#define banking next

Green Asset Ratio e Case Green: raggiungeremo gli obiettivi europei?

Obiettivi europei Green Asset Ratio Case Green

Vito Antonio Furio, Senior Director di CRIF

La sostenibilità e l’efficienza energetica del patrimonio immobiliare italiano sono state al centro dell’attenzione negli ultimi mesi.

In un episodio di #define banking next, il podcast sulla banca del futuro che AziendaBanca realizza insieme a CRIF di cui questo articolo è un adattamento testuale, vediamo come questo fattore sia cruciale anche per il GAR, il Green Asset Ratio, delle banche italiane.

Ne abbiamo parlato con Vito Antonio Furio, Senior Director di CRIF.

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AG. La sostenibilità è, come noto, un argomento caldo da diversi mesi e abbiamo parlato più volte del ruolo del sistema finanziario per raggiungere obiettivi socialmente condivisi. Le linee guida sono gli strumenti identificati dall’Unione Europea per la finanza sostenibile, che hanno l’obiettivo proprio di indirizzare i capitali delle banche e del sistema finanziario verso quelle attività e quei progetti che possono avere un impatto positivo nel medio e lungo termine.

Un sistema di regole basato sulla tassonomia, lo strumento che serve a classificare le diverse attività economiche come sostenibili, in base a criteri scientifici definiti in modo univoco in una serie di documenti della Commissione Europea.

Vito Antonio, questa struttura normativa che effetti sta avendo sulla finanza sostenibile? Sta funzionando?

VF. Nel 2024 possiamo finalmente capire che effetto stanno avendo, perché il 2023 è il primo anno in cui disponiamo di dati ufficiali. Le società finanziarie hanno dovuto pubblicare all’interno del Pillar 3, una pubblicazione obbligatoria che riguarda l’adeguatezza patrimoniale, la loro esposizione ai rischi e indicazioni su come stanno lavorando per identificarli, misurarli e gestirli.

All’interno del Pillar 3 troviamo anche un dato importante, cioè il GAR. Il GAR è il Green Asset Ratio e serve a misurare la percentuale degli investimenti allineati alla tassonomia, sul totale delle attività di una banca.

Abbiamo quindi finalmente dei numeri concreti che ci fanno capire l’impatto della normativa sulla sostenibilità sui portafogli bancari.

CRIF ha analizzato il GAR relativo alle banche italiane e i primi dati ci dicono che le indicazioni sulla tassonomia sono state ben recepite e utilizzate per fissare gli obiettivi di sostenibilità, definire strategie di transizione e rendicontare gli sforzi.

Ma, in realtà, rispetto alla grande comunicazione delle imprese sulle loro iniziative green, ci aspettavamo un dato ancora migliore. Questo disallineamento tra le aspettative e quello che abbiamo rilevato nei bilanci bancari deriva dal fatto che la maggioranza degli asset su cui si misura i GAR sono gli immobili residenziali. Che, a oggi, hanno un allineamento decisamente modesto agli obiettivi di sostenibilità.

AG. Ed ecco perché ne parliamo oggi. Quali strumenti e strategie possono usare, le banche, per migliorare il proprio GAR?

VF. Parliamo di una sfida importante: portare l’enorme patrimonio immobiliare italiano, oggi messo a garanzia di prestiti e mutui, all’interno della tassonomia. Il 50% di questo patrimonio ha più di 40 anni e per essere allineato al GAR un immobile deve essere in classe energetica A, oppure rientrare nel miglior 15% del parco immobiliare nazionale, che è piuttosto anziano.

Inoltre, non devono esserci esposizioni significative a rischi fisici. E se pensiamo alla frequenza crescente di frane e inondazioni, capiamo che questo criterio rende la situazione ancora più complicata.

C’è un ulteriore problema. Per riqualificare un immobile, l’istituto bancario deve recuperare i certificati di prestazione energetica, per mappare il proprio portafoglio immobiliare: e non basta una stima. Serve poi una valutazione, puntuale, anche del rischio fisico, come detto poco fa. E queste informazioni vanno raccolte in un database, per dimostrare alla Vigilanza di avere fatto quanto necessario.

Per migliorare il GAR, nello stock di immobili già in portafoglio le possibilità sono limitate. I nuovi prodotti di credito sono già allineati alla tassonomia e questo, nel tempo, migliorerà il Green Asset Ratio. Per ristrutturare una casa, ad esempio, oggi viene richiesta un APE sia prima sia dopo i lavori.

Questi certificati energetici, però, non sono facili da recuperare. I catasti hanno incominciato a creare degli archivi, ma solo poche Regioni consentono un accesso informatico. Queste informazioni, insomma, non vengono condivise in modo agevole.

Sul rischio fisico, infine, noi di CRIF siamo arrivati a stimarlo con una precisione fino a pochi anni fa impensabile. Quando si parla di un’alluvione, ad esempio, lo calcoliamo a livello di micro-celle di 90 metri quadrati.

AG. Poco più di un anno fa, nel maggio 2023, l’Emilia-Romagna è stata colpita da allagamenti e frane. Che cosa abbiamo imparato da questi eventi per il calcolo del GAR?

VF. È stata una lezione importante, perché ha rimesso in discussione i modelli di calcolo del rischio fisico. L’alluvione in Emilia-Romagna ha dimostrato l’importanza di un’informazione granulare.

CRIF pubblica un documento, ESG Outlook, in cui abbiamo confrontato la rischiosità risultante dall’applicazione della metodologia di CRIF e Red Risk con quella che risulta invece dalle fonti pubbliche. Dallo studio sono emerse grandi differenze.

Nel Comune di Faenza, ad esempio, solo il 3% degli immobili che CRIF aveva classificato a rischio basso è stato poi effettivamente impattato dall’alluvione. Questi modelli hanno quindi ormai raggiunto un’elevata precisione e possono essere utili per calcolare il GAR.

AG. Torniamo alle prestazioni energetiche degli immobili residenziali. Si è parlato molto, ultimamente, dell’impatto della cosiddetta Direttiva Case Green. Qual è l’effettiva situazione delle case degli italiani e che scenari prevedete per il futuro?

VF. Il tema “casa” è sempre di interesse per gli italiani, visto che siamo tra i maggiori proprietari di immobili al mondo.

Attualmente, solo il 4% degli immobili residenziali in Italia è in classe energetica A, l’allineamento alla tassonomia, quindi, è davvero basso. Tuttavia, il processo di efficientamento energetico è in corso.

Nel 2023, oltre il 40% degli immobili ristrutturati sono stati portati in classe A, mentre oltre il 90% delle nuove costruzioni risultano in classe A. Questi dati dimostrano gli sforzi che si stanno mettendo in atto.

La Direttiva Case Green promuove la riclassificazione energetica degli immobili, residenziali e non, imponendo che dal 2030 tutte le nuove costruzioni siano a emissioni zero, mentre per gli immobili esistenti prevede consistenti riduzioni dell’energia assorbita.

Nell’Outlook ESG abbiamo provato ad analizzare se questi obiettivi sono raggiungibili. Anche nello scenario più ottimistico, la risposta è negativa: gli immobili in classe A non saranno più del 14% nel 2030 e del 37% nel 2050. Nello scenario pessimistico, solo il 6% degli immobili sarà in classe A nel 2030 e si arriverà al 14% nel 2050.

È chiaro che questo sforzo enorme di ristrutturazione non può essere affrontato solo da famiglie, imprenditori e sistema creditizio: servono incentivi governativi.

AG. Questo è un punto particolarmente importante, visto che è proprio in corso una revisione degli incentivi pubblici al settore edilizio e immobiliare. Abbiamo detto che il credito non può sostenere da solo lo sforzo necessario, ma che cosa può fare il sistema creditizio e bancario per facilitare al meglio questa transizione?

VF. Le banche sono spinte anche dalla normativa ad accelerare la riqualificazione del patrimonio immobiliare. Ad esempio la nuova Capital Requirements Regulation consente di rivalutare il valore degli immobili in seguito a una rivalutazione energetica. Se, in passato, la banca ha finanziato per 100mila euro un immobile che ne valeva 150mila, dopo la ristrutturazione posso dire che ne vale di più, riducendo l’assorbimento patrimoniale della banca.

Gli istituti di credito più proattivi forniscono una consulenza ai clienti per accedere ai fondi pubblici per la riqualificazione energetica, massimizzando il beneficio per il cliente e per la banca stessa.

Siamo convinti che la congiuntura che si è venuta a creare farà sì che la finanza verde diventi un obiettivo prioritario per tutti gli istituti di credito. Nel 2023, ad esempio, i mutui green erano il 12% del totale e potrebbero arrivare tra il 24% e il 30% del mercato nel 2030, per superare il 50% nel 2050.

AG. In questa chiacchierata abbiamo incontrato più volte il tema dei dati. Alle banche servono informazioni per valutare e monitorare. Chiudiamo con il ruolo di CRIF: puoi farci un paio di esempi di come supportate gli istituti di credito in questo processo?

VF. CRIF crede al tema della sostenibilità da molto tempo, per cui oggi partecipa ai tavoli dell’Unione Europea dove le normative vengono scritte. Pertanto ci troviamo in una posizione unica.

Offriamo tutti i dati che servono per determinare quanto un’azienda sia sostenibile e abbiamo una rete di periti che può aiutare un istituto bancario nel dimostrare che una ristrutturazione o un mutuo sono “green”. Offriamo consulenza per inserire i temi normativi nei processi di credito, un’Agenzia di Rating, una rete di consulenti per le imprese che cercano agevolazioni e il portale Synesgy, che aiuta le imprese a comprendere il loro posizionamento ESG e qualificarsi verso clienti e fornitori.

Provo a farti due esempi. Con una banca abbiamo analizzato il portafoglio immobili a garanzia, per identificare il cluster in cui si avrebbero i maggiori benefici e i clienti che potrebbero essere potenzialmente più interessati a ristrutturare.

Se passasse la Direttiva Europea per cui dal 2027 non si possono più affittare gli immobili in classe energetica G, recuperando i mutui sulle seconde case e gli APE di questi alloggi, possiamo identificare clienti che hanno urgentemente bisogno di un supporto finanziario per ristrutturaree offrire loro un prodotto dedicato.

Per questa attività serve quel mix di ingredienti: conoscenza, normativa, consulenza e così via. Alla banca servono le informazioni giuste per creare qualcosa che va a beneficio di tutti gli attori coinvolti.

Il secondo esempio riguarda un progetto che stiamo sviluppando con il Gruppo Bancario ICCREA. Abbiamo creato un portale, già attivato su oltre 80 BCC, che ha l’obiettivo di formare l’impresa su che cosa sia la sostenibilità: permette di autovalutarsi e calcolare il proprio score ESG per capire come viene percepita dal sistema creditizio.

Ci sono valutazioni automatiche, a un costo accessibile, oppure gratuite compilando il questionario Synesgy. L’impresa riceve anche una indicazione delle azioni specifiche che dovrebbe intraprendere per migliorare la propria valutazione.

Nel tempo, il portale crescerà e si arricchirà di servizi e prodotti per aiutare l’impresa ad affrontare la transizione energetica. Anche in questo caso, le competenze di una sola realtà non bastano, serve una partnership con realtà complementari per potere rispondere a tutte le esigenze dell’impresa.