#DEFINE BANKING NEXT

Open Banking, credito ed experience: i dati di CRIF

Open Banking dati CRIF

L’open banking è uno dei modelli emergenti nel settore finanziario, non solo europeo, che ha generato altissime aspettative nell’ultimo anno. Ma a che punto siamo nello sviluppo di servizi e use case?

Ne abbiamo parlato con Gaia Cioci, Senior Director di CRIF, in un episodio di #define banking next, la serie di podcast sulla banca del futuro che AziendaBanca organizza insieme a CRIF.

AG. L'open banking è stato oggetto, negli ultimi anni di moltissime analisi, articoli, convegni perché ha effettivamente il potenziale di trasformare il modo in cui le persone e le imprese gestiscono le loro finanze. Sono usciti da poco i risultati dell'analisi periodica che CRIF fa proprio su questo tema. Qual è lo scenario dell'open banking in Europa e nel mondo?

banner episodi podcast

GC. Possiamo dire che l'Europa è la culla dell'open banking, che è stato introdotto nel 2018 con l'attuazione della direttiva europea PSD2, obbligando così le banche a rendere disponibili i dati finanziari dei propri clienti ai terzi autorizzati.

I trend del mercato confermano il primato dell'Europa con il 49% del totale utenti attivi e il 70% delle chiamate ad API di open banking.

L'utilizzo dei servizi di open banking da parte dei consumatori continua a crescere di pari passo con l'evolversi delle offerte di prodotti, dimostrando una maggiore utilità per un numero maggiore di utenti.

In Europa, secondo le stime di Forrester, il numero degli utenti attivi è destinato a più che raddoppiare entro il 2020 sette in tutti i paesi con sviluppo di numerosi casi d'uso.

A livello mondiale, invece, il valore delle transazioni di pagamento tramite open banking ha raggiunto i 57 miliardi di dollari nel 2023 e si prevede che aumenterà esponenzialmente nei prossimi anni.

AG. Europa in prima fila, quindi, secondo quanto emerge dai dati. Ma guardiamo un po’ al nostro Paese: come sta l'open banking italiano?

GC. Se guardiamo all'Italia, la diffusione dell'open banking si può definire ancora in uno stadio iniziale rispetto ad altri paesi più evoluti come la Svezia, il Regno Unito, la Spagna e la Francia.

Tuttavia possiamo dire che il mercato è in rapida crescita. Al terzo trimestre 2022, nel mercato italiano dell'open banking c'erano 377 Account Servicing Payment Service Provider e 85 operatori attivi in qualità di terze parti, di cui 39 italiani.

Si tratta in larga parte di intermediari che hanno integrato funzionalità di open banking per erogare principalmente servizi di personal finance management.

Sempre secondo Banca d'Italia, sebbene le analisi mostrino valori ancora contenuti rispetto al potenziale, gli importi transati nel primo semestre 2022 sono cresciuti del 161% rispetto al semestre precedente.

Dal punto di vista tecnico, poi, le chiamate API per i servizi PIS e AIS sono cresciute rispettivamente del 9% e dell'82%.

CRIF ha realizzato uno studio esclusivo, disponibile solo su richiesta sul nostro sito, che conferma i trend positivi nella diffusione dei servizi di open banking. In particolare, nel primo semestre 2023, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, è aumentato il numero di utenti che connettono almeno un conto con successo. Si tratta di un aumento del 30%.

AG. Chi è l’utente medio dei servizi di open banking in Italia?

GC. La nostra analisi, partendo da un campione rappresentativo di circa 100.000 controparti, ai quali corrispondono all'interno di 150.000 conti correnti con collegate 30 milioni oltre di transato, ha delineato le caratteristiche degli utenti di open banking nel nostro paese.

Per capire quali sono i bisogni, le attitudini creditizie, le abitudini di pagamento, con un aggiornamento al primo semestre 2023, quindi un profilo molto attuale.

Le principali evidenze che emergono sono l'aumento del 25% dell’incidenza degli utenti donna e lo spostamento della distribuzione anagrafica degli utenti verso generazioni più mature con redditi più elevati e una storia creditizia consistente.

Il 6% degli utenti si sposta infatti dalla generazione Z a generazioni più mature e quasi il 10% verso quelli che noi chiamiamo Active to Credit, ovvero utenti che hanno una storia creditizia all'interno del SIC di CRIF.

