Capital opera, per sua natura, con una prospettiva orientata al Gruppo.
Per monitorare le attività, ogni mese si riunisce un Comitato Innovazione.
Questo modello ha dimostrato di funzionare efficacemente, perché combina la specializzazione di ciascun team con un coordinamento centrale.
AG. Molti manager bancari che rivestono ruoli relativi al digitale provengono da altri settori e descrivono il loro arrivo nel Finance come qualcosa di quasi casuale. Tu come sei entrato nel Gruppo Sella?
AT. Sono passati esattamente tre anni da quando sono entrato a far parte del Gruppo, dopo aver fatto esperienze in geografie e settori diversi.
Ho conosciuto Sella la prima volta mentre lavoravo a Berlino, nel cuore di uno dei più grandi ecosistemi fintech europei, finleap.
Nel 2021 ho poi fatto il mio ingresso in Sella, che stava cercando un manager esterno al settore bancario. Il settore finanziario è notoriamente difficile da innovare, essendo altamente regolamentato.
Tuttavia, offre anche grandi opportunità. Ho lavorato in settori come quello dell’e-commerce, delle telecomunicazioni, del consumer electronics e dei media, tutti profondamente trasformati dal passaggio da un modello basato sul possesso a uno basato sulla fruizione, con lo streaming o il noleggio.
Partecipare alla trasformazione del settore finanziario è una sfida affascinante e molto stimolante.
AG. Per anni le banche digitali e le neobanche hanno portato il “mito” della contaminazione tra banche e altri settori, ritenuti più avanti in ambito digitale. Dalle Telco, per esempio, sono arrivati molti manager.
La contaminazione è ancora qualcosa che porta valore in banca? E con quali settori o ambiti è vantaggioso “contaminarsi”?
AT. Non c’è dubbio che la contaminazione sia ancora un valore: ad esempio, nel team di Innovazione di Sella, la percentuale di persone provenienti dal settore bancario è intorno al 5%.
Ritengo sia particolarmente utile una contaminazione proveniente da settori ad alto impatto tecnologico. Le Telco, ad esempio, possono fornire project manager eccezionali.
Le banche sono organizzazioni complesse, che richiedono una gestione attenta di molteplici aspetti in un progetto e qui le capacità acquisite dai project manager nel settore delle telecomunicazioni si dimostrano estremamente utili.
Un altro settore da cui derivano competenze preziose è il retail digitale, che si è trovato ad affrontare direttamente l’evoluzione delle preferenze dei consumatori.
Più in generale, penso che per l’innovazione siano necessarie due cose: tecnici competenti e business manager solidi. I primi devono essere esperti di tecnologie, mentre i secondi devono trasformarle in progetti concreti, legati a casi d’uso aziendali e in grado di avere un impatto tangibile.
AG. Credi sia mancata concretezza nei molti hype tecnologici di questi ultimi anni?
AT. C’è una notevole differenza tra le visioni futuristiche di ciò che una tecnologia potrebbe fare e la realizzazione di un progetto concreto. È importante tenere presente che esistono almeno tre diversi tipi di innovazione.
Innanzitutto, quella incrementale, che è legata alla naturale evoluzione di prodotti e servizi. Qualcuno la chiama digital transformation, ma personalmente trovo questa espressione un po’ desueta: in realtà, si tratta di un tipo di innovazione incrementale che continua a mantenere il cliente al centro, adattando l’offerta di prodotti e servizi alle sue esigenze in continua evoluzione.
AG. E gli altri due tipi di innovazione?
AT. Riguardano la trasformazione del modo di fare banca e richiedono un team di lavoro con competenze diverse.
L’innovazione radicale si basa su nuovi business case e nuovi mercati che vengono aperti grazie alla tecnologia, insieme alla trasformazione concreta dei processi e dei servizi attuali e futuri della banca.
Inoltre, c’è anche un tipo di innovazione prototipale, più esplorativa. Nel team di Innovazione di Sella, ad esempio, circa l’80% delle attività che svolgiamo avrà un impatto nel breve e medio periodo, mentre il restante 20% è dedicato a progetti su cui stiamo lavorando e che porteranno a risultati concreti più avanti nel tempo.
AG. Mi fai un esempio?
AT. Siamo attualmente concentrati sullo sviluppo di una soluzione per la custodia passiva di asset digitali, che sarà probabilmente pronta già a metà di quest’anno. Il percorso verso l’Euro digitale richiede, invece, un orizzonte temporale più lungo, di almeno alcuni anni.
Per questo, stiamo collaborando attivamente con tavoli istituzionali, come quello dell’ABI, e conducendo sperimentazioni sistemiche con altre banche.
AG. Si dice sempre che il principale driver di investimento per le banche è la normativa. Che cosa guida di più l’innovazione, la compliance o il cliente?
AT. L’innovazione incrementale si muove all’interno della normativa, poiché è essenziale essere conformi alle regole. Tuttavia, è altrettanto importante rispondere alle aspettative dei clienti.
Da molte esperienze all’estero, ho notato che il cliente italiano è talvolta sottovalutato. Sebbene ci sia un certo digital divide in termini di infrastrutture, l’utente italiano ha ormai abitudini simili a quello europeo.
Per esempio, si sta abituando sempre di più a trovare servizi embedded quando utilizza piattaforme digitali o app.
Pertanto, è essenziale lavorare su diversi tipi di progetti, affrontando questioni a breve termine ma anche aspetti più ampi nel medio-lungo termine, come l’open banking.
AG. Sull’open banking c’erano aspettative molto elevate, qualche anno fa. Non sembrano avere trovato riscontro nella realtà.
AT. Personalmente, ritengo che finora il mercato non sia completamente decollato come ci si sperava cinque o sei anni fa, sebbene osservi comunque un trend di crescita che presumo continuerà.
Sta emergendo un interessante filone di sviluppo negli embedded payments e nell’embedded finance, così come nel banking as a service: i servizi finanziari si stanno integrando sempre più nelle esperienze e negli oggetti quotidiani, e questa tendenza è destinata a continuare.
Il ritardo del mercato sta selezionando, però, i player più solidi e capaci di resistere. Sella ha investito in questo settore come Gruppo, con prospettive e strategie diverse rispetto a quelle di una startup.
Fabrick sta proseguendo il suo percorso con una strategia ormai europea, che include anche acquisizioni, e tutto ciò ha perfettamente senso in un mercato in cui le economie di scala e i volumi giocano un ruolo cruciale.
AG. Un altro tema forte degli ultimi anni è il concetto di “ecosistema”, di spazio di collaborazione tra banche e altri attori. Pensi che l’idea di ecosistema si sia allontanata troppo poco, finora, dal perimetro di banking e assicurazioni?
AT. Sì, sono d’accordo. Inizialmente, l’ecosistema che abbiamo sviluppato era focalizzato principalmente sul settore Fintech, ma abbiamo gradualmente allargato la nostra prospettiva.
Ad esempio, verso il tema dell’Impact, al quale abbiamo dedicato un Competence Centre. Per promuovere l’innovazione devi entrare in contatto con ecosistemi allargati, che includono aziende, individui e startup, e stabilire partnership con loro. Se necessario, sostenendoli anche con investimenti in equity.
Prendiamo, ad esempio, l’intelligenza artificiale: oggi lavorare su questo tema richiede un team con competenze estremamente diverse e un leader capace di coordinare tutti.
Tuttavia, questo leader, in realtà, si trova a dirigere due orchestre contemporaneamente: una interna all’azienda, come in Sella il team di Innovazione, e una all’esterno, cioè l’ecosistema delle startup e delle aziende con cui collaboriamo.
AG. Hai citato il Competence Centre dedicato all’Impact. Il concetto di impatto è sempre relativo a un contesto. In una economia emergente, ad esempio, ha un determinato significato. Come lo interpretate in Italia?
AT. Per noi, l’idea di impatto va oltre l’ESG e la sostenibilità. Se un’azienda compensa la propria impronta carbonica piantando alberi o attraverso altre iniziative green, sta agendo in termini di sostenibilità, non di impatto.
Per noi l’impatto implica un’azione addizionale, intenzionale e misurabile, che genera un cambiamento tangibile e positivo sull’ambiente e sulla società.
Il Gruppo Sella ha avviato un Piano di Sostenibilità innovativo che coinvolge attivamente la banca: lavoreremo a fianco delle PMI, sostenendole nelle loro iniziative.
Sono le imprese che devono avviare azioni di impatto positivo sull’ambiente e sulla società e il ruolo della banca è quello di facilitare questo processo, permettendo loro di focalizzarsi sui temi che conoscono meglio.
AG. Scorrendo i temi dei Competence Centre c’è un’altra tecnologia che ha vissuto un periodo di grande attenzione qualche anno fa, cioè la blockchain. Che prospettive vedi per DLT e asset digitali?
AT. Il tema blockchain è principalmente di natura tecnologica ed è stato un hype per almeno un paio di anni.
Oggi, le DLT e i digital asset hanno raggiunto una maggiore maturità, e credo sia stato un vantaggio per il Gruppo seguire questi sviluppi nel corso del tempo, investendo in competenze anziché solo nella tecnologia stessa.
A differenza di altri attori che operano nel settore dei digital asset, noi siamo una banca e lavoriamo in stretta collaborazione con le autorità di regolamentazione. Come anticipato, siamo a un ottimo punto con il progetto per la custodia passiva e saremo presto pronti con l’infrastruttura necessaria.
AG. C’è un centro di competenza che lavora sull’innovazione soprattutto guardando all’esterno, cioè quello sul Corporate Venture Capital. Come lavora?
AT. Nell’ambito del Venture Capital, la prospettiva è sempre orientata verso la sinergia industriale. Quando c’è qualcosa che ci manca o che vorremmo avere, a volte è preferibile acquistarlo sul mercato o collaborare in ottica di open innovation.
Tuttavia, l’innovazione può anche venire dall’interno. Abbiamo un programma di people engagement, chiamato Makers, che raccoglie spunti e idee dalle oltre 6mila persone che lavorano in Sella. Questo ci permette di ascoltare anche coloro che quotidianamente sono a stretto contatto con il cliente finale.
AG. Dulcis in fundo: l’intelligenza artificiale. È sicuramente la tecnologia del momento, anche per il boom di popolarità di strumenti di AI generativa. Ma, complessivamente, l’intelligenza artificiale non è una novità in banca. Come ci state lavorando?
AT. Il successo della GenAI lo scorso anno ha dissipato ogni dubbio sull’impatto pervasivo dell’intelligenza artificiale.
Non ci chiediamo più se adottarla, ma come farlo. Le aziende hanno compreso che ignorare questa tecnologia le espone al rischio di restare indietro rispetto ai competitor e di scomparire.
Tuttavia, la GenAI accessibile a tutti online è solo la punta dell’iceberg. Internamente stiamo addestrando un modello GPT, fornendogli una vasta quantità di dati e riducendo gradualmente gli errori. Una dozzina di data scientist sta lavorando su questo fronte e iniziamo a ottenere risposte molto promettenti.
Questo modello sarà di grande supporto al lavoro dei colleghi umani. È comprensibile il timore verso questa tecnologia, ma ritengo che diventerà di grande supporto per il lavoro delle persone, alleggerendolo da compiti meno importanti.
Per quanto riguarda l’AI in generale, in Sella abbiamo circa sessanta modelli già in produzione, spaziando in molteplici ambiti. Ci sono, ad esempio, sistemi antifrode altamente avanzati, basati su ampi dataset e modelli predittivi, applicazioni mirate all’aumento dei ricavi e alla riduzione del churn dei clienti, nonché modelli per ingegnerizzare i processi e renderli più efficienti e veloci.
Utilizziamo il machine learning e l’AI “classica”, ma stiamo anche esplorando quella generativa. Prevediamo di testare, probabilmente già nel 2024, un nostro sistema in fase di addestramento per la gestione dei ticket, sebbene all’inizio sarà un utilizzo interno della GenAI.
Alcune aziende hanno commesso l’errore di utilizzare immediatamente questa tecnologia per interagire con il cliente finale e il grande pubblico, ottenendo risultati insoddisfacenti poiché questa tecnologia non è ancora completamente matura. Saremo molto cauti per evitare di ripetere lo stesso errore.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di maggio 2024 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop.