Come cambia l’analisi dei dati per la gestione dei portafogli di crediti?

McKinsey analisi dei dati gestione portafogli crediti

Nuove tipologie di dati e tecniche analitiche avanzate, come il machine learning. La gestione del portafoglio crediti sta cambiando, come confermato dal 60% delle istituzioni finanziarie a livello mondiale, intervistate da McKinsey e dall’IACPM, che adottano questi approcci.

Nuove modalità per la gestione del rischio che, secondo una percentuale ancora maggiore di intervistati (oltre il 75%), continueranno a crescere nei prossimi due anni.

Casi d’uso per il machine learning nei portafogli crediti

L’implementazione di nuove tecniche ad alta intensità di dati, come il machine learning, si concentra su asset class e casi d’uso specifici.

Nei portfolio di credito alle PMI, i modelli di machine learning sono stati utilizzati per lo scoring e il pricing del credito, oltre che per lo sviluppo di early warning signal.

Nelle asset class corporate, invece, il loro utilizzo è in gran parte limitato allo sviluppo di early warning indicator.

Più automazione nei portafogli PMI

Rare le banche che hanno automatizzato completamente le decisioni per la maggior parte del portafoglio: l’indagine individua solo un 11% di realtà per i portafogli PMI e circa il 4% per il midmarket.

Tuttavia, per i portafogli PMI, circa il 30% degli intervistati ha dichiarato di aver automatizzato più del 30% delle decisioni.

Inoltre, nel segmento PMI, gli intervistati riferiscono di aver ottenuto un beneficio significativo in termini di tempi di esecuzione, con il 37% dei partecipanti che ha registrato una riduzione di oltre il 10%.

Diversi i tempi di risposta negli altri settori

Gli altri settori, midmarket, corporate e immobiliare commerciale (CRE), non rispondono alle nuove soluzioni di analisi dei dati come quello delle PMI.

In particolare nei tempi di risposta: hanno registrato la stessa performance sulla riduzione dei tempi di risposta il 13% delle banche che hanno automatizzato alcune delle loro decisioni di credito nei portafogli midmarket, il 12% in ambito CRE e solo il 3% nel settore corporate.

Le grandi sfide: ESG in testa

Non mancano poi gli ostacoli, rilevati dagli intervistati.

Tra questi, la valutazione della qualità dei dati, la disponibilità di talenti e la difficoltà di validare e spiegare le nuove soluzioni.

Ma quali saranno le maggiori sfide per l’analisi del rischio di credito e della gestione del portafoglio nei prossimi due o tre anni?

  1. Il rischio climatico e gli aspetti ESG (86%);
  2. i requisiti patrimoniali, di accantonamento e normativi per i modelli di stress-testing (58%);
  3. le sfide poste dalle incertezze dei modelli dopo la pandemia (51%);
  4. l’incorporazione dei modelli di machine learning all’interno dei vincoli normativi e di rischio (42%).

Come valutare lo stress climatico

Le analisi sugli scenari di perdita dovuti allo stress climatico si sono concentrate maggiormente sui portafogli midmarket, corporate e CRE (più del 50% delle banche per ciascun segmento), mentre un numero minore di banche (meno del 40%) ha condotto queste analisi sui portafogli PMI.

Ma l’analisi indica che i gestori di portafoglio hanno iniziato solo di recente a considerare il modo in cui i rischi climatici ed ESG influenzano l’identificazione e la misurazione del rischio, compresi i rating dei debitori.

Ora hanno bisogno di nuovi strumenti e processi per analizzare le perdite da stress climatico e gli scenari climatici; devono inoltre esaminare come la valutazione del rischio climatico possa essere integrata nei processi di credito esistenti.

Un framework per il rischio climatico

McKinsey e l’IACPM, infine, indicano alcuni fattori da considerare per quanto riguarda gli impatti materiali del rischio climatico sul credito:

  • Il rischio climatico è tipicamente concentrato in aree specifiche. Si è riscontrato che i rischi fisici e di transizione si registrano in aree molto mirate del portafoglio, ad esempio per le asset class legate al settore immobiliare;
  • L’impatto medio sul credito può essere moderato nel breve termine, ma è probabile che vi sia un elevato grado di variabilità a livello dei singoli debitori;
  • Per i settori esposti a rischi fisici, la maggior parte del rischio è rappresentata dagli impatti a catena, non da danni diretti. L’impatto creditizio a breve termine dei danni diretti è in genere coperto da assicurazione in settori come quello immobiliare (sia commerciale che retail) ma andrebbero valutati fattori di rischio materiali, includendo il pagamento di premi assicurativi più elevati e il deterioramento del tenore di vita di una comunità;
  • Il rischio climatico non gestito può avere un impatto tangibile sui rendimenti e sui profitti economici. La Comprehensive capital analysis and review (CCAR), gli stress test imposti dalla Banca Centrale Europea o le metodologie basate sul capitale regolamentare potrebbero non essere appropriate: nella valutazione del rischio climatico vanno inclusi i rendimenti delle nuove attività orientate al clima e l’analisi di scenario specifiche per i singoli debitori;
  • Prima di affrontare e mitigare il rischio climatico, le istituzioni finanziarie devono affrontare diversi ostacoli legati a competenze, dati e analisi. Le istituzioni finanziarie avranno bisogno di un’architettura aperta in grado di supportare nuove metodologie per la qualità, la standardizzazione e la raccolta dei dati.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di maggio 2023 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop

 

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