Mediobanca

L’innovazione digitale per aumentare profittabilità ed efficienza nel mondo post-Covid

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Marco Pozzi, Group COO di Mediobanca, CEO e General Manager di Mediobanca Innovation Services

Un approccio pragmatico all’innovazione, perché «siamo una banca, non un laboratorio di ricerca», e la tecnologia va inserita là dove può generare valore ed efficienza nelle attività di business. È uno dei messaggi dell’intervista a Marco Pozzi, Group COO di Mediobanca, CEO e General Manager di Mediobanca Innovation Services, in cui raccontiamo come il Gruppo Mediobanca guarda alla trasformazione digitale nel nuovo contesto post-Covid.

Domanda. Partiamo dalla trasformazione digitale in corso da qualche anno, guidata dalla tecnologia, dal comportamento dei consumatori e dalla normativa. Come giudicate l’impatto sui servizi finanziari?

Risposta. È una sfida particolarmente rilevante per il settore bancario, in genere conservatore e caratterizzato dalla prevalenza di sistemi IT obsoleti e spesso diseconomici. Da qualche anno, le banche sono chiamate ad accrescere la loro capacità di innovazione, anche quelle che operano nei comparti di business più tradizionali. Accrescere la capacità di innovazione significa rispondere alle esigenze di una clientela finale ormai abituata alla user experience dei nuovi player digitali e del mercato consumer. Ma anche il cliente interno, ovvero le persone che lavorano in azienda, si aspetta ormai approcci di matrice digitale. Probabilmente, oggi, l’innovazione digitale è la più importante leva con cui le banche possono recuperare profittabilità ed efficienza.

D. La trasformazione digitale è avviata da alcuni anni, ma l’emergenza sanitaria ha stravolto tutti i piani. Come ha reagito Mediobanca?

R. Lo shock del lockdown ha cambiato le priorità per le aziende di ogni settore. Le banche che non avevano ancora un piano di digitalizzazione ne hanno adottato uno rapidamente. Quelle che come noi invece avevano già avviato dei progetti, li hanno accelerati. Nel Piano Strategico IT di Mediobanca l’obiettivo della digitalizzazione ha molte declinazioni su un orizzonte pluriennale.

Dopo l’inizio della pandemia, ciò che andava realizzato in qualche anno è stato fatto in mesi, a volte in settimane, operando sia sugli aspetti infrastrutturali necessari a gestire la mole enorme di connessioni da remoto, sia sulle nuove esigenze di supporto degli utenti. Con le ulteriori complessità legate ai potenziali rischi di cybersecurity associati al cambio improvviso di modello operativo.

D. Ci si chiede spesso quanto rimarrà, quando torneremo alla normalità, di quanto appreso durante la pandemia.

R. Molte cose non saranno più come prima. Se possiamo imparare qualcosa da questa esperienza è il superamento della resistenza al cambiamento: ora sappiamo che le cose si possono fare in modo diverso. «Quando la velocità del cambiamento al di fuori di un’organizzazione supera la velocità del cambiamento interno... la fine è vicina»: questa frase di Jack Welch è quanto mai attuale. La velocità dei cambiamenti in corso ci richiede una cultura orientata all’innovazione digitale e all’imprenditorialità.

D. Veniamo al Gruppo Mediobanca. Come è organizzata la funzione Innovazione all’interno di un gruppo in cui convivono realtà con business molto diversi?

R. Come Gruppo seguiamo nell’innovazione un approccio federato, con una struttura centrale dedicata che ha l’obiettivo di stimolare l’innovazione e collaborare con i centri di competenza ed eccellenza presenti nelle diverse Legal Entity. Una regia centralizzata su tre direttrici. L’execution, con il supporto diretto alla realizzazione dei progetti. La condivisione di conoscenza, tenendo le relazioni con il mondo della ricerca per favorire la digitalizzazione della cultura aziendale. Infine, il disegno di nuovi prodotti e modelli di business, grazie a un confronto costante con le business line e il mercato.

