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Collocamento Polizze: nessun obbligo di contratto scritto nel pre-MiFID

Collocamento polizze pre-Mifid

Con la recente ordinanza dell’8 marzo 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione del servizio prestato dall’intermediario finanziario quando distribuisce polizze e degli obblighi formali che da ciò conseguivano nel regime normativo precedente all’introduzione della direttiva MiFID.

Il contenzioso riguardava diverse polizze distribuite da una banca tra gennaio e febbraio del 2007, di cui gli attori avevano invocato la presunta nullità in conseguenza dell’assenza di un contratto di collocamento concluso per iscritto con i clienti che avevano sottoscritto le polizze, e quindi per violazione dell’obbligo di forma scritta dei contratti per la prestazione dei servizi di investimento previsto dall’art. 23 del TUF.

Le prime due sentenze

I clienti avevano in origine convenuto in giudizio la compagnia assicurativa emittente, che aveva chiamato in causa la banca assumendo che il distributore fosse tenuto a rispondere della violazione formale derivante dall’assenza del contratto quadro.

Il tribunale aveva accolto le domande di manleva proposte dalla compagnia, condannando l’istituto di credito a restituire direttamente ai clienti i premi che i medesimi avevano corrisposto all’assicurazione.

La sentenza era stata impugnata presso la Corte di Appello di Bari, che aveva tuttavia confermato la decisione.

La questione è stata quindi sottoposta al vaglio della Cassazione, dal momento che sotto un profilo normativo l’erroneità in diritto della pronuncia appariva in effetti più che fondata.

La normativa

È infatti pacifico che, trattandosi di polizze concluse tutte tra gennaio e febbraio 2007, si applicava già l’art. 25-bis del TUF introdotto dalla c.d. Legge Risparmio (l. 262/2005), che aveva esteso l’applicazione degli artt. 21 e 23 alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari assicurativi “in quanto compatibili”.

Tuttavia, proprio la normativa in materia di intermediazione finanziaria - nella versione precedente rispetto alla MiFID - escludeva l’obbligo della forma scritta per il contratto di collocamento, servizio nell’ambito del quale è sempre rientrata l’attività di distribuzione dei prodotti finanziari assicurativi.

L’art. 23 del TUF, nella versione vigente al momento dei fatti di causa, oltre a stabilire l’obbligo generale di forma scritta per i contratti quadro, concedeva infatti la facoltà alla Consob di “prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma”.

Il Regolamento Intermediari

Tale delega era stata appunto esercitata, e infatti la Consob, all’art. 30 del Regolamento Intermediari 11522/1998, ossia proprio nella disposizione relativa all’obbligo di forma scritta dei contratti conclusi con gli investitori, al comma 3 espressamente prevedeva che tale disposizione non si applicasse alla prestazione dei servizi:

“a) di collocamento, ivi compresi quelli di offerta fuori sede e di promozione e collocamento a distanza; b) accessori, fatta eccezione per quelli di concessione di finanziamenti agli investitori e di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari”.

Era quindi proprio in base al Regolamento Intermediari, in forza della delega prevista a livello primario nell’art 23 del TUF, che la normativa di riferimento allora in vigore escludeva espressamente che per la prestazione del servizio di collocamento fosse richiesta la preventiva conclusione di un contratto quadro avente forma scritta ad substantiam, trattandosi di obbligo che è sorto per gli intermediari solo con l’entrata in vigore della Direttiva MiFID, nel novembre 2007.

Tale dato è stato peraltro ulteriormente confermato proprio dalla Consob, che quando ha introdotto nel Regolamento Intermediari la Sezione III-bis, interamente dedicata alla “Distribuzione di prodotti finanziari emessi da banche e di prodotti finanziari assicurativi”, all’art. 36-ter ha nuovamente ribadito l’inapplicabilità dell’art. 30 del Regolamento alla distribuzione di polizze a contenuto finanziario.

Cosa ha detto la Cassazione

Nonostante tale chiara previsione normativa, sono stati tuttavia necessari ben tre gradi di giudizio per ottenere la conferma, da parte della giurisprudenza, di quanto emergeva dalle disposizioni di legge e di regolamento.

Sia il Tribunale sia la Corte di Appello, infatti, avevano condannato la banca assumendo la violazione di obbligo formale di fatto inesistente.

La Cassazione ha quindi ribaltato le due precedenti sentenze, dando ragione alla difesa della banca e confermando che nella disciplina pre-Mifid, per il servizio di collocamento, sia in generale che con riguardo alla distribuzione dei prodotti finanziari assicurativi, non era previsto l’obbligo di forma scritta del contratto.

Si tratta di una pronuncia rilevante, non solo perché ha posto rimedio a un chiaro errore di interpretazione della legge da parte dei giudici di merito, ma anche perché in questo caso la Cassazione ha sancito un principio di diritto perfettamente aderente al disposto normativo, diversamente da quanto è talvolta accaduto in passato (basti ricordare ad esempio l’interpretazione offerta dalla Suprema Corte circa l’ambito di applicazione della disciplina sullo ius poenitendi, che è stato esteso ben oltre i limiti che il legislatore aveva espressamente indicato).