CRIF. «L’open banking si basa sui dati: ma il cliente li concede solo se percepisce un vantaggio concreto»

Gaia Cioci, Senior Director di CRIF

a PSD2 ha dato al cliente la possibilità di concedere l’accesso ai dati sui propri conti correnti ad altre aziende, per ricevere servizi innovativi e più personalizzati. 

I dati sono il carburante del nuovo modello dell’open banking, che però sta crescendo forse più lentamente di quanto si immaginava qualche anno fa. 

In questo episodio di define banking next, il podcast sulla banca del futuro che AziendaBanca realizza insieme a CRIF, ne parliamo insieme a Gaia Cioci, Senior Director di CRIF.

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Alberto Grisoni. La PSD2 è ormai attiva da tre anni ed è una opportunità enorme, per le banche e per le aziende di altri settori, di migliorare la conoscenza del cliente per offrirgli un servizio migliore. Eppure, sentiamo spesso dire che questa opportunità, per ora, viene colta solo raramente. A che punto siamo in Italia?

Gaia Cioci. Sì, è così. Sono passati circa tre anni dall’entrata in vigore della Direttiva sui Pagamenti ma la rivoluzione annunciata dell’open banking non si è ancora completata. La maggior parte dei Paesi europei si trova in fase di roll-out.

Sul mercato italiano i primi approcci da parte dei player finanziari nazionali ci dicono che la user experience è un fattore critico di successo. In media il 39,5% dei clienti ingaggiati nei processi di open banking fornisce il consenso all’uso delle informazioni del proprio corrente: a completare questo processo, ad esempio inserendo le proprie credenziali, è però solo il 10% di questi. 

Abbiamo individuato tre grandi ostacoli alla condivisione dei dati sui conti e sulle transazioni. Il primo è che i processi di strong customer authentication sono poco fluidi: ad esempio, alcuni operatori richiedono una doppia autenticazione.

Ci sono anche profili di clientela che, semplicemente, sono poco inclini al digitale.

Il terzo ostacolo è invece interessante: l’assenza di un chiaro beneficio per l’utente in cambio della condivisione delle informazioni. Insieme alla user experience fluida, al cliente bisogna fare percepire l’utilità del servizio. Il cliente concede l’accesso alle informazioni se questo fa la differenza e gli porta un vantaggio: velocizzare il processo di richiesta di un finanziamento, ad esempio, piuttosto che fare leva sul pricing.

L’esperienza è fondamentale: vediamo percentuali di consenso e di attivazione effettiva molto diverse da un istituto all’altro, anche quando offrono la medesima tecnologia. A fare la differenza è, ad esempio, il momento in cui viene richiesto l’accesso alle informazioni di conto corrente: all’inizio, oppure al termine del processo. 

AG. Per alcuni ostacoli c’è molta attesa, nel settore, per aggiustamenti alla normativa che consentano di superarli…

GC. Per aumentare i livelli di adozione sarà fondamentale la razionalizzazione portata dalla terza versione della Direttiva sui Servizi di Pagamento, la PSD3, che potrebbe uniformare i requisiti di Strong Customer Authentication per garantire una user experience omogenea tra i diversi operatori.

Anche con i limiti del contesto regolatorio non maturo, restano comunque grandi potenzialità di crescita. I top performer del mercato raggiungono infatti percentuali di consenso molto più elevate della media, in alcuni casi fino al 56,1%; e al 28,1% se consideriamo chi completa il processo per l’accesso ai dati di conto corrente.

AG. I casi di successo, quindi, ci sono. Concentriamoci su di loro: quali clienti concedono l’accesso ai dati di conto corrente e per quali utilizzi?

GC. Iniziamo col dire che i dati di conto corrente rappresentano una straordinaria fonte di conoscenza del cliente, del suo profilo e dei suoi bisogni. Nel 54% dei casi a concedere l’accesso al conto corrente è una persona fisica monoreddito: abbiamo anche un 26% di multireddito e un 20% che non ha entrate ricorrenti.

Nell’80% dei casi viene concesso l’accesso a un conto principale, su cui è accreditato lo stipendio o la pensione. Il saldo medio per cliente è di circa 3.300 euro, con 3 transazioni mensili in entrata per un importo di 2.124 euro. 

Guardiamo meglio al reddito di chi sta concedendo l’accesso ai conti: il 37% dei lavoratori dipendenti si concentra nel cluster tra i 1.500 e i 2.500 euro, mentre il 35% dei clienti multireddito è tra i 2.500 e i 5.000 euro. E il 12% di questi clienti ha un risparmio medio mensile che supera il 20% del reddito.

Se guardiamo invece alle imprese, nel 90% dei casi sono PMI che fatturano meno di 2 milioni di euro.

Questi sono una serie di esempi di nuovi dati che provengono dai conti correnti e che consentono di conoscere meglio il cliente: il problema è che si tratta di dati non strutturati, che vanno interpretati tramite machine learning. 

CRIF ha sviluppato un categorizzatore multilingue, in cloud e basato su intelligenza artificiale, che abbiamo allenato su oltre 5 milioni di conti correnti e 1 miliardo di transazioni. Classifica, in base alla nostra tassonomia proprietaria, ogni transazione di conto corrente in una categoria di spesa o di entrata. E produce oltre 300 KPI costruiti per potenziare la valutazione del rischio di credito e delle opportunità commerciali, differenziando per clientela privati e imprese. 

Si possono così trovare nuove leve di creazione del valore. In questi anni abbiamo seguito oltre 20 progetti di open banking e abbiamo visto dei benefici concreti. Ad esempio, il 30% di clienti rifiutati al primo round è stato poi accettato utilizzando i dati raccolti di conto corrente. 