Ci sono poi le generazioni più giovani, definite New to Credit, quelle che per la prima volta si affacciano al mondo del credito e che certamente trainano la diffusione dell'open banking: nel loro caso, il tasso di consenso all’accesso ai conti è maggiore del 20% rispetto agli Active su Credit ed è anche maggiore il tasso di successo.

Da un punto di vista della capacità di spesa, l'indagine diviene più interessante confrontando i clienti titolari di mutuo ipotecario a tasso fisso rispetto a chi invece è titolare di mutuo a tasso variabile.

Questo, ad esempio, è un esempio di profilo. Ciò che emerge dall'analisi è che i titolari di mutuo a tasso variabile hanno disponibilità di spesa mediamente più bassa rispetto ai titolari di mutuo di tasso fisso.

AG. Questo cambiamento del profilo demografico ha anche degli impatti sulla rischiosità degli utenti che usano l’open banking?

GC. Per quanto riguarda il profilo di rischio dei consumatori digitali che usano l’open banking, il primo semestre 2023 è abbastanza allineato alla rilevazione precedente.

Abbiamo individuato tre cluster riferibili a livello di rischio differenti.

Ci sono gli utenti che iniziano il processo di accesso account, ma decidono di abbandonare.

Ci sono gli utenti che concludono la procedura di accesso fornendo un conto significativo, quindi un conto operativo e che tendenzialmente accoglie l'accredito dello stipendio, oppure della pensione.

Infine, gli utenti che concludono la procedura di accesso utilizzando un conto non significativo. Quindi scelgono coscienziosamente quale conto rendere disponibile e che risultano avere una rischiosità più che doppia rispetto alla media.

Come immaginabile, i clienti che connettono conti che riportano uscite per utenze hanno una rischiosità inferiore alla media, si arriva fino a un -30% rispetto a chi connette un conto senza addebiti per utenze.

Stesso risultato per i clienti che connettono conti in cui si registrano affitti in entrata, quindi risultano essere il 30% meno rischiosi degli utenti in cui i conti non presentano questo genere di entrate.

Anche in questo caso, un conto operativo è un segnale di minore rischio e la presenza di affitti in entrata, chiaramente, conferma la disponibilità di spesa del cliente.

Inoltre, grazie all'incrocio dei dati transazionali e delle informazioni creditizie derivanti da EURISC, il SIC di CRIF, è stato possibile analizzare il mix di prodotti creditizi posseduti dagli utenti che hanno completato con successo la procedura di open banking.

Gli utenti che non hanno attivo nessun prodotto di credito hanno una rischiosità maggiore del 40% rispetto ai correntisti che hanno almeno un prodotto di credito attivo.

Gli utenti che hanno un mutuo attivo risultano meno rischiosi della media e registrano una rischiosità quasi due volte inferiore rispetto a chi non ha nessun prodotto di mutuo attivo.

Questo è un aspetto che di solito rileviamo perché chi non ha avuto accesso al credito probabilmente non ha le caratteristiche per accedervi da un punto di vista di rischio e chi invece ha un mutuo erogato sicuramente ha un profilo di rischio contenuto già valutato dalle banche in questo senso.

AG. È in corso una evoluzione importante delle normative in tema di sicurezza, del credito e stabilità dei mercati. Come si inserisce l'open banking in questo cambiamento in corso?

GC. Sicuramente nel mondo del credito oggi vediamo due necessità: da un lato l'aumento della raccolta di informazioni sui propri clienti, l'esigenza di avere sempre più informazioni a disposizione, quindi la storia creditizia, i dati reddituali patrimoniali, capire se il cliente aderisce ai principi di sostenibilità della banca che tra l'altro è un aspetto imposto dalle regole nazioni come LOM piuttosto che ESG.

Dall'altro abbiamo l'esigenza imposta da una sempre più rapida digitalizzazione, di ridurre il tempo di risposta.

Quindi, le banche si trovano a dover comprimere il cosiddetto time to yes o time to cash. E lo devono fare rendendo migliore la user experience del cliente. Quindi va da sé che l'open banking rappresenta un'eccezionale opportunità per fare in modo che si possa definire in maniera rapida e puntuale la sostenibilità del cliente alla sostenibilità rispetto al pagamento della rata.

