Il pasticcio dei diamanti di investimento

Nuovo capitolo nella brutta storia dei diamanti venduti in banca. Il 19 febbraio è uscita la notizia del sequestro di 700 milioni di euro deciso dalla Procura di Milano a carico di cinque banche. Secondo l'ANSA, tra gli indagati ci sarebbero anche alcuni manager di Banco BPM (tra cui il dg Maurizio Faroni), oltre a responsabili delle due società (IDB e DPI) che vendevano i diamanti tramite il canale distributivo bancario.
 
La vicenda dei diamanti ha conquistato le prime pagine dei giornali, questa volta, più che altro per il coinvolgimento di alcuni clienti VIP. Ed è quindi partito il gossip su chi abbia investito quanto. Il punto è un altro: a distanza di un paio di anni o anche più dall'inchiesta di Report che portò alla ribalta il "caso" dei diamanti venduti in banca (vedi gli articoli precedenti su questo tema, più in basso in questa pagina: a onor del vero, le prime inchieste furono pubblicate sul Sole 24 Ore da Nicola Borzi) le indagini proseguono. E si confermano le voci degli ultimi mesi sul proseguio delle indagini.
 
Il sequestro coinvolge 7 persone e 7 aziende. Oltre a IDB e DPI, anche Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco BPM, MPS e Banca Aletti.
 
Secondo quanto risulta ad AziendaBanca, diverse banche stanno procedendo con accordi ad personam con i singoli clienti, prevedendo in alcuni casi il rimborso totale dell'investimento, in altri un rimborzo parziale al netto di costi di intermediazione e altre commissioni. Un cliente, che vuole restare anonimo, ci segnala anche che una Banca gli ha offerto un supporto legale per fare causa a uno degli altri istituti coinvolti.
 
È davvero un pasticciaccio, questo dei diamanti.
 
Aggiornamento del 10 novembre 2017
15 milioni di multa. La vicenda dei diamanti in banca, esplosa con una inchiesta di Report (allora sotto la guida di Milena Gabanelli, ha portato a multe importanti per banche e broker. 2 milioni per IDB - Intermarket Diamond Business: con l'azienda collaborano UniCredit (4 milioni di multa) e Banco BPM (3,5 milioni). L'altro big dei diamanti in filiale è DPI - Diamond Private Investment, multata per 1 milione di euro: sanzioni anche per le banche distributrici Intesa Sanpaolo (3 milioni) e MPS (2 milioni).

Diamanti in banca: informazioni ingannevoli

Le sanzioni, decise dall'Autorità Garante per la Concorrenza, si basano sui "profili di scorrettezza riscontrati per entrambe le società hanno riguardato le informazioni ingannevoli e omissive diffuse attraverso il sito e il materiale promozionale dalle stesse predisposto in merito: a) al prezzo di vendita dei diamanti, presentato come quotazione di mercato, frutto di una rilevazione oggettiva pubblicata sui principali giornali economici; b) all'andamento del mercato dei diamanti, rappresentato in stabile e costante crescita; c) all'agevole liquidabilità e rivendibilità dei diamanti alle quotazioni indicate e con una tempistica certa; e d) alla qualifica dei professionisti come leader di mercato". 

Diamanti in banca: le colpe degli istituti

Ce ne è anche e soprattutto per le banche distributrici. Ecco che cosa scrive lAutorità: "gli istituti di credito, principale canale di vendita dei diamanti per entrambe le imprese, utilizzando il materiale informativo predisposto da IDB e DPI, proponevano l'investimento a una specifica fascia della propria clientela interessata all'acquisto dei diamanti come un bene rifugio e a diversificare i propri investimenti. Secondo l'Autorità il fatto che l'investimento fosse proposto da parte del personale bancario e la presenza del personale bancario agli incontri tra i due professionisti e i clienti, forniva ampia credibilità alle informazioni contenute nel materiale promozionale delle due società, determinando molti consumatori all'acquisto senza effettuare ulteriori accertamenti".

Diamanti in banca: inchiesta di Report

La tempesta era prevedibile, dopo il clamore suscitato, anche sui social, dalla puntata di Report di lunedì 17 ottobre 2016. Si parlava di investimenti: fondi immobiliari, fondi comuni e soprattutto diamanti. Il famoso “diamante da investimento”, definizione un po’ incerta che ricorre, non a caso, quasi solo nei siti che cercano di spiegare il tema. L’inchiesta di Report sottolineava diversi aspetti, per altro più volte evidenziati anche dal Sole 24 Ore negli mesi precedenti, che è bene commentare. Anche perché vengono ripresi puntualmente dall'Autorità Garante della Concorrenza nella motivazione delle sanzioni inflitte alle banche sui diamanti.

Il prezzo del diamante in banca

In banca si possono acquistare diamanti. Non li vende direttamente la banca, che è solo intermediario di società specializzate. Report ne ha citate apertamente due, che lavorano con diverse banche. Dall’inchiesta emerge chiaro che il diamante acquistato in banca ha un “valore di mercato” (stimato grazie a un gioielliere esperto e a Rapaport, autorità indiscussa nel settore dei diamanti) nettamente inferiore a quello comunicato dalla banca. Che è anche il prezzo di acquisto del diamante.

Cattiva figura in conferenza stampa

Report si è presentata a una conferenza stampa (per definizione un’occasione di incontro con la stampa) di Intermarket Diamond Business, una delle due aziende citate nell’inchiesta. La richiesta di spiegazioni con Claudio Giacobazzi, Amministratore Delegato, finisce bruscamente: Giacobazzi stava spiegando un punto fondamentale (vedi prossimo paragrafo) ma viene fermato dal servizio di sicurezza del Principe di Savoia. Mobilitato, logica vuole, da qualcuno della stessa IDB: che ha pensato bene di interrompere una intervista durante una conferenza stampa. Non la migliore delle figure.

Come funziona il mercato dei diamanti in banca

Emanuele Bellano di Report riprende poco dopo il concetto chiave per capire il meccanismo:
La quotazione del diamante acquistato in banca non è quella “di mercato”, ma quella “interna al mercato di Intermarket”. Il prezzo vale all’interno di una sorta di “altro mercato”, in cui il diamante viene acquistato e rivenduto all’interno delle banche partner.
Detto in altri termini: quello è il prezzo finché si trova qualcuno disposto a pagarlo. Un meccanismo del genere, e Report lo dice esplicitamente, funziona finché regge l’asimmetria informativa tra chi vende e chi compra. Finché il reale valore resta nascosto, si trova qualcun altro che lo comprerà.

Vendita diamanti in banca: poca trasparenza

Trovo molto più grave il modo in cui “l’investimento” (che tale non è) in diamanti viene collocato allo sportello. Report ha ripreso di nascosto una impiegata di banca che fornisce al cliente informazioni false:
  • presenta la società venditrice di diamanti come parte del Gruppo bancario (falso);
  • dice che non ci sono commissioni di uscita (falso: vanno dal 10% al 16%, più IVA).
Ci sono poi almeno due aspetti decisamente controversi in ciò che viene presentato al cliente:
  • l’azienda che vende il diamante non si impegna a ricomprarlo, ma solo ad assumere il mandato alla vendita del diamante (tra mettere in vendita e vendere c’è una differenza intuitiva evidente a tutti);
  • il grafico sui rendimenti dei diamanti si basa su dati forniti dalla stessa azienda ma “spacciati” per dati del Sole 24 Ore.

Fregnacce allo sportello?

L’ultimo punto è fondamentale: la funzionaria di banca presenta il grafico di un rendimento sempre positivo dei diamanti, basato su dati del Sole 24 Ore. Sul quotidiano quei numeri sono usciti, sì, ma come inserzione pubblicitaria a pagamento, con una impaginazione diversa dai normali articoli. Altro che educazione finanziaria del cliente: volendo credere alla buona fede dell’impiegata di banca, e non abbiamo motivi per non farlo, allora sta rifilando fregnacce al cliente senza saperlo.

Aspettando la Normativa

L’inchiesta di Report ha poi toccato il tema degli investimenti (fondi comuni; polizze vita “favorite” allo sportello ai titoli di Stato; i fondi immobiliari collocati da Poste Italiane). Riproponendo il problema del rapporto di fiducia tra banche e clienti e quello, più annoso, dell’incentivazione della rete vendita. Temi toccati dal Regolamento EBA sulla remunerazione degli addetti commerciali e, come noto, dalla MiFID II: entreranno in vigore entrambi nel 2018. Forse, per evitare l’ennesima crisi di fiducia da parte del cliente, a livello di sistema si potrebbe fare qualcosa prima?