Entro la fine del 2024, le banche dovranno definire un piano di sostituzione del tasso Euribor: ed è arrivato il momento di cominciare a pensarci.
Prima di entrare in argomento, alcune premesse sono doverose al fine di accompagnare il lettore nella comprensione di una vicenda che, pur toccando potenzialmente una amplissima platea, è poco conosciuta ai più, a causa del suo elevato e intrinseco tecnicismo.
Cosa sono i tassi interbancari di riferimento
I tassi interbancari (IBOR) come il London Interbank Offered Rate (LIBOR) o il US Libor (per i prodotti espressi in dollari americani), sono tassi di riferimento o “benchmarks” pubblicati con periodicità prestabilite e che, calcolati con diverse metodologie, si propongono di offrire una rappresentazione “oggettiva” dell’andamento del costo associato al prestito di una determinata valuta nel mercato interbancario.
Essi sono stati utilizzati per anni (e, alcuni, lo sono ancora come l’Euro interbank offered rate (Euribor) attivo fin dalla nascita dell’euro il 4 gennaio 1999) come parametri di riferimento per i mutui, i finanziamenti e altri più sofisticati prodotti finanziari (notes e bonds, prodotti derivati, etc.) aventi tasso di interesse variabile.
Come vengono calcolati i tassi interbancari di riferimento
Prendiamo come esempio l’Euribor.
L’Euribor è un tasso interbancario pubblicato giornalmente dalla European Money Markets Institute (EMMI).
Esso rappresenta la media dei tassi di interesse ai quali primarie banche attive nel mercato monetario dell’euro (sia nell’eurozona che nel resto del mondo) offrono (rectius: si dichiarano disponibili a offrire), ad altre primarie banche, depositi interbancari a termine in euro.
Un ruolo fondamentale nel calcolo dell’Euribor è rivestito dal panel delle banche (un gruppo di 19 banche tra le principali banche europee di rilievo internazionale e attive nel mercato monetario dell’euro) che fornisce i tassi di interesse entro le 10:45 di ogni giorno di apertura del sistema TARGET per diversi orizzonti temporali che variano nel range compreso tra una settimana e un anno.
La crisi dei tassi interbancari di riferimento
Un punto di svolta nella prassi bancaria riguardante i tassi di riferimento si è avuto nel 2013, quando la Commissione Europea ha accertato una manipolazione dell’indice Euribor avvenuta tra il 2005 e il 2008.
In particolare, secondo la Commissione, alcune fra le principali banche europee (Barclays Bank, Deutsche Bank, Société Générale e Royal Bank of Scotland) crearono una vera e propria intesa tra imprese, un c.d. cartello (vietato dall’art. 2 della L. 287/90), volta a manipolare il parametro di riferimento dell’Euribor.
Questa vicenda, per quanto specificatamente riguarda l’Italia, ha portato, inter alia, alla recente sentenza della Corte di Cassazione n. 34889/23 del 13 dicembre 2023 ai sensi della quale, per la prima volta e con risvolti potenzialmente dirompenti, si è deciso che, a determinate condizioni, i tassi Euribor per mutui, finanziamenti, leasing e contratti di credito per il periodo tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008 possono essere dichiarati nulli e non solo nei confronti delle quattro banche direttamente coinvolte nello scandalo e condannate dalla Commissione Europea ma anche nei confronti di banche che, pur non presenti nel panel (steering commitee) e non avendo dunque concorso alle manipolazioni, hanno utilizzato il parametro Euribor nei rapporti con la propria clientela generando profitti potenzialmente “ingiustificati” con conseguente obbligo di indennizzo/restituzione.
È presto per dire se questa sentenza avrà un seguito e, eventualmente, in quale misura. Non è presto per sottolineare quanto essa rappresenti un cambiamento di passo nella considerazione dell’Euribor che, da mera problematica tecnica per addetti ai lavori, fa ora prepotente ingresso nella realtà di tutti i giorni di imprese e cittadini.
Senza ora volerci dilungare troppo sullo scandalo legato alle manipolazioni del tasso Euribor, osserviamo come anche a seguito dello stesso molte banche centrali e autorità finanziarie internazionali abbiano iniziato a riconsiderare questi parametri di riferimento dei tassi d’interesse rendendosi conto di quanto essi possano diventare un vero e proprio rischio sistemico per l’economia.
La rivoluzione a piccoli passi. Tra tassi di riferimento forward looking e backward looking
La principale criticità riscontrata dalle autorità finanziarie nei tassi interbancari di riferimento del tipo “LIBOR” o “Euribor” è stata individuata nel concepirli come tassi prospettici (forward looking) e quindi, in qualche misura, aleatori e poco precisi, essendo basati su dati previsionali dettati da un panel di banche.
Al fine di ovviare possibili manipolazioni, la sostituzione dovrebbe dunque avvenire in favore di benchmark maggiormente trasparenti, più oggettivi e, magari, basati su rilevazioni di dati reali, passati e dunque verificabili (c.d. tassi backward looking).
Da qualche anno, la volontà delle autorità finanziarie di migrare verso benchmark più oggettivi e affidabili ha avuto quale conseguenza l’introduzione di modifiche e riforme nella materia dei tassi interbancari.
