dati europol e UIF

Il riciclaggio di denaro è sempre più un’industria

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Una vera e propria industria del riciclaggio di denaro è indispensabile alla criminalità organizzata. Come sottolinea l’Europol, nel suo recente report “The Other Side of the Coin: An Analysis of Financial and Economic Crime”, il 70% delle organizzazioni criminali europee si avvale dell’ecosistema di aziende, corrotti e corruttori specializzati nel riciclaggio.

La stessa continuità delle attività illecite dipende dalla manutenzione di questa rete di aziende complici, di corrotti e di corruttori: attività e professionisti che facilitano l’integrazione dei progetti criminali nell’economia legale.

E lo sfruttamento delle nuove opportunità tecnologiche, normative e di mercato.

L’attenzione alla tecnologia

Un esempio arriva dai sistemi utilizzati dalla criminalità per riciclare i proventi illeciti, elencati dall’Europol.

Restano in voga alcuni strumenti per così dire tradizionali, come l’utilizzo di reti informali per trasferire fisicamente il denaro. Ma cresce anche il ricorso a strumenti digitali.

Il primo pensiero potrebbe andare alle criptovalute, il cui uso da parte delle organizzazioni criminali risulta effettivamente in forte crescita.

Ma la stessa Europol ammette che meno dell’1% del transato complessivo in asset cripto riguarda usi illeciti. Al di là dei pregiudizi, quindi, i numeri fotografano una realtà molto diversa, soprattutto considerando la tracciabilità dei movimenti on chain e i recenti sequestri di asset cripto messi a segno da alcune autorità.

Ampiamente sfruttate, invece, dalla criminalità organizzata sono neobanche e banche digitali, specie quelle che, in assenza di filiali fisiche, si affidano a sistemi ampiamente automatizzati per le operazioni di KYC e AML. Facendo leva su eventuali falle per “bucare” i controlli e attivare conti di pagamento da utilizzare per attività illecite di diverso tipo.

Proprio le truffe online sarebbero alla base dei provvedimenti presi, in passato, da Regolatori di altri Paesi UE verso alcune neobanche.

L’attenzione alle novità tecnologiche emerge anche dall’ampio uso di IBAN virtuali, che mascherano l’identità del conto bancario principale, complicando l’identificazione di transazioni sospette, specie in caso di pagamenti internazionali.

Gli investimenti

I proventi illeciti vengono poi ampiamente investiti nell’economia legale, utilizzando alcune attività apparentemente legittime per riciclare denaro.

Indicativo l’aggettivo utilizzato da Enzo Serata, Direttore dell’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia, nell’Audizione alla Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Mafie dello scorso 31 luglio: queste imprese sono infatti “mimetizzate”.

Alcune sono infiltrate dalla criminalità per realizzare attività illecite. Altre sono di puro investimento e non vengono direttamente coinvolte in nulla di illegale: generano ulteriori profitti e potenziano le relazioni con il tessuto imprenditoriale e amministrativo del territorio.

Spesso, poi, il legame con la criminalità organizzata si trasforma in un vantaggio competitivo: l’azienda accede a risorse finanziarie senza costi aggiuntivi, oppure ottiene commesse e ordini da altre imprese infiltrate, oppure può sbaragliare i concorrenti grazie a violenze e intimidazioni.

La situazione di permacrisi iniziata nel 2020 rende ancora più appetibile l’infiltrazione delle attività economiche da parte della criminalità. Per le imprese finanziarsi è più difficile e costoso, visto il rialzo dei tassi di interesse.

Al contempo, l’inflazione galoppante e l’aumento dei costi, specie delle materie prime, ha rapidamente messo aziende prima in ottima salute in una situazione di potenziale difficoltà. Facili prede per chi ha liquidità in abbondanza.

Secondo i dati della UIF, il 2% delle realtà iscritte al Registro delle Imprese è potenzialmente prossimo a contesti di criminalità organizzata in senso ampio, cioè a quei rapporti di contiguità che forniscono servizi illegali e creano reti di interesse.

Parliamo di 106mila aziende, da cui passano somme riciclate per circa 25-35 miliardi, tra l’1,5% e il 2% del PIL nel periodo 2018 e 2022.

Soprattutto, parliamo di una economia criminale che osserva il mercato e gioca secondo le sue regole, attenta a cercare di cogliere le opportunità che si presentano, come i bonus fiscali legati all’edilizia o i progetti del PNRR.

Il modello As a Service

Queste filiere dedicate al riciclaggio di denaro non sono solo collegate all’economia legale, ma interagiscono anche tra di loro e con organizzazioni criminali minori.

Sia la UIF sia l’Europol sottolineano l’affermarsi di un vero e proprio modello di “riciclaggio as a Service”, in cui uno schema di money laundering collabora con altri soggetti criminali “esterni”, riciclando per loro conto in cambio di una commissione, variabile tra il 5% e il 20% (il dato proviene dall’Europol).

Si delinea addirittura una vera e propria divisione del lavoro tra organizzazioni criminali di matrice diversa, con legami internazionali e inquietanti contatti con il mondo del traffico di esseri umani, funzionale sia allo sfruttamento della manodopera in nero sia all’intercettazione dei fondi previsti dalle amministrazioni pubbliche per l’accoglienza dei migranti.

I numeri della UIF

  • 150mila Segnalazioni di Operazioni Sospette ricevute nel 2023 (-3% rispetto al 2022)
  • 28.219 SOS a rischio collegamento con la criminalità organizzata. Il 24,5% ha ricevuto feedback positivo dagli Organi investigativi e dalla Direzione Nazionale Antimafia

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di settembre 2024 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop