Un fisco pro-ciclico per le banche: la Legge di Bilancio 2026 al banco di prova

Un fisco pro-ciclico per le banche: la Legge di Bilancio 2026
Domenico Ponticelli, Partner di PedersoliGattai

La bozza di Legge di Bilancio 2026 consolida un’impostazione fiscale per il settore bancario che somma maggior prelievo nel breve periodo, rinvii della deducibilità e vincoli selettivi. Con un’unica, doverosa correzione: l’esenzione del 95 per cento dall’IRAP per i dividendi intra-Unione europea, intervento reso necessario dalla giurisprudenza europea.

Per il resto, il pacchetto spinge verso un’imposizione più elevata oggi, spostando in avanti i benefici e irrigidendo la capacità delle banche di generare capitale con i propri utili.

Tre linee di intervento descrivono la struttura del provvedimento.

Primo: il tempo della deduzione viene dilatato

Le svalutazioni su crediti calcolate con il modello delle perdite attese (IFRS 9) saranno deducibili in cinque anni anziché integralmente nell’esercizio; le quote di deduzione già previste per il 2027 da discipline pregresse vengono rinviate al 2028–2029; sulle obbligazioni classificate tra immobilizzazioni finanziarie si introduce un tetto oggettivo alla deduzione delle svalutazioni, ancorato all’andamento del mercato telematico delle obbligazioni degli ultimi sei mesi.

In tutti questi casi, si creano differenze temporanee tra bilancio e fisco che generano “attività per imposte anticipate” (DTA).

Dal lato contabile, le DTA attenuano il costo fiscale nell’esercizio; dal lato prudenziale, però, pesano sul capitale primario (CET1) perché sono soggette a deduzione dal capitale o a ponderazione per il rischio. Se e quando i margini d’intermediazione si comprimono o il costo del rischio sale, lo spostamento nel tempo del beneficio fiscale risulta pro‑ciclico: aumenta l’imposta corrente nei momenti di stress e frena la costruzione di capitale con utili trattenuti.

In scenari di stress o di crisi bancaria, questo meccanismo può amplificare la fragilità del capitale: le perdite richiedono un assorbimento immediato di capitale, poiché le DTA non compensano nell’immediato la riduzione patrimoniale e restano semplici crediti d’imposta futuri.

Inoltre, il vantaggio per la finanza pubblica è solo di cassa e non di competenza: lo Stato anticipa gettito oggi finanziandosi, di fatto, attraverso un rinvio del riconoscimento fiscale del capitale delle banche, con un costo opportunità per il sistema bancario ben superiore al proprio tasso di finanziamento.

Secondo: cresce il prelievo “strutturale” sul conto economico

Per il triennio 2026–2028 le aliquote IRAP di banche e assicurazioni aumentano di due punti percentuali.

La deducibilità degli interessi passivi per gli intermediari finanziari viene limitata con una franchigia residua non deducibile che, pur riducendosi progressivamente dal 4 per cento del 2026 all’1 per cento del 2029, per poi tornare ad azzerarsi nel 2030, resta un cuneo stabile su un costo operativo essenziale per un’industria a leva regolata.

L’effetto paradossale, per quanto marginale e temporalmente limitato, è quello di ridurre nel breve-medio periodo l’incentivo delle banche a competere sulla remunerazione dei depositi: in ultima analisi, la misura finisce per configurarsi come una tassazione indiretta sui rendimenti corrisposti alla clientela, con possibili distorsioni nella trasmissione della politica monetaria.

Terzo: si irrigidiscono presìdi su dividendi e riserve

L’esenzione del 95 per cento sui dividendi ai fini delle imposte sul reddito viene subordinata a una soglia minima del 10 per cento di partecipazione (considerando anche le catene di controllo indirette).

Si tratta di una misura di portata generale, applicabile a tutti i soggetti e non solo alle banche; per queste ultime, tuttavia, l’impatto operativo è particolarmente rilevante lungo le catene partecipative e nei piani di distribuzione. Sulle riserve nate dal contributo straordinario del 2023 si introduce dal 2028 una presunzione di prioritaria distribuzione, con la possibilità di “affrancarle” pagando un’imposta sostitutiva (indeducibile) del 27,5 o del 33 per cento.

Si chiede dunque alle banche un costo immediato per ottenere certezza distributiva futura, rafforzando un precedente in cui un prelievo eccezionale viene stabilizzato con vincoli di riserva e oneri di affrancamento.

Il quadro non è neutrale per credito ed economia reale

Nel 2026–2027, la combinazione di maggior IRAP, minore deducibilità degli interessi e rinvio di deduzioni già attese aumenta il prelievo in cassa, mentre lo stock di DTA cresce e viene penalizzato ai fini di vigilanza, riducendo i margini sul capitale regolamentare. Tra 2028 e 2029, il recupero di deduzioni e il “rilascio” delle DTA migliorano cassa e capitale, ma il ciclo della stretta precede quello del sollievo. Si crea così un’asimmetria: gli oneri incidono quando la redditività tende a scendere, i benefici arrivano quando il ciclo potrebbe già essere cambiato.

Il confronto con gli anni recenti suggerisce una continuità: contributi eccezionali, tetti e sospensioni sull’uso di perdite, nuove condizioni su deduzioni e basi imponibili.

Oltre ai dubbi di efficacia macroeconomica, tali interventi presentano profili di legittimità non trascurabili: possibili tensioni con i principi di eguaglianza e capacità contributiva in caso di oneri settoriali reiterati; criticità rispetto all’affidamento e al divieto di retroattività sostanziale quando si rinviano o si ricalibrano deduzioni già attese; esigenze di proporzionalità e ragionevolezza per “tetti” e franchigie strutturali; e, non da ultimo, necessità di determinatezza e certezza del diritto per parametri applicativi come il benchmark di mercato sulle obbligazioni immobilizzate.

Un quadro così congegnato alimenta il rischio di contenzioso e di incertezza regolatoria, poco compatibile con l’esigenza di stabilità delle regole fiscali per il settore bancario.

Una politica fiscale ordinata per il settore dovrebbe perseguire tre obiettivi: neutralità (riduzione dei disallineamenti tra contabilità e fisco), stabilità (regole prevedibili lungo il ciclo) e coerenza con i vincoli di vigilanza europei (trattamento prudenziale delle DTA e riconoscimento del profilo economico delle rettifiche).

L’allineamento IRAP sui dividendi intra-Unione è un passo nella giusta direzione perché rimuove una distorsione. Ma la traiettoria complessiva della manovra resta sbilanciata verso il gettito di breve periodo, con effetti pro-ciclici sulle banche proprio quando la loro funzione di trasmissione della politica monetaria e di finanziamento degli investimenti richiederebbe regole fiscali più neutrali e meno volatili.

La sfida è conciliare esigenze di bilancio pubblico e stabilità del credito: si raggiunge l’equilibrio non moltiplicando eccezioni e “tetti”, ma rafforzando coerenza, semplicità e prevedibilità del prelievo.

 

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