D. E con quali strumenti interni fate dialogare le diverse componenti del business?

R. Il Gruppo Mediobanca, in termini dimensionali, viene posto nel segmento bancario intermedio. Ma ritengo che le sue caratteristiche uniche portino complessità da grande gruppo: troviamo infatti un numero importante di Legal Entity con modelli di business e clientela molto eterogenei. Questa eterogeneità fa sì che nel Gruppo siano presenti necessità di innovazione e livelli di maturità estremamente differenti che, se da un lato rendono più complicato immaginare e realizzare iniziative d’innovazione sinergiche e coordinate, dall’altro ci danno grandissime opportunità d’azione, soprattutto nelle divisioni maggiormente caratterizzate da modelli di business molto tradizionali e per lo più non IT-driven. Mettiamo in contatto le diverse anime mediante ascolto interno ed esterno, poi contribuiamo a selezionare le iniziative in funzione della coerenza con le priorità strategiche. Come accennavo prima, abbiamo adottato un modello organizzativo che prevede una struttura dedicata a livello di Gruppo (IT Strategy & Digital Innovation) che riporta direttamente al Group Chief Operating Officer e opera in sinergia con le nostre diverse Legal Entity. Un modello quindi che cerca, da un lato, di garantire le esigenze di governo e sinergia a livello centrale e, dall’altro, di valorizzare con la dovuta flessibilità le eccellenze presenti nel Gruppo.

D. Sempre tenendo conto di questo approccio, su quali obiettivi state lavorando?

R. In generale, vogliamo agire sui processi, riducendone la frammentazione, digitalizzandoli ed eliminando certe ridondanze tipiche dell’operatività manuale. Anche l’automazione è un tema trasversale al gruppo, da alcuni anni lavoriamo con la Robotic Process Automation, soprattutto negli ambiti di back office per aumentare l’efficienza e ridurre il rischio operativo. Ma siamo ancora all’inizio di un percorso. Tra le priorità della nostra Digital Agenda vi è il tema della vendita a distanza, ma più in generale dell’operatività a distanza. Era un trend evidente anche prima del Covid, ma è chiaro che l’emergenza pandemica ha particolarmente accelerato queste necessità mettendo a dura prova i tradizionali modelli di vendita in presenza e costringendo tutti gli operatori di mercato a potenziare i canali self e i meccanismi di interazione digitale con la clientela. Un altro tema fondamentale e trasversale al Gruppo è quello della valorizzazione del patrimonio di dati in nostro possesso.

D. La capacità di gestire e valorizzare il patrimonio di dati sarà sempre più strategica?

R. Temi come la sicurezza, la governance e la qualità del dato non sono probabilmente i primi concetti che vengono in mente parlando di innovazione, ma in realtà sono una condizione necessaria per sviluppare sistemi di front-end capaci di offrire una customer experience moderna e multicanale. Senza un corretto impianto architetturale e di governo della data quality è forte il rischio di operare con dati non certificati o non completi, inutili o dannosi per il cliente finale. In generale, in un settore fortemente regolamentato come il nostro, lo sviluppo di servizi digitali impone di aumentare la robustezza dei Framework di Data Governance e richiede un maggior livello di industrializzazione in funzione delle inevitabili crescite dei volumi e della rapidità di elaborazione richiesta dai canali “digital”.

D. A proposito di piattaforma: l’idea di una concorrenza diretta con il FinTech sta tramontando, a favore di un modello collaborativo. Mediobanca con chi sta lavorando e in che ambiti?

R. FinTech e incumbent possono ottenere vantaggi reciproci dalla collaborazione. Per un Gruppo come il nostro, e per le banche in generale, è fondamentale innovare ripensando i confini organizzativi, cioè valorizzando le sinergie con il mercato e in particolare con i fornitori di tecnologia. Come Gruppo stiamo esplorando selettivamente le opportunità presenti nel contesto FinTech, in Italia e non solo. Abbiamo già alcuni casi di collaborazione di successo in produzione e credo che nei prossimi anni sarà un fenomeno in forte crescita.