Per valutare correttamente la capacità di rimborso di un cliente, quindi, è imprescindibile analizzare e catalogare puntualmente le sue uscite per determinare qual è la sua reale capacità di spesa e l'open banking consente quindi di analizzare puntualmente il bilancio familiare senza semplicemente basarsi su un dichiarato del cliente senza dover richiedere documenti piuttosto che utilizzare delle stime.

AG. L’open banking permette quindi di comprendere meglio il profilo del cliente, migliorandone al contempo l’esperienza. Ci puoi fare qualche altro esempio concreto di che risultati si possono ottenere utilizzando l'open banking?

GC. Con una delle più importanti realtà Finance italiane abbiamo condotto un’analisi sui dati dei loro clienti che hanno richiesto un prestito personale sul canale online.

La nostra soluzione di open banking ha consentito di intercettare il reddito in modo molto preciso, senza dover chiedere documentazione al cliente, e nel 70% dei casi il delta tra il reddito certificato da dichiarazione dei redditi e quello osservato dalla movimentazione del conto è inferiore al 15%.

E nel 30% dei casi i valori sono praticamente identici.

Ci sono dei casi marginali in cui c’è una differenza importante e riguardano conti correnti in cui sono presenti due redditi. Sono quindi conti cointestati.

La capacità di rimborsare un finanziamento non dipende comunque solo dal reddito, anzi. Dai nostri progetti emerge chiaramente l’importanza delle entrate secondarie per stimare realisticamente la disponibilità economica del cliente.

AG. Abbiamo ricordato in apertura che l’open banking europeo è, di fatto, guidato dalla normativa. E proprio sul fronte regolamentare sono in arrivo delle novità, in primis la PSD3. Quali opportunità si aprono per lo sviluppo dell’open banking?

GC. L’open banking, in Italia, è disciplinato da una normativa articolata su più livelli, fondata sulla direttiva PSD2, che è stata recepita nel 2017, e stesso periodo la Commissione europea ha dettagliato tutte le norme tecniche per l'autenticazione del cliente e gli standard di comunicazione.

L'obiettivo della normativa comunitaria è supportare la digitalizzazione del settore finanziario, aumentando la condivisione dei dati, assicurando un'adeguata tutela degli utenti finali che mantengono comunque il controllo sui propri dati.

Per questo la Commissione europea ha presentato il 28 giugno 2023 un pacchetto di misure finalizzate a promuovere l'accesso a dati finanziari e adeguare il quadro regolamentare per l'erogazione dei servizi di pagamento.

E questo pacchetto, che è noto come Payments Package, si inserisce in una più ampia strategia europea sulla finanza digitale e rappresenta un passo significativo verso l'era digitale per i pagamenti, mirando a rivoluzionare il settore finanziario dell'Unione Europea.

Uno degli aspetti più significativi di questa proposta è proprio l'apertura e la standardizzazione del settore bancario, con profonde implicazioni per l'open banking.

Le novità riguardano in primis il contrasto alle frodi nei pagamenti. In particolare, si vuole aumentare la condivisione delle informazioni relative alle frodi e rafforzare regole di autenticazione dei clienti. Verrà quindi introdotto un sistema di verifica obbligatoria che allinea i numeri IBAN dei beneficiari con i nomi dei loro conti.

Seconda novità, il potenziamento dei diritti dei consumatori, quindi dando loro un migliore controllo dei propri dati finanziari. È prevista, ad esempio, una maggiore trasparenza nei casi di blocco temporaneo dei fondi nei rendiconti e nelle spese degli sportelli automatici.

Terzo, la promozione della concorrenza tra entità bancarie e non bancarie. Quindi sarà garantito l'accesso ai sistemi di pagamento dell'UE a prestatori di servizi di pagamento non bancari, previa adozione di adeguate misure di salvaguardia.

In ultimo, l'armonizzazione delle norme sui servizi di pagamento in ottica di maggiore trasparenza e cooperazione transfrontaliera. La maggior parte delle regole sui pagamenti sarà incorporata in un regolamento direttamente applicabile e saranno rafforzate le disposizioni sull'attuazione e sulle sanzioni.