I COMMENTI DALLA CINA

Crack Evergrande: la crisi e i rischi del più grande colosso immobiliare del Dragone

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Crisi scongiurata, almeno per ora. La Pboc inietta liquidi e le banche creditrici tirano un sospiro di sollievo, ma intanto a Pechino è pronta la resa dei conti. Un duro colpo per la Cina, ma una vittoria per la riforma morale voluta da Xi: la palla è nella mani del Governo e si parla di spacchettamento della compagnia secondo il modello HNA

Shenzhen, Zhuoyue Houhai Center. Qui da circa due mesi, centinaia di poliziotti circondano in tenuta antisommossa il perimetro del modernissimo grattacielo dove al 43° piano ha il suo quartier generale Evergrande. Negli ultimi giorni è infatti esplosa la rabbia e disperazione di piccoli risparmiatori beffati dal fantasma del crack di uno dei simboli del capitalismo cinese. «La situazione è esplosiva, speriamo si risolva presto. La rabbia è palpabile e comprensibile», ha commentato lapidario Liu Guozhou, responsabile dell’Ufficio di pubblica sicurezza della città di Shenzhen.

La notizia è oramai nota. Evergrande, il principale colosso del settore immobiliare in Cina, è a un passo dal default. Nelle settimane scorse il suo rating è stato declassato a CC da Fitch, ed a CA da Moody's.  Con circa $304 miliardi di debiti e cantieri per 800 complessi residenziali mai terminati, nei giorni scorsi si è diffusa la voce che il gruppo prevederebbe di interrompere i pagamenti degli interessi sui prestiti a due delle principali banche creditrici: CITIC Bank e Mingsheng Bank. Il risultato è stato un tracollo del titolo in borsa, il 10%, portandosi a strascico buona parte delle principali piazze finanziarie mondiali.

Quale l’origine dei problemi di Evergrande? La storia della crisi

Metà anni ‘90. La Cina vive appieno il boom delle politiche di Riforma ed Apertura di Deng Xiaoping. È l'epoca della nascita dei colossi privati, soprattutto edilizi. Xu Jiayin, nel lontano 1996 decide di fondare Evergrande e buttarsi sul mattone. Il momento è più che propizio dato che l'urbanizzazione e la crescita rapidissima della classe media cinese saranno le variabili che faranno decollare il gruppo rendendolo il più grande in Cina. Le prime 323 abitazioni targate Evergrande vengono vendute all'istante e la neonata azienda arriva costruire ben 600 mila appartamenti all'anno.

In breve Xu Jiayin diventa l’uomo più ricco del paese e poi d’Asia. Elevato a vero campione della nuova imprenditoria dell’ex Celeste Impero, la strada sembra in salita. Nel 2009 Il gruppo si quota ad Hong Kong e nel mentre investe in diversi settori come turismo, veicoli elettrici, acqua in bottiglia e persino calcio. Nell'ottobre 2017, il patrimonio di Xu veniva stimato circa di $45,3 miliardi, ma oggi quel patrimonio è crollato, se possiamo dire, a poco più di $9 miliardi.

Una storia di successo, con molti scheletri nell’armadio. Per gli analisti il malsano modello di business di cui Evergrande ha abusato negli anni è il vero vaso di Pandora. «Da sempre in Cina, gli imprenditori nel settore edilizio hanno basato la loro crescite su queste tre varianti: fatturato elevato, profitto lordo elevato e leva finanziaria elevata. Un vero circolo vizioso. Questi utilizzano il denaro preso in prestito per acquisire terreni e successivamente raccolgono denaro tramite prevendita ancora prima che i progetti iniziano, per poi investire altro denaro preso in prestito  in nuovi progetti», ha fatto notare Zhu Liangtao, di Caixin. Nella pratica Evergrande vendeva appartamenti richiedendo un pagamento anticipato e dall’altra si indebitava per comprare terreni edificabili e completare i progetti, ma i ritmi folli di costruzione hanno portato ad accumulare un debito sempre più grande.

Negli anni Evergrande ha passato diverse tempeste di crisi di liquidità, arrivando in porto sempre indenne, ma ora la situazione è cambiata. «Le case sono fatte per essere abitate, non per specularci sopra», tuonò nel 2017 Xi Jinping. Pechino ha infatti introdotto diverse norme al fine di frenare la speculazione edilizia, tra cui anche parametri più severi per accedere ai prestiti. Nonostante il profitto record di 72 miliardi di yuan nel 2018, dietro le quinte Evergrande ha speso più di 100 miliardi di yuan all'anno in interessi.

Anche negli anni buoni, l'azienda ha sempre avuto un flusso di cassa operativo negativo, con liquidità insufficiente per coprire i prestiti a breve termine con scadenza entro un anno e con entrate di prevendita insufficienti per pagare i fornitori. Oltre a prendere in prestito dalle banche, Evergrande ha preso in prestito soldi persino da dirigenti e dipendenti, come il prodotto di crowdfunding caoshoubao. Con la promessa di un interesse annuo del 25%, Evergrande ha convinto in molti a sborsare denaro, salvo poi chiedere al momento del rimborso, proroghe di due anni. Più di un acquirente ha affermato che si è visto ricevere  un rendimento annualizzato dal 4% al 5% negli ultimi anni, molto al di sotto del rendimento promesso del 25%.