Più nel dettaglio:
1. I casi di discontinuità. Alcuni tassi interbancari hanno subito stringenti modifiche e riforme. In particolare:
(a) LIBOR. Con riguardo alle valute in sterline e in dollari, è stata interrotta la pubblicazione del LIBOR 1 settimana e 2 mesi dal 31 dicembre 2021;
(b) EONIA (Euro Overnight Index Average). Il tasso Eonia è stato riformato nell’ottobre 2019 ed è stato interrotto il 3 gennaio 2022;
(c) EURIBOR (Euro InterBank Offered Rate). Il tasso Euribor è stato riformato nel 2019 ed è ora conforme al Regolamento Benchmark (di cui più dettagliatamente in prosieguo). Nel gennaio 2022 l’ESMA ha sostituito l’FSMA belga come supervisore dell’Euribor.
2. Clausole di “fallback”. Al fine di minimizzare il rischio che uno o più tassi IBOR possano essere dismessi, le istituzioni finanziarie sono state sempre più incentivate a prevedere nei contratti finanziari le c.d. “clausole di fallback”: previsioni contrattuali che, ove presenti, indicano il tasso alternativo o il procedimento da seguire per la sua determinazione nel caso in cui il tasso contrattualmente previsto non sia temporaneamente disponibile, qualora lo stesso cessi di essere fornito o ne venga dichiarata la non rappresentatività da parte di un’autorità competente.
3. Tassi “risk free”. Le autorità finanziarie internazionali si sono adoperate per identificare ed elaborare benchmark alternativi, solidi e affidabili, adatti per diversi scopi ed esigenze del mercato: i risk-free rates o RFR. Gli RFR sono di natura diversa rispetto ai tassi IBOR.
Innanzitutto, sono tassi di riferimento overnight, mentre gli IBOR presentano una struttura a termine (cioè sono pubblicati su più tenori, dall’overnight fino a 12 mesi).
Ciò comporta che la componente di rischio di credito degli RFR (cioè il rischio che il mutuatario, alla scadenza pattuita, non riesca a effettuare i pagamenti richiesti dal contratto) sia trascurabile.
Questo è dovuto alla scadenza molto breve degli RFR rispetto agli IBOR che, come già menzionato, di solito presentano una componente di rischio legata a scadenze più lunghe.
Gli RFR, inoltre, forniscono una rappresentazione solida e accurata dei tassi di interesse nei principali mercati monetari: questi benchmark si basano su mercati molto più spesso rispetto ai loro predecessori, in quanto derivano da transazioni effettive in mercati attivi e liquidi.
Gli IBOR, invece, possono incorporare stime sul livello dei tassi di mercato effettuate dal panel di banche contribuenti.
4. Regolamento Benchmark e Art. 118-bis del TUB.
La transizione dal regime di tassi di riferimento incentrato sul tasso interbancario (interbank offered rates (IBOR)) verso il regime basato su un nuovo insieme di tassi overnight privi di rischio (overnight risk-free rates (RFR)) è, come sopra delineato, un processo articolato e che richiederà del tempo, in quanto impatta su un’ampia gamma di prodotti finanziari e bancari.
Questa situazione di incertezza ha portato il legislatore europeo ad aggiornare la normativa comunitaria in materia di indici di riferimento utilizzati in strumenti finanziari e contratti finanziari, mediante il Regolamento (UE) 2016/1011 dell’8 giugno 2016 (il “Regolamento Benchmark”).
Tra le più importanti novità introdotte dal Regolamento Benchmark deve essere menzionato l’obbligo, in capo alle entità sottoposte a vigilanza, della redazione (e mantenimento) di “solidi piani scritti” volti a prevedere e regolamentare le azioni che tali entità intendono intraprendere in caso di sostanziali variazioni di un indice di riferimento.
In particolare, l’art. 28, par. 2 del Regolamento Benchmark prevede che tali entità debbano, inter alia:
(a) designare uno o più indici di riferimento alternativi a cui si possa fare riferimento per la sostituzione di quelli cessati o variati; e
(b) fornire aggiornamenti rispetto ai “piani scritti” nella relazione contrattuale con i clienti.
Con riferimento all’Italia, in ottemperanza al Regolamento Benchmark, il 10 gennaio 2024, ai sensi dell’art. 3 del D. Lgs. 7 dicembre 2023, n. 207, è entrato in vigore il nuovo art. 118-bis del D. Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (il TUB). L’art. 118-bis del TUB:
(a) introduce il nuovo meccanismo di regolazione preventiva dei rapporti contrattuali in caso di variazione sostanziale o cessazione di un indice di riferimento (i.e. previsione di “piani interni” per ciascuna entità sottoposta a vigilanza);
(b) disciplina le modalità di pubblicazione e comunicazione alla clientela dei “piani interni”, nonché l’aggiornamento degli stessi;
(c) garantisce una maggior tutela alla clientela, sancendo l’inapplicabilità dell’art. 118 del TUB in materia di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali in relazione alla fattispecie disciplinata dal medesimo art. 118-bis del TUB.
Conclusioni
Nonostante l’Euribor sia a oggi conforme ai requisiti previsti dal Regolamento Benchmark e non sia dunque strettamente necessario procedere a una “Euribor transition” verso altri tassi come accaduto con il Libor, esso potrebbe comunque essere dichiarato non rappresentativo o cessare di essere pubblicato nei prossimi anni, se non riuscirà a rispettare i criteri di trasparenza richiesti dal regolamento stesso.
In questo contesto, le autorità di regolamentazione internazionali esortano, in ogni caso, gli operatori del mercato a continuare a orientarsi verso una migrazione agli RFR, anche in considerazione delle positive esperienze che essi stanno avendo a livello globale e nei mercati più avanzati.
La normativa italiana si è dunque aggiornata portandosi avanti e introducendo un utile meccanismo di auto-aggiornamento all’art. 118-bis TUB.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di marzo 2024 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop.