Analisi di CRIF. Il crollo del fatturato dovuto al Covid non verrà recuperato nel 2021

La pandemia da Covid-19 ha generato uno shock economico che ha colpito duramente l’economia reale, con un sostanziale blocco degli investimenti e del mercato del lavoro, che ne ha accentuato ulteriormente gli effetti negativi. Il quadro congiunturale si caratterizza, però, per un’elevata eterogeneità degli effetti sia a livello settoriale, sia per singola impresa.

Lo shock sta infatti producendo, e continuerà a produrre nel prossimo biennio, effetti fortemente differenziati. A questo riguardo, l’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio Pulse realizzato da CRIF sottolinea come il crollo del fatturato delle imprese italiane registrato nel 2020 non verrà recuperato interamente nel 2021 (Figura 1), quando le stime di crescita sono del +7,5% a fronte di una perdita attesa del 11,1% nel 2020. Sarà invece necessario attendere il 2022 (+2,7% vs 2019) per tornare ai livelli pre-crisi. Anche in termini di marginalità attesa, nel 2022 proseguirà il trend di ripresa iniziato nel 2021, riallineandosi con il livello pre-crisi anche se non totalmente.

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Le previsioni di impatto sui diversi settori

Ciononostante, sia sul fronte delle dinamiche di fatturato che di marginalità operativa (Figura 2), diversi comparti economici sono previsti rimanere ben al di sotto dei livelli pre-crisi finanche nel 2022, a testimonianza dell’orizzonte di medio termine necessario ai settori più colpiti per tornare sui livelli di operatività ordinaria. Dalle previsioni settoriali emerge come i comparti più colpiti sotto l’aspetto di ricavi e margini operativi siano quelli correlati alla sfera del turismo, tra cui il trasporto aereo, i servizi di alloggio e le agenzie di viaggio. Date le tempistiche necessarie per un pieno ritorno alla normalità post pandemia questi tre micro-settori continueranno a presentare anche nel 2022 un fatturato inferiore di circa il 20% alla situazione pre-Covid.

Fortemente colpiti saranno anche il settore del commercio di autoveicoli (-4% di fatturato e -6,6% di marginalità – 2022 vs 2019) e quello delle costruzioni, per quanto quest’ultimo, potendo beneficiare di misure di supporto specifiche introdotte dal Governo (es. “Ecobonus”), ci si attende possa riuscire, quantomeno in termini di fatturato, a riassorbire già nel 2022 gli impatti della pandemia (+2,3% rispetto al 2019).

Viceversa tra i micro-settori che più di ogni altro coglieranno le opportunità di ripresa e di crescita vi sono quelli che hanno intercettato prontamente le esigenze emerse nella nuova normalità generata dalla pandemia, tra cui servizi postali e le attività di corriere, hosting e siti web, produzione ed edizione di software e i servizi connessi alle telecomunicazioni, tutti con tassi di crescita del fatturato 2022 in doppia cifra rispetto al 2019. Dal punto di vista della marginalità operativa, buona parte del comparto manifatturiero (es. Prodotti metallici, Tessile e abbigliamento…) continuerà a beneficiare nel medio termine delle misure volte all’ottimizzazione dei processi e della base costi, messe in atto per fronteggiare la pandemia.

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Gli impatti della crisi pandemica sul profilo finanziario delle imprese

Accanto ai riflessi sul fronte strettamente economico, specie in un’ottica di rischio creditizio, vanno poi considerati attentamente gli impatti sotto il profilo finanziario che le aziende dovranno affrontare anche nell’anno in corso. Dallo studio emerge che buona parte dei settori economici continueranno a mostrare per l’intero 2021 Free Cash Flow negativi per effetto della contrazione di fatturati e margini operativi e dell’allungamento del ciclo del capitale d’esercizio, solo parzialmente compensabili tramite la riduzione o il rinvio degli investimenti.

Tale situazione, combinata alle importanti scadenze di debito finanziario a breve termine, per quanto in parte rinviate e rimodulate tramite il ricorso allo strumento delle moratorie e alle varie forme di credito supportato da garanzie statali, creerà per numerosi settori e aziende l’esigenza di reperire significativi importi di nuova finanza entro il 2021, sino a raggiungere per i settori più colpiti (e.g. turismo) e/o finanziariamente più esposti (e.g. agricoltura) percentuali di fabbisogno prossime al 50% del fatturato.

La resilienza alla crisi

A questo proposito, un’analisi su un campione di oltre 700mila società di capitali non finanziarie, integrando il rating tradizionale CRIF Business Default Index (CBDI) con lo score di resilienza Covid, indicatore proprietario che tramite l’analisi congiunta di dinamiche creditizie, andamento dei pagamenti commerciali e scenari macroeconomici, ha permesso di prevedere la capacità di risposta delle imprese alla fase di downturn, evidenziando un quadro prospettico dalle molteplici sfaccettature.

Lo scenario contingente metterà infatti seriamente a rischio la stabilità dell’11% delle imprese, per le quali gli effetti della crisi andranno a incidere su strutture finanziare già molto deboli in quanto sovra indebitate, poco patrimonializzate e con carenze di liquidità che ne minano la solidità creditizia. Per un 32% di imprese che partivano da un profilo di rischio medio si prospetta un aumento della fragilità finanziaria in considerazione della forte esposizione agli impatti avversi del lockdown.

Inoltre, un 21% di imprese con un buon profilo economico finanziario potrà attraversare una temporanea difficoltà in mancanza di politiche di sostegno mirate. Al tempo stesso, solo il 35% di imprese con profilo economico finanziario solido o discreto (imprese classificate a medio e basso rischio prima dello scoppio della pandemia) mostrerà una buona capacità di risposta alla congiuntura pandemica.

 

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