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Sanzioni: il Venezuela accelera l’adozione delle cryptovalute per l’export di petrolio

Petrolio Venezuela criptovalute

Come riportato da diversi media online, la compagnia petrolifera nazionale del Venezuela, la PDVSA, starebbe prevedendo un maggiore uso di valute digitali per le proprie esportazioni di greggio e carburante.

Anticipando così l’imposizione di nuove sanzioni sul greggio di Caracas da parte degli Stati Uniti.

A fine maggio 2024, infatti, scadrà la licenza generale con cui le aziende importano petrolio dal Venezuela: il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha infatti deciso di non rinnovare questo provvedimento.

Nel giro di poche settimane, l’esportazione e la produzione di petrolio in Venezuela potrebbe essere rallentata: i clienti di PDVSA dovranno infatti attendere singole autorizzazioni ad hoc da parte del governo americano, prima di potere concludere transazioni e affari con la Compagnia.

Un film già visto

Da qui la decisione di spostarsi verso crypto asset. Già dal 2023 il Venezuela ha avviato un graduale spostamento di sempre più transazioni verso USDT. Se torneranno le sanzioni petrolifere, questo processo sarà accelerato per evitare il rischio che i proventi delle vendite del petrolio finiscano congelati, in dollari, in qualche conto bancario esteso.

Lo stesso Ministro del Tesoro Venezuelano, Pedro Tellechea, ha dichiarato che le valute digitali potrebbero essere il metodo preferito per alcuni contratti.

L’alternativa al dollaro

Il dollaro statunitense è da oltre 150 anni la valuta per le transazioni nel mercato petrolifero ed energetico globale: persino l’OPEC non è riuscita ad adottare stabilmente una valuta alternativa. Riusciranno le criptovalute a farcela?

Attenzione alla corruzione

PDVSA potrebbe comunque non essere un testimonial ideale per le criptovalute. Parliamo di un’azienda travolta nel 2023 da uno scandalo legato a corruzione da 21 miliardi di dollari, legato a crediti non contabilizzati e relativi ad anni di esportazioni di petrolio.

Come funziona

In un numero crescente di operazioni, PDVSA ha previsto da contratto il pagamento del 50% del valore del carico in USDT.

A ogni nuovo cliente viene richiesto di possedere un wallet digitale per criptovalute. Inizialmente senza specificare la possibilità di acquistare una determinata partita di petrolio in USDT.

Da ottobre 2023 molti operatori del settore energetico si sono rivolti a intermediari per riuscire a soddisfare questi requisiti. Banalmente: le transazioni in USDT sono ancora qualcosa di insolito per l’acquisto di petrolio e le aziende acquirenti non dispongono “in casa” degli strumenti necessari.

Stiamo parlando di imprese enormi, in cui gli strumenti di contabilità, tesoreria e gestione dei pagamenti sono stratificati e spesso integrati tra loro con costose customizzazioni. In questa prima fase, quindi, è comprensibile che si siano rivolti all’esterno.

Ma c’è anche un’altra ragione.

Aggirare le sanzioni

Rivolgersi a intermediari significa eludere le sanzioni, perché non si crea un rapporto diretto tra importatore ed esportatore venezuelano, ma è presente un terzo attore nel mezzo che transa in USDT. Il Venezuela si rivolge spesso ad aziende cinesi.

Per chi importa, passare da un intermediario significa pagargli delle commissioni, e quindi ridurre i propri profitti.

Con il ritorno alle sanzioni, è estremamente improbabile che improvvisamente il Venezuela rinunci a fonti di ricavi così importanti come il petrolio e il gas. O che assuma una politica più accondiscendente verso gli Stati Uniti.

Vedremo se, e come, l’utilizzo di criptovalute consentirà al governo di Caracas di resistere alle misure americane.

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