Le CBDC sono una reazione alla minaccia delle crypto (e delle BigTech)

Questo è il primo articolo ispirato dalla lectio cooperativa che Fabio Panetta, membro del Comitato Esecutivo della BCE, ha tenuto durante un evento di Federcasse per raccontare l’euro digitale.

Non si tratta di un resoconto (trovate qui il testo dell’intero intervento di Panetta, qui invece il video) ma di commenti e riflessioni su quanto abbiamo ascoltato. Iniziamo con questo articolo e con una conferma: le valute digitali emesse dalle banche centrali sono una risposta alla “sfida” delle BigTech.

Saremmo qui oggi a parlare di euro digitale, se appena qualche anno fa un’azienda che allora si chiamava Facebook non avesse annunciato un progetto chiamato Libra? Forse sì, ma dubito che i progetti aperti dalle banche centrali avrebbero seguito ritmi così sostenuti.

Andiamo con ordine. Sono ormai almeno 80 le banche centrali che stanno lavorando all’introduzione di una valuta digitale (CBDC, dall’inglese Central Bank Digital Currency). E molti Paesi stanno parallelamente introducendo o annunciando limiti o divieti all’uso delle cryptovalute “indipendenti”: Cina e India in primis.

Non è un caso se le due azioni procedono spesso in parallelo: si introduce uno strumento emesso dalla Banca Centrale per rimuoverne uno che invece non è sotto il controllo pubblico, ma di qualcun altro. L’obiettivo delle banche centrali è la difesa della sovranità monetaria e dell’autonomia della politica monetaria interna. In altre parole: c’è in ballo il controllo del denaro.

L’Unione Europea limiterà le crypto?

L’Europa, per ora, non si è espressa in alcun modo verso un divieto delle crypto, ma personalmente penso che per alcune crypto potremmo arrivarci vicino, passando per altre vie. Ad esempio, demonizzandole dal punto di vista del consumo energetico, oppure bollandole come uno strumento che favorisce terrorismo, criminalità informatica e riciclaggio del denaro.

Cito dall’intervento di Panetta:

«alcune cripto-attività rappresentano una fonte di enorme inquinamento e di danno ambientale, e sono ampiamente utilizzate per attività criminali e terroristiche e per occultare redditi agli occhi del fisco».

Nel testo dell'intervento, tra le note, sono portati a supporto alcuni dati forniti da Ciphertrace e Chainanalysis. Il legame tra bitcoin e criminalità non è oggetto di questo articolo, ma è doveroso segnalare che i medesimi dati sono stati letti in modo diverso da Reuters, che ha segnalato un calo dei “cryptocrimini” (il report completo non è purtroppo più disponibile online, NdR). È il bello dei numeri: si possono leggere in vario modo.

Il report UK risk assesment of money laundering 2020 inquadra invece i cryptoasset nel rischio medio contro il rischio elevato attribuito all’industria bancaria in ambito antiriciclaggio. (si ringrazia Conio per la segnalazione di questo report in un comunicato del luglio 2021). Anche qui, sulla gravità o meno di un "grado medio" è lecito aspettarsi uno scontro di opinioni tra pro-Bitcoin e con-Bitcoin.

Sul consumo energetico del Bitcoin, invece, vi segnalo questo report. Anche nel caso dell'energia che viene consumata, comunque, è evidente che la valutazione sull'impatto ecologico del Bitcoin (che è più nel mirino delle altre crypto, perché si basa sul proof-of-work anziché sul proof-of-stake e la sua "governance" lo rende particolarmente resistente ai cambiamenti) dipende dal fatto che lo si ritenga utile o meno. Credo sia il caso di ricordare la notizia della proposta svedese di un divieto delle crypto basate su proof of work. Un divieto di Bitcoin indiretto, se vogliamo. Per salvare l'ambiente, ovviamente!

Moneta pubblica versus moneta privata

Torniamo al denaro che, nei prossimi anni, corre davvero il rischio di diventare “cosa privata”, in mano alle BigTech, o “cosa anarchica”, basata su modelli decentralizzati di cui non conosciamo gli effetti.

Attenzione, perché questi due scenari futuri, che le banche centrali percepiscono come catastrofici, hanno dei sostenitori nel mondo tecnologico e dei guru del web. Sostenitori che valutano positivamente il fatto che il denaro esca dal controllo dello Stato o del sistema bancario: zero inflazione, meno costi, etc. Si potrà dire che lo fanno per interesse economico, per ideologia, o per il primo mascherato dalla seconda. Ma questa corrente di pensiero esiste.

E, sia chiaro, come AziendaBanca non abbiamo nessuna intenzione di censurarla: è il nostro mestiere, raccontare le diverse opinioni. Trovate qualche spunto in questo nostro articolo

Uno scontro geopolitico

La battaglia tra CBDC e crypto/StableCoin è quindi assolutamente politica. Nuovo terreno di scontro tra istituzioni e giganti tecnologici, che si affianca a quello ampissimo dell’utilizzo e del controllo dei dati.

Abbiamo già detto dei Paesi che stanno introducendo o valutando divieti all’uso delle cryptovalute. L'obiettivo è sempre scongiurare la minaccia "privata".

In Africa, non a caso, è in corso una vera e propria sfida tra cryptovalute e StableCoin da un lato e CBDC “in costruzione” dall’altro. In palio c’è il controllo del flusso di denaro che arriva nel Continente dagli emigrati. I trasferimenti internazionali di denaro sono stati uno dei primi ambiti di espansione e crescita del Fintech: che grazie a un modello scalabile e a costi molto competitivi, i first mover sono diventati dei giganti. Un solo nome tra tutti: TransferWise, ora Wise.

La ricerca di uno strumento digitale, tracciabile, comodo e poco costoso per inviare denaro da e verso i Paesi emergenti è nell’agenda del Fintech, che sta puntando anche sulle crypto. Da qui la reazione dei Governi africani. A cui seguirà quella di altri, non c'è dubbio.

È l’ennesima conferma che aveva già capito tutto Mark Zuckerberg, con il lancio della ex Libra, ora Diem, da parte della ex Facebook, ora Meta (a proposito: un giorno o l’altro dovremo intervenire su questa mania del rebranding del mondo tecno). Un progetto di cui ormai abbiamo praticamente perso le tracce, affossato in primis dalla levata di scudi del mondo istituzionale e finanziario. E a poco sono serviti i tentativi di dialogo per un progetto che, per sua stessa natura, era rivoluzionario.

C’è un altro aspetto politico delle valute digitali, di cui parleremo nel prossimo articolo. E riguarda gli equilibri geopolitici tra gli Stati.

Per saperne di più

A proposito: lo scontro tra privati e istituzioni pubbliche per il controllo del denaro non è affatto un inedito nella storia. Se avete voglia di immergervi in un punto di vista alternativo e discutibile, ma in cui troverete affascinanti similitudini con lo scenario attuale, vi consiglio. la lettura di “Denaro. La storia vera: quello che il capitalismo non ha capito” di Felix Martin.

 

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