Fideiussioni: la clausola «a semplice richiesta» non vessatoria per il Tribunale di Padova

La clausola «a semplice richiesta scritta» nelle fideiussioni bancarie non è vessatoria
Riccardo Stefan, Avvocato dello studio legale Casa & Associati

Con la sentenza n. 805 del 22 maggio 2025, il Tribunale di Padova ha fornito importanti chiarimenti sulla validità della clausola fideiussoria «a semplice richiesta scritta» rispetto alla normativa dettata dal Codice del Consumo, un tema di grande rilevanza per la pratica bancaria quotidiana.

La pronuncia affronta questioni cruciali per gli Istituti di credito, confermando la legittimità di prassi consolidate e offrendo certezze operative fondamentali per la gestione delle garanzie personali.

Il contesto della controversia

La vicenda trae origine dall’escussione della garanzia pubblica del Fondo PMI su un finanziamento bancario. Mediocredito Centrale, gestore del Fondo, dopo aver corrisposto alla banca l’importo dovuto in forza della garanzia, si era surrogato nelle ragioni creditorie avviando il recupero nei confronti dei fideiussori attraverso la riscossione mediante ruolo esattoriale.

I garanti contestavano la legittimità della procedura sotto molteplici profili, eccependo, in particolare, la nullità delle garanzie per violazione della disciplina antitrust e la vessatorietà della clausola di deroga al termine semestrale previsto dall’art. 1957 c.c., ex art. 33/II comma lett. t) Cod. Cons.

Le questioni affrontate dal Tribunale

Sul primo profilo, ovvero la pretesa nullità per violazione della normativa a tutela della concorrenza, il Tribunale, richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione sul punto (sentenza n. 41994/2021), ha ribadito che l’eventuale nullità dei contratti stipulati “a valle” di intese anticoncorrenziali è solo parziale, colpendo le clausole che riproducono lo schema vietato, salvo diversa volontà delle parti.

Ma il profilo di maggior interesse analizzato dalla sentenza in esame riguarda la clausola che prevede il pagamento del garante «a semplice richiesta scritta», ampiamente utilizzata nella pratica bancaria. I fideiussori ne contestavano infatti la compatibilità con l’art. 1957 c.c. e la potenziale natura vessatoria.

La ratio dell’art. 1957 c.c.

Il Tribunale ha innanzitutto ricostruito la funzione dell’art. 1957 c.c., norma cardine nella tutela del fideiussore, chiarendo che la ratio di questa disposizione è quella di proteggere il patrimonio del garante, che altrimenti si troverebbe esposto senza limiti di tempo al rischio di peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore principale a fronte dell’inerzia del creditore.

Perciò la norma impone al creditore di attivarsi entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, per evitare che il garante rimanga in una condizione di indefinita incertezza. L’attivazione tempestiva aumenta le possibilità di soddisfazione sul patrimonio del debitore principale, riducendo la necessità di escutere il garante.

La giurisprudenza si è quindi consolidata nell’affermare che, per evitare la decadenza stabilita dall’art. 1957 c.c., l’iniziativa del creditore dev’essere giudiziale (Cass. n. 19300/2005). Per essere infatti funzionale ad offrire una certezza al garante in ordine alla sua obbligazione, l’iniziativa del creditore deve essere “concreta”, per sfociare nella sua soddisfazione (con conseguente liberazione del garante) o insoddisfazione totale o parziale (con la conseguente chiara esposizione, a quel punto, del patrimonio del garante).

La clausola «a semplice richiesta scritta» e la compatibilità con la tutela del consumatore

La giurisprudenza ha chiarito che quando le parti concordano che il pagamento debba invece avvenire «a semplice richiesta scritta», si verifica una deroga pattizia alla forma dell’attivazione prevista dall’art. 1957 c.c.: in presenza di tale clausola, l’intimazione stragiudiziale di pagamento è sufficiente per evitare la decadenza, senza necessità di promuovere un’azione giudiziale (ex multis, Cass. n. 5179/2025).

Il nodo cruciale affrontato dal Tribunale riguarda proprio la compatibilità di questa clausola con la tutela del consumatore e in particolare con l’art. 33 del Codice del Consumo, che vieta le clausole vessatorie che determinano uno squilibrio significativo tra le posizioni contrattuali o che ostacolano l’esercizio di azioni o eccezioni.

Il ragionamento del Giudice padovano si articola su tre direttrici.

In primo luogo, la clausola che consente l’attivazione stragiudiziale non aggrava l’esposizione del patrimonio del fideiussore. L’intimazione stragiudiziale «esclude di per sé qualsiasi incertezza in capo al garante in ordine al destino della sua obbligazione: egli già sa di essere chiamato a pagare per il debitore principale e coglie pertanto appieno l’esposizione del suo patrimonio».

La ratio dell’art. 1957 c.c. non è ostacolare il creditore nel suo percorso di soddisfazione verso il garante, ma proteggerlo dal pregiudizio derivante dall’inerzia del creditore. E quando quest’ultimo invia tempestivamente una richiesta scritta di pagamento, il rischio di deterioramento patrimoniale del debitore principale per inerzia è neutralizzato.

In secondo luogo, la clausola non ostacola la facoltà del consumatore di proporre eccezioni. L’art. 1957 c.c. «non attribuisce al garante la facoltà di sollevare qualsiasi eccezione, ma il potere di difendersi specificamente dall’inerzia ultrasemestrale del creditore, che determini una incertezza al destino della sua obbligazione». Tale incertezza viene meno in presenza di un’intimazione di pagamento, che definisce chiaramente la posizione del garante e gli consente di valutare le proprie opzioni: pagare e agire in regresso, richiedere garanzie al debitore principale ex art. 1953 c.c., sollevare eccezioni relative al rapporto di garanzia o principale.

In terzo luogo, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la clausola in questione può risultare favorevole anche al garante consumatore: l’obbligo di iniziativa giudiziale determinerebbe infatti l’impossibilità per il fideiussore di tentare una composizione stragiudiziale, costi maggiori per la costituzione in giudizio, la riduzione del tempo disponibile per valutare soluzioni alternative, l’immediata iscrizione di gravami. senza lasciare al fideiussore il tempo necessario per tentare una composizione stragiudiziale della controversia evitando i costi per la costituzione in giudizio o per scegliere altre soluzioni.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per il settore bancario, confermando la validità di prassi consolidate e offrendo una lettura equilibrata tra tutela del consumatore e necessità operative degli istituti.

La pronuncia dimostra come la clausola «a semplice richiesta scritta» non comprima i diritti del garante, ma rappresenti un meccanismo che, rispettando la ratio dell’art. 1957 c.c., consente una gestione più efficiente del rapporto di garanzia, a beneficio di tutti i soggetti coinvolti.

 

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