“Not too big to fail”, lo scossone dei mercati e le mosse della Banca centrale cinese

Il caso Evergrande ha spaventato non poco i mercati. Cruciale a tale proposito è il capitolo dei fornitori. Secondo una stima di S&P dello scorso agosto, nei prossimi 12 mesi Evergrande dovrà fare fronte a pagamenti per circa $37,1 miliardi a fornitori e contractor, e il mancato rispetto di questi impegni potrebbe portare alla crisi numerose aziende. Di qui la paura di un effetto domino da un potenziale collasso di Evergrande in Cina ha provocato un ampio sell-off. A perdere di più sono stati, nell’ordine, prima i big tech e poi i bancari. Per ora la situazione pare essersi assestata, ma i campanelli d’allarme sono sempre all’erta.

Tuttavia, come ammettono gli esperti di Caixin, Evergrande non è una nuova Lehman Brothers. Il colosso conta sì per il 2% del Pil cinese, ma la Banca Centrale cinese sembra essersi già mossa in anticipo. Già a maggio di quest’anno, l’istituto guidato da Yi Gang ammonì le banche dal ridurre la loro esposizione nei confronti di Evergrande, mentre a settembre la Pboc ha avviato una serie di stress test che, secondo i risultati, hanno messo in evidenza le basi solide del sistema bancario cinese. Un dato sottolineato anche dagli analisti.

Dopo la dichiarazione alla Borsa di Shenzhen che effettuerà il pagamento di interessi obbligazionari dando così sollievo ai mercati, Evergrande ha allontanato per ora lo spettro bancarotta. Il gruppo ha infatti affermato, dopo aver trovato un accordo con i titolari della emissione obbligazionaria, di poter onorare i “232 milioni di yuan di coupon onshore con scadenza 23 settembre”. Nulla è stato invece comunicato sui pagamenti degli interessi degli offshore bond. Tuttavia la comunicazione alla Borsa di Shenzhen è arrivata in seguito alla decisione della Banca centrale cinese di iniettare circa $18,6 miliardi nel sistema bancario attraverso accordi di “reverse repo”. “Benché non intervenendo direttamente, la Pboc ha di fatto iniettato liquidità per creare un vero cordone salvagente per le sue banche nel caso la situazione si faccia realmente nefasta”, ha dichiarato Kenji Kawase, di Asia Nikkei, “ora la palla passa a Pechino”, ha sostenuto l’analista giapponese.

Xi Jinping: “Le case sono fatte per essere abitate, non per specularci sopra” : Il nodo terreni edificabili

Sicuramente Evergrande dovrà apportare una ristrutturazione del suo debito. La vera questione è su come ciò avverrà. Posto che la Pboc, per le parole dello stesso Yi Gang, non interverrà direttamente con aiuti pubblici diretti, molto probabilmente Pechino supervisionerà l’evolversi dei fatti. Voci ben informate hanno fatto sapere che il governo ha già avvisato che il settore immobiliare è chiamato ad operare in maniera più sana, senza procedere ad un modello di business incentrato unicamente sul sistema di debito e prestito.

Sicuramente Evergrande dovrà vendere qualche asset, si parla già di una trattativa con Xiaomi per la vendita della sua piattaforma di compravendita di auto elettriche, ma il nodo rimangono le terre. «Evergrande ha un portfolio di terreni edificabili, vera merce rara in Cina, grazie al quale potrebbe estinguere rapidamente il suo debito, eppure Xu Jiaying si è detto inamovibile sulla cessione di un solo ettaro di terreno”, ha detto Cheng Bo di Caixin. Bisogna vedere come reagirà Pechino ai continui niet di Evergrande. Tante sono le implicazioni, anche politiche, cui tenere a mente, ma sicuramente la parabola dello stesso Xu, una volta uomo più ricco di Asia, è arrivata al capolinea. Sicuramente è un duro colpo per l'imprenditoria Made in China, ma una vittoria per la riforma morale per una “prosperità comune" voluta da Xi Jinping.

Pechino non tollererà alcun contraccolpo sia sociale che alla sua stabilità interna, ed in molti già ipotizzano ad un “commissariamento” dall’alto nel processo decisionale del colosso. «Per ora si lavora ad un approccio simile al caso HNA», ha affermato Kenji Kawase. «HNA, con debiti per oltre $75 miliardi è stata di fatto commissariata dal governo. Un incaricato di Pechino ha riorganizzato il conglomerato dividendolo in quattro unità distinte, rendendolo nuovamente produttivo ed ha trovato un investitore statale per il suo prodotto di punta, Hainan Airlines. La società sopravvivrebbe, ma espellerebbero la direzione», ha detto Kawase. Sicuramente lo spettro di default di Evergrande è una delle sfide economiche più insidiose cui la leadership cinese dovrà rispondere. Ora la palla passa nelle mani di Xi e del suo team economico.