D. L’Italia è uno dei paesi in cui le tecnologie distribuite, con Spunta DLT, si sono concretizzate in progetti operativi. State lavorando sulla blockchain?

R. La blockchain crea valore quando fa cooperare in modo nuovo operatori che fanno parte di un sistema. Ci sono molte proposte interessanti in questo ambito, che integrano anche il concetto di smart contract. Con CheBanca! abbiamo partecipato dal principio all’iniziativa Spunta DLT di ABI Lab e stiamo facendo percorsi analoghi su altre iniziative di sistema. Stiamo osservando questo mondo e stiamo conducendo dei POC in ambiti molto diversi, dal commercio elettronico al capital market.

D. Restando sui trend tecnologici recenti, oltre alla digitalizzazione di alcuni processi, a quali applicazioni siete più interessati per l’intelligenza artificiale?

R. L’intelligenza artificiale è uno dei filoni che stiamo esplorando con maggiore intensità e su cui abbiamo già costruito sistemi rilasciati in produzione, sempre più arricchiti e perfezionati. Ad esempio il chatbot per la clientela di CheBanca! e quello per il supporto all’utenza interna. A mio modo di vedere questo tipo di tecnologie è un potenziale game changer anche nel nostro segmento di mercato e credo che al momento se ne stiano solo iniziando a intuire le potenzialità. Alcuni degli ambiti in cui stiamo provando ad applicare le tecnologie di intelligenza artificiale sono ad esempio il risk management e il trading portfolio.

D. Le tecnologie legate all’intelligenza artificiale stanno maturando?

R. Le tecnologie hanno già oggi un livello di maturità molto buono e compatibile con l’utilizzo in sistemi di Produzione. L’innovazione va sempre adattata al contesto e agli obiettivi di una realtà aziendale, e noi siamo una banca. Però vediamo sicuramente un’evoluzione: alcuni algoritmi funzionano particolarmente bene in determinati ambiti, e non in altri. E sta cambiando anche la proposition, con modelli di offerta differenti.

D. Qualche anno fa, le banche erano molto prudenti anche sul cloud computing, che poi è evoluto anche a livello di offerta.

R. Parlando di tecnologie che possono accelerare la digitalizzazione, non si può non citare il cloud computing. Rappresenta un modo “nuovo” di fare IT, perfettamente allineato con i tempi e i modi tipici dei progetti di innovazione. Ritengo che il cloud costituisca l’ambiente naturale in cui sviluppare i progetti innovativi, sia perché con la sua flessibilità ci consente di sperimentare rapidamente la bontà di un’idea senza necessariamente richiedere grandi investimenti upfront, sia perché per molte delle nuove tecnologie è semplicemente la migliore soluzione possibile.

D. Non abbiamo ancora toccato un ambito tecnologico che da parecchi anni è letteralmente in subbuglio: quello dei pagamenti. Che riguarda in primis le entity più orientate al retail, ma anche le altre.

R. In effetti per il mondo retail il tema dei pagamenti è probabilmente l’ambito con maggiori opportunità di innovazione e disruption. Per il nostro Gruppo il tema ha una priorità e una declinazione differente. Compass ad esempio sta lavorando sia sul mondo fisico, sia su quello online, per intercettare la crescente richiesta servizi di rateizzazione dei pagamenti. Per un player leader nel mercato del credito al consumo è sempre più importante fornire un accesso rapido e smart ai servizi di rateizzazione, indipendentemente dal canale tramite cui viene effettuato l’acquisto. Parlando di innovazioni che sul lungo periodo potrebbero avere forti impatti sul segmento dei pagamenti, stiamo seguendo da vicino il tema della Central Bank Digital Currency e il progetto Euro Digitale di ABI. Siamo chiaramente all’inizio del percorso ma si intravedono già delle potenzialità interessanti per il settore.

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di maggio 2021 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop