Evento a Milano

Stop finanziamenti alle armi: il manifesto di pace della GABV

Manifesto pace Gabv

Anna Fasano, Presidente di Banca Etica

Mille miliardi di dollari investiti nelle guerre. Secondo il report “Finanza di pace. Finanza di guerra” commissionato da Fondazione Finanza Etica (Gruppo Banca Etica) e dalla Global Alliance for Banking on Values (GABV), le istituzioni finanziarie di tutto il mondo hanno indirizzato oltre 959 miliardi di dollari al sostegno della produzione e del commercio di armi lo scorso anno.

Il rapporto è stato presentato in occasione del sedicesimo incontro annuale di GABV, il primo in Italia, che si è tenuto a Padova e a Milano dal 26 al 29 febbraio.

Il finanziamento alle armi nel mondo

Di questi 959 miliardi, oltre la metà proviene dagli Stati Uniti d’America, mentre 79 miliardi sono veicolati dai primi 10 investitori europei.

Inoltre, le 15 maggiori banche europee investono in aziende produttrici di armi per un importo pari a 87,72 miliardi di euro.

Più investimenti nella difesa

D’altronde, nel 2023 a crescere è stata anche la spesa globale per la difesa (+9%), per un totale di 2.240 miliardi di dollari, il 2,2% del PIL mondiale.

In questo scenario le banche, e il settore finanziario in generale, è parte attiva: tra il 2020 e il 2022, le istituzioni finanziarie, tra cui le principali banche, le grandi compagnie assicurative, i fondi di investimento, i fondi sovrani, i fondi pensione, hanno sostenuto l’industria della difesa con almeno mille miliardi di dollari, cifra probabilmente sottostimata rispetto alla realtà, dato che non esiste un database ufficiale che raccolga tutti gli investimenti, i prestiti e i servizi di tutte le istituzioni bancarie e finanziarie del mondo nel settore degli armamenti.

«Nonostante gli scarsi dati disponibili e la scarsa trasparenza in questo campo, appare chiaro che il settore finanziario globale è fondamentale nel sostenere la produzione e il commercio di armi, facilitando, per estensione, i conflitti militari», afferma Mauro Meggiolaro di Merian Research che ha curato il rapporto.

Le armi sono sostenibili?

Lo scoppio dei conflitti armati in Ucraina nel 2022 in Palestina nel 2023 ha inoltre fatto schizzare alle stelle il valore delle azioni di alcune imprese produttrici di armi, addirittura del 25% circa in un solo anno.

Questa nuova luce sull’industria degli armamenti, in particolare nel nord del mondo, sta portando la lobby delle armi e alcune istituzioni finanziarie a sostenere persino la tesi secondo cui le aziende del comparto bellico dovrebbero essere incluse nei quadri di investimento ESG.

Tanto che a novembre dello scorso anno, i ministri della Difesa dell’UE hanno approvato una dichiarazione congiunta per rafforzare l’accesso dell’industria della difesa ai finanziamenti, in nome della sua capacità di contribuire alla pace, alla stabilità e alla sostenibilità in Europa.

Ed ecco che alcune istituzioni che avevano escluso gli armamenti dai loro investimenti e dai prestiti hanno riaccolto questa industry.

Come vengono esclusi gli investimenti in armi

Oggi l’esclusione del settore degli armamenti è una prassi comune, in realtà, tra fondi di investimento sostenibile che adottano dei criteri di esclusione, scegliendo quindi in quali settori non investire per ragioni etiche.

La maggior parte dei fondi, infatti, esclude in prima battuta le armi “controverse”: mine antiuomo, bombe a grappolo, armi chimiche e biologiche. Si tratta di armi ampiamente vietate da molteplici legislazioni e accordi nazionali e internazionali.

Ma alcuni investitori estendono questo divieto anche alle aziende che producono armi nucleari, armi all’uranio impoverito e fosforo bianco, soprattutto per via delle difficoltà nel controllarne l’impatto sui civili.

L'ultimo ambito di esclusione riguarda le aziende produttrici di equipaggiamenti e servizi militari che comprende armi, forniture militari ed equipaggiamenti che possono essere utilizzati per scopi militari, compreso il software utilizzato dagli eserciti.

Il doppio impatto di dire no alle armi

Questo dimostra che le banche non sono parte del problema, anzi sono un elemento essenziale per raggiungere l’obiettivo della pace e diffondere una nuova cultura etica della finanza, partendo dai tanti modi possibili per escludere le armi dalla finanza.

E con almeno due impatti: uno sull’opinione pubblica, che viene sensibilizzata dal racconto di una banca che esclude apertamente le armi dai suoi finanziamenti e prestiti; l’altro è sulla maggiore difficoltà delle aziende produttrici di armi ad acquisire capitali, se il mercato tende naturalmente a escluderle.

Dichiarazione di Milano: manifesto per una finanza di pace

Per condannare qualsiasi tipo di conflitto e chiedere a tutte le istituzioni finanziarie mainstream di smettere di finanziare la produzione e il commercio di armi, all’incontro annuale di GABV è stato presentato il Manifesto per una finanza di pace.

“Condanniamo fermamente ogni tipo di violenza, combattimento o guerra, in qualsiasi circostanza e ovunque avvenga. La risoluzione duratura dei conflitti può avvenire solo attraverso un dialogo aperto e una collaborazione sincera, come mezzi per costruire la fiducia che sottende alla pace. Per questo, invitiamo l’industria finanziaria a smettere di finanziare la produzione e il commercio di armi, incoraggiamo le istituzioni a introdurre o ampliare politiche esistenti che limitino il finanziamento all’industria delle armi e chiediamo di divulgarle in modo trasparente. Infine, invitiamo gli istituti finanziari a unirsi a GABV ed esprimere sostegno a questa Dichiarazione”.

«La finanza etica in molte aree del mondo, tra cui l’Italia, è nata dai movimenti pacifisti e per il disarmo. Nel 25° anno dalla nascita di Banca Etica abbiamo voluto ospitare l'assemblea della GABV e abbiamo scelto di connotare questo appuntamento con un forte appello per la pace e il disinvestimento dall’industria delle armi.

Dai tempi della guerra fredda, mai il mondo aveva assistito a una corsa al riarmo come quella che stiamo vivendo. Da ogni parte arrivano spinte per aumentare le spese militari mentre consulenti finanziari in tutto il globo esultano per le impennate dei profitti e dei rendimenti registrate negli ultimi mesi dal comparto bellico. È nostro dovere incoraggiare persone e istituzioni finanziarie a chiedersi fin dove è lecito fare profitti con le catastrofi.

L’illusione che un mondo più armato sarà un modo più sicuro e più in pace è smentita dai fatti: alla crescita della spesa militare globale ha sempre corrisposto un aumento dei conflitti. Oggi sentiamo parlare con disinvoltura addirittura del possibile utilizzo di armi nucleari: è un passo indietro che non possiamo accettare.

La finanza può cambiare il corso degli eventi e le banche della GABV sono in prima linea insieme ai milioni di persone e organizzazioni che le hanno scelte per non essere complici di questa deriva», ha affermato Anna Fasano, Presidente di Banca Etica.

«La pace è una precondizione per realizzare qualunque cambiamento sociale e ambientale positivo – conclude Martin Rohner, Direttore Generale della GABV. Ecco perché il finanziamento dell’industria degli armamenti è in contrasto con qualsiasi definizione di finanza sostenibile.

Ed è per questo che il movimento bancario basato sui valori ha scelto di non finanziare le armi. Chiediamo al settore finanziario di smettere di alimentare la produzione e il commercio di armamenti. È tempo di trarre profitto dalla pace, non dalla guerra».