Una ricerca recente di Banca d’Italia, che ha analizzato le condizioni di finanziamento delle banche della zona Euro tra il 2015 e il 2022, evidenzia come le banche con profili di sostenibilità migliori riescano a finanziarsi a condizioni migliori. Nello studio si osserva in particolare che le variazioni nei rating ESG influenzano significativamente i rendimenti delle obbligazioni: Lo spread a scadenza tende ad aumentare quando il punteggio ESG diminuisce e a ridursi in caso di miglioramento del rating.
Questa ricerca fornisce ulteriori conferme sulla rilevanza finanziaria dei fattori di sostenibilità. Tuttavia, la sostenibilità oggi sta vivendo una fase di crisi. Negli Stati Uniti, il successo di Trump è stato alimentato, tra i diversi fattori, anche da una narrazione contro lo stakeholder capitalism, modello economico in cui le aziende perseguono il valore non solo per gli azionisti, ma anche per tutti gli stakeholder, includendo clienti, dipendenti, fornitori, comunità locali e l'ambiente.
Solo qualche anno fa questo nuovo approccio al capitalismo era stato celebrato dalla Business Roundtable, associazione statunitense composta dai CEO di alcune delle maggiori aziende americane, molte delle quali oggi stanno ridimensionato gli impegni presi nell’ambito della sostenibilità, inclusi gli obiettivi di neutralità climatica al 2050.
In Europa, alla iperproduzione di normative in materia di finanza sostenibile degli ultimi 5 anni, si affianca oggi un crescente scetticismo nei confronti di queste regolamentazioni. La maggior parte delle imprese vede queste nuove regole più come un costo aggiuntivo che come una potenziale leva strategica che possa contribuire a migliorare la competitività, sottovalutando i rischi derivanti dal cambiamento climatico.
Le attuali tendenze indicano purtroppo che il mondo difficilmente riuscirà a contenere l’aumento della temperatura globale entro il limite di 1,5°C. L’Europa è il continente abitato che si sta scaldando più rapidamente, con un tasso di aumento delle temperature doppio rispetto alla media globale. All’interno dell’Europa, le regioni meridionali sono le più vulnerabili agli impatti del riscaldamento globale. L’Italia lo è particolarmente, anche a causa della sua struttura geo-morfologica.
L’evidenza scientifica è inequivocabile: anche se interrompessimo oggi le emissioni ad effetto serra nell’atmosfera, l’impatto del cambiamento climatico continuerebbe a peggiorare nei prossimi decenni, a causa della dinamica inerziale dei sistemi climatici. Ciò porterà inevitabilmente a eventi climatici estremi più intensi e più frequenti, con ripercussioni significative in praticamente tutti i settori dell’economia.
Le banche si trovano in prima linea, rispetto sia all’esposizione ai rischi fisici del cambiamento climatico che allo sviluppo di nuove soluzioni di finanziamento che facilitino l’adozione di misure di adattamento e resilienza da parte delle imprese.
Secondo stime recenti, l’80% dei portafogli di prestiti delle banche europee è vulnerabile ai rischi fisici attuali e attesi. Tali rischi includono eventi come inondazioni, stress idrico, ondate di calore e incendi, previsti fino al 2040.
Secondo uno studio di Boston Consulting Group pubblicato a luglio di quest’anno, nei settori maggiormente esposti, come agricoltura, infrastrutture e generazione di energia, fino al 10% dell'EBITDA delle controparti finanziate potrebbe essere perso entro il 2025 a causa dei rischi fisici. Si tratta di numeri estremamente significativi che possono avere un impatto sostanziale sul rischio di credito dei portafogli creditizi delle banche.
In termini di impatti economici, le perdite assicurate globali causate da catastrofi naturali nel 2023 hanno superato i 100 miliardi di dollari per il quarto anno consecutivo. Negli ultimi 30 anni, la quota sul PIL globale delle perdite assicurate da catastrofi naturali, aggiustata per l'inflazione, è raddoppiata e la tendenza è in forte accelerazione. In Italia, il 70% delle imprese piccole e medie che vengono colpite da eventi meteorologici estremi e non sono assicurate contro i rischi catastrofali chiudono entro sette mesi.
Considerato che il tessuto imprenditoriale delle piccole e medie aziende contribuisce per il 63% del PIL nazionale e per il 76% dell’occupazione, le banche si trovano di fronte all’urgenza di mitigare la propria esposizione ai rischi fisici soprattutto per ragioni finanziarie, prima ancora che di impatto.
Ciononostante, ad oggi la maggior parte delle banche in Italia non ha ancora adottato sistemi per la valutazione dell’esposizione ai rischi fisici dei propri crediti. A peggiorare il quadro si aggiunge la considerazione che molte banche italiane hanno elevate concentrazioni geografiche.
Pertanto, singoli eventi estremi, come per esempio le estese e violente grandinate avvenute nel corso del 2022 e nel 2023 in alcune aree del Nord Italia, possono peggiorare il merito creditizio di una quota significativa dei crediti di una banca caratterizzata da un’elevata concentrazione geografica della base clienti.
È evidente che il rischio fisico è già diventato rischio di credito. Tuttavia, tutto quello che non si misura non può essere gestito. Le banche italiane si trovano quindi nella necessità crescente e urgente di sviluppare una capacità di valutazione dell’esposizione delle controparti ai rischi fisici, che sono in forte aumento.
Integrare queste informazioni nei processi di definizione dei profili di rischio potrebbe aprire anche la strada all’innovazione dei prodotti bancari. Abbiamo collettivamente bisogno di impiegare capitali non solo per mitigare il nostro impatto sul cambiamento climatico, ma anche per mitigare l’impatto che il cambiamento climatico ha e avrà sempre di più su di noi, attraverso investimenti in adattamento e resilienza. La necessità di rendere tutti i settori dell'economia resilienti al clima crescerà inevitabilmente nel prossimo decennio, indipendentemente dal ritmo della decarbonizzazione.
Il bisogno di sviluppare capacità adattiva è trasversale a tutti i settori dell’economia. Chi meglio delle banche potrebbe sfruttare quest’opportunità per creare nuovi prodotti bancari finalizzati al finanziamento di iniziative di adattamento e resilienza? È a mio avviso inevitabile che tra qualche anno di fianco ai green loans ci saranno anche gli adaptation loans.