ANALISI SCOPE RATINGS

La dismissione delle partecipazioni governative rilancerà il Risiko bancario in Europa?

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La partita UniCredit – Commerzbank è probabilmente appena iniziata. Ma nel 2025 il tema delle fusioni bancarie transnazionali potrebbe tornare alla ribalta in tutta Europa, con l’Italia tra i protagonisti.

Un recente paper di Scope Ratings ha infatti riportato l’attenzione sulle partecipazioni governative nelle banche nazionalizzate. Dopo i “salvataggi” della crisi finanziaria, infatti, diversi istituti vedono ancora quote significative di proprietà nelle mani dei rispettivi governi.

Dal 2022 in poi il nuovo scenario, complice la risalita dei tassi, ha fatto partire le operazioni di dismissione di queste partecipazioni.

I governi europei nelle banche

Il governo tedesco ha ridotto la sua partecipazione in Commerzbank al 12,11%, mentre quello italiano, ha venduto una quota del 12,5% di Banca Monte dei Paschi di Siena, riducendo la sua partecipazione complessiva al 26,73%. Le quote governative sono ora al 15,99% in NatWest, 40,5% in ABN AMRO, 22% in Allied Irish Banks (Irlanda) e 8,9% nella greca National Bank of Greece.

Ancora bloccata, invece, la situazione di De Volksbank nei Paesi Bassi e della belga Belfius Bank.

Un interlocutore ingombrante

La riduzione delle partecipazioni statali segue un processo di de-risking e ristrutturazione, ma la riduzione della ingombrante presenza governativa è essenziale per aprire la strada a fusioni e acquisizioni, anche transfrontaliere. Qualunque acquirente, per quanto big, resta comunque un’impresa privata che si trova a negoziare con un governo sovrano straniero. Un compito non banale.

Le logiche di business

Sull’opportunità di un M&A europeo ci si interroga, in realtà, già da diversi anni. Ci sono dubbi sulle sinergie di ricavo derivanti, ad esempio, dall’espansione della rete distributiva in un nuovo mercato, che presenta rischi di esecuzione importanti.

Scope Ratings intravede delle potenzialità nella diversificazione geografica, per ridurre la volatilità della performance, specie combinando paesi core e periferici dell’Area Euro, diluendo l’esposizione al rischio sovrano.

Non a caso si guarda con attenzione alle banche francesi, decisamente esperte nella presenza in mercati esteri, specie in Italia e in Belgio.

Altri vantaggi potrebbero derivare da economie di scala in ambito tecnologico: è questa è una significativa novità rispetto al decennio scorso, quando il digital banking stava ancora muovendo i primi passi e la capacità di investire in tecnologie come cloud, intelligenza artificiale e gestione dei dati non si erano ancora dimostrati così cruciali per lo sviluppo del business.

Resta da vedere se e quanto le prossime dismissioni delle partecipazioni governative daranno slancio a una ripresa dell’M&A bancario su scala europea. Non è solo una questione di business: come insegna il caso Commerzbank, la partita è anche, forse soprattutto, politica.