Risk management

Bankitalia su rischi climatici e ambientali: “Istituti minori ancora indietro. Evidente la mancanza di dati”

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Le banche medio-piccole vigilate direttamente dalla Banca d'Italia sono ancora indietro sull'analisi e la gestione dei rischi climatici e ambientali anche se si rendono conto dell'importanza del tema.

Questo il j’accuse in un recente rapporto dell’istituto centrale.

Bankitalia: “C’è consapevolezza, ma piani da definire”

La gestione dei rischi climatici e ambientali è ormai entrata a gamba tesa nello spettro di competenze di molti consigli di amministrazione degli istituti di credito.

Molte banche hanno infatti aggiornato i propri regolamenti e ricercato soluzioni organizzative idonee a presidiare questa delicata tematica, ma resta comunque ancora un diffuso gap di conoscenza all’interno dei consigli, particolarmente accentuato in alcune banche che si sono mostrate meno preparate sui diversi profili esaminati.

I principali punti di criticità: la mancanza di dati

Secondo Bankitalia, la maggiore criticità, come atteso, riguarda la disponibilità di dati e di sistemi informativi in grado di gestirli in modo appropriato.

Di conseguenza: sono ancora rari e non organici gli approcci quantitativi nella misurazione dei rischi climatici; i processi di gestione dei rischi risultano poco strutturati; sono poco diffusi obiettivi espressi in termini d'indicatori quantitativi di rischio (KRI) e di performance (KPI).

In particolare, il rapporto ha rilevato ritardi nello sviluppo di processi strutturati per svolgere un’analisi di materialità dei rischi climatici.

La maggior parte delle banche del campione ha avviato valutazioni solo di natura qualitativa dell’impatto potenziale dei fattori ambientali sui rischi più significativi per il proprio modello di business, mentre una quota residua di banche non ha svolto alcun assessment.

Gli aspetti di attenzione nella valutazione di materialità determinano ritardi nell’inclusione dei rischi climatici nel framework di risk management.

Sebbene le LSI del campione abbiano iniziato a considerare i fattori climatici tra i possibili driver alla base della manifestazione dei rischi legati alle attività tradizionali, soltanto un limitato numero di banche ha finora sviluppato un approccio quantitativo, funzionale alla definizione di KRI e di un adeguato reporting al CdA.

Inoltre, un numero molto limitato d'intermediari ha incluso i fattori climatici e ambientali nel framework di stress testing dell’ICAAP, nel RAF o nel Recovery plan.

La questione del rischio di credito

Con specifico riguardo al rischio di credito, alcune banche hanno iniziato, o solo pianificato, d'integrare l’esposizione ai rischi climatici delle controparti nei processi di concessione e monitoraggio.

In tale contesto, la maggioranza delle LSI del campione ha comunicato di aver avviato o programmato alcune iniziative, ma quasi nessun intermediario ha ancora compendiato tali interventi in un piano strutturato approvato dal CdA.

La Banca d’Italia si attende quindi che gli organi di amministrazione delle banche approvino un appropriato piano d'iniziative, volto a definire, per il prossimo triennio, un percorso di allineamento progressivo alle aspettative, declinando in modo coerente i tempi di adeguamento delle principali policy aziendali e dei sistemi organizzativi e gestionali.

Tali piani di azione costituiranno il riferimento per il dialogo di supervisione con le LSI.