In un altro caso, un aumento del 50% delle pratiche deliberate automaticamente rispetto a quando accadeva con un processo tradizionale. 

O, ancora, una redemption triplicata per le campagne di cross-selling che hanno sfruttato gli oltre 200 indicatori disponibili, oppure la crescita del 7,5% dellerogato di prestiti alla clientela consumer a parità di rischio atteso in ingresso. 

Altri due casi particolarmente interessanti: in presenza di dati di conto corrente, la predittività dei modelli di Early Warning è migliorata dell8%. E abbiamo creato oltre 10 servizi e funzionalità a valore aggiunto per privati e imprese, grazie allaccesso ai dati multi-contocorrente: pensiamo, ad esempio, al Personal Financial Management. 

AG. Ci sono anche altri dati che possono trasformare i servizi offerti al cliente, cioè quelli legati alle sue attività sui canali digitali. Di recente avete stretto una partnership con FIDO, una realtà che è stata ospite nell’episodio 87 di define banking. Come state lavorando su questi dati alternativi?

GC. L’analisi della digital footprint è una fonte nuova e strategica di dati e insight, utile soprattutto per valutare i prospect, ad esempio in fase di onboarding.

Stiamo lavorando con FIDO per portare sul mercato nuovi analytics basati sui digital footprint per valutare il merito creditizio a favore di una maggiore inclusione finanziaria.

I dati relativi alla vita digitale dellutente sono particolarmente utili per diverse ragioni: il 65% degli italiani fa una richiesta di servizi da mobile e la stessa percentuale ha anche un account Amazon. 

C’è poi un 2,5% di richiedenti che compila un form usando una connessione business: quindi, probabilmente, lo fanno dal luogo di lavoro. Il 40% delle richieste arriva il pomeriggio e il 20% la sera, mentre il 30% sceglie la mattina.

 Il 50% delle richieste è collegato ad account di posta GMAIL e circa il 3% degli italiani inserisce un numero di telefono non valido. Analizzando questi dati abbiamo ricavato oltre 100 variabili che hanno correlazioni significative con il profilo di rischio del cliente.

AG. Puoi farci qualche esempio concreto?

GC. Certo. I clienti connessi di notte sono, in media, più rischiosi. Oppure se lindirizzo email non permette di verificare nome e cognome del soggetto, la rischiosità è doppia. Sono più rischiosi anche i soggetti che scrivono il proprio account solo con lettere maiuscole.

Altre informazioni utili ci arrivano dal telefono e dalloperatore telefonico. Chi si collega con Android ha un rischio medio triplo di chi si collega con MacOSX, mentre la rischiosità aumenta progressivamente con laumentare delletà del device. 

I clienti di operatori telefonici minori sono in genere più rischiosi, mentre chi ha cambiato recentemente operatore risulta essere meno rischioso. Chi si collega tramite una connessione business o ad alta velocità T1 è nettamente meno rischioso.

Un ultimo dato sullutenza telefonica: se il nome e il cognome inseriti nel form coincidono con lintestatario dellutenza telefonica, la controparte ha una rischiosità dimezzata rispetto ai casi in cui questa associazione non si verifica.

Infine, qualche spunto sui dati di altri servizi Internet. Chi ha un account Amazon ha una rischiosità inferiore rispetto agli altri, e risultano meno rischiosi anche i soggetti che hanno quattro o più account social. 

AG. Sono tutti dati che meriterebbero un approfondimento ad hoc, in futuro. Torniamo al ruolo di dati, intelligenza artificiale e tecnologia come pilastri dell’open finance. Come state lavorando per supportare la crescita del modello open?

GC. Digitalizzazione e open banking aprono la strada allopen finance e allembedded finance, fornendo ai player finanziari una straordinaria opportunità di crescita della redditività e agli utenti più servizi a valore aggiunto in customer journey semplici e integrate. 

CRIF sta lavorando concretamente ampliando lecosistema di partner che conta oggi oltre 20 player, tra cui citiamo CBI Globe e SIA sul fronte dellopen banking e dei sistemi di pagamento e contribuendo alla realizzazione di diverse iniziative sul mercato.

Una di queste è rappresentata dallAzimut Marketplace by Step. Nello specifico, CRIF tramite API di ultima generazione fornisce una soluzione smart e completamente digitale di onboarding e identificazione dellutente, di aggregazione dei conti anche internazionali e uno strumento di advisory digitale per aiutare le imprese a ottimizzare la gestione finanziaria. 

Tutto il modello di relazione con il cliente-impresa ruota attorno allesperienza del Business Financial Management: il primo step che il cliente-impresa realizza sulla piattaforma è proprio quello dellaggregazione dei conti che abilita il servizio di BFM per aggiungere valore allimprenditore e dargli una sorta di digital CFO (assistente digitale), che gli permetta di tenere sotto controllo le proprie finanze, gestire un calendario finanziario, integrare i tool di fatturazione elettronica, avere una stima dei propri flussi di cassa futuri. 

Questo servizio rappresenta un fattore di grande valore per il cliente e allo stesso tempo per STEP che può costruire unofferta targettizzata di prodotto dei player di terze parti integrate sulla piattaforma. 

I primi risultati sono promettenti: in sole 4 settimane dallavvio si sono registrate oltre 400 imprese, tutte stanno già utilizzando il servizio di Account Information Service ed hanno aggregato una media di 2,7 conti aziendali; sono state generate oltre 40 opportunità di cross selling per 12 milioni di euro di operazioni in pipeline. 

CRIF ha realizzato l’exclusive white paper “Dall’open banking verso l’open finance: i customer journey sono partiti?”. Scopri di più su CRIF Finance Next

 

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