intervista

Banca Sistema vara il piano al 2026: si punta su specializzazione e AI

Piano Strategico Banca Sistema

Gianluca Garbi, CEO di Banca Sistema

Banca Sistema accelera sul proprio modello “multi specialistico”: il Piano Strategico 2024 – 2026 conferma la focalizzazione su nicchie di mercato a elevato potenziale di redditività. E punta su tecnologia, in primis l’intelligenza artificiale, per rafforzare operatività e risultati finanziari.

L’obiettivo è arrivare a un utile netto di 34 milioni di euro nel 2026, per un cost/income del 57%.

Abbiamo intervistato Gianluca Garbi, CEO di Banca Sistema, per farci raccontare le declinazioni del Piano Strategico in ciascun ambito del business.

AG. Iniziamo dal factoring. Siete storicamente specializzati nel servire i fornitori della P.A., che affrontano ritardi spesso molto significativi nei pagamenti. Come sta evolvendo il mercato?

GG. Per i prossimi anni, il PNRR resterà un driver importante per gli investimenti della Pubblica Amministrazione, a tutti i livelli, e per le imprese fornitrici.

Negli ultimi anni abbiamo lavorato molto anche sull’acquisto di crediti legati all’Ecobonus e al Superbonus.

Nel caso del cosiddetto “110”, abbiamo subito intuito l’insostenibilità di questa misura e abbiamo inserito nei contratti di acquisto una clausola di change of law, che ci permette di restituire quel credito se non può più essere utilizzato in 5 anni.

AG. Sul Superbonus 110% c’è stato un confronto piuttosto duro tra banche e Governo.

GG. Il sistema bancario ha ricevuto molte pressioni per acquistare tutti questi crediti di imposta, anche se un allungamento dei tempi di utilizzo a 10 anni non era certo imprevedibile. Molti di quei crediti sono ancora in capo alle aziende.

Noi stessi, grazie alla clausola inserita a contratto, abbiamo acquistato solo il credito e non il rischio a esso collegato.

La situazione che si è venuta a creare è particolarmente complessa. Perché molte imprese edili vengono messe in difficoltà dall’impossibilità di smaltire quei crediti. E tra queste ce ne sono parecchie che hanno beneficiato dei finanziamenti garantiti, varati in seguito alla pandemia.

È una situazione molto delicata, che merita attenzione.

AG. Nel factoring vi state specializzando anche in un business molto innovativo per il mercato italiano, cioè il settore Entertainment, dallo sport alle produzioni cinematografiche.

GG. È un business nuovo per l’intera Europa continentale, a differenza di quanto accade, invece, negli Stati Uniti. Il settore dell’intrattenimento è in forte trasformazione e ha bisogno di un partner finanziario specializzato.

Il nostro core business resta il calcio, ma stiamo guardando anche a società di produzione cinematografica e organizzatori di eventi, come i concerti.

Questo mondo sta cambiando: un tempo c’erano film colossali, con investimenti di centinaia di milioni di euro. Oggi ci sono molte piccole produzioni per le piattaforme di streaming.

Cambiano completamente le logiche di produzione, ma il settore dell’intrattenimento si contraddistingue per la necessità di arrivare all’incasso solo a prodotto finito, film o concerto che sia.

C’è quindi la necessità di finanziare la realizzazione del contenuto e noi lo facciamo accettando come sottostante un asset intangibile, ad esempio i diritti cinematografici.

Si tratta evidentemente di un settore molto specialistico, che richiede anche meccanismi giuridici di protezione e garanzia ad hoc, ma in cui ci stiamo posizionando come player di riferimento.

AG. In ambito retail siete presenti da tempo nella Cessione del Quinto. La Divisione dedicata a questo prodotto è stata trasformata in Divisione Retail: quali sono gli obiettivi del nuovo piano per l’offerta Retail?

GG. I nostri volumi nella CQS stanno crescendo, ma vorremmo lasciare inalterato lo outstanding. In questo momento storico, la marginalità delle altre aree di business è superiore e preferiamo allocare lì il capitale.

La nostra offerta Retail è veicolata da una rete di agenti e mediatori, che distribuisce diversi prodotti di terzi: mutui, prestiti personali, prestiti ipotecari vitalizi, leasing, noleggio a lungo termine, finanziamenti alle PMI.

In alcuni casi li distribuiamo in white label, altre volte dichiariamo esplicitamente che il prodotto è di altre banche, come nel caso dei mutui di BNL BNP Paribas.

La nostra rete continuerà a distribuire anche la CQS ma, al raggiungimento dei nostri parametri, collocheremo le soluzioni di altre banche con modelli di business tradizionali, per le quali questo prodotto offre margini interessanti.

L’offerta continuerà a evolvere mediante nuovi accordi commerciali con gli operatori che usano la nostra piattaforma commerciale e prevediamo azioni per rendere più efficiente la macchina operativa.

AG. A gennaio 2024 è stata quotata all’EGM Kruso Kapital, la società dedicata al credito su pegno: un business vecchio di secoli, ma che state digitalizzando in modo importante. Quali sono gli obiettivi futuri per Kruso Kapital?

GG. Il credito su pegno sta rispondendo al bisogno, crescente, di liquidità grazie alla possibilità di fornire in garanzia asset illiquidi, come beni di valore e da collezione.

La nostra controllata ha avviato un percorso di espansione, organica e inorganica, sia in Italia sia all’estero.

Il credito su pegno ha un indubbio valore di inclusione finanziaria. Il 70% dei clienti di Kruso Kapital è ricorrente e la percentuale di default è molto bassa. Alla fine del primo trimestre 2024 avevamo 71mila polizze attive, per circa 122,6 milioni di euro di impieghi.

Alcuni mesi fa abbiamo digitalizzato l’intero processo di richiesta di prestiti su pegno, tramite la app di Kruso Kapital.

Si fotografa il bene da impegnare e si ottiene una prima valutazione a distanza: il pegno viene ritirato a casa e, se la stima è confermata, viene emessa una polizza registrata su blockchain, in forma di NFT.

Abbiamo ricevuto oltre 950 richieste tramite la app, da novembre scorso a oggi. Ma già il 22% delle polizze cartacee viene rinnovato online e nell’ultimo mese abbiamo registrato il 18% delle polizze emesse sul canale digitale.

Se contiamo che il 27% dei clienti usa abitualmente i servizi online, ci sono ancora molti spazi di crescita.

AG. Nell’ambito del credito su pegno vi state espandendo in altri Paesi: nel 2023 c’è stata un’acquisizione in Portogallo e ProntoPegno Grecia è attiva da circa un anno e mezzo. Il digitale facilita questa espansione?

GG. Il pegno è il nostro prodotto più globale. Il sottostante delle polizze è quasi sempre l’oro. E l’oro è uguale in tutto il mondo.

Stiamo facendo scouting a livello internazionale per sondare le possibilità tecnologiche di un servizio di credito su pegno di dimensioni internazionali. Un player fortemente digitale, capace di generare le economie di scala necessarie a offrire alle persone un prodotto di inclusione finanziaria democratico, semplice e immediato. La tecnologia e i grandi volumi consentirebbero sia di valutare al meglio i beni, sia di massimizzarne il valore, nei rari casi in cui vanno in asta.

AG. A proposito di tecnologia. Il Piano Strategico cita esplicitamente l’adozione di strumenti basati su intelligenza artificiale tra gli elementi trasformativi capaci di efficientare i costi e la macchina operativa. Quali use case avete in mente?

GG. Ne abbiamo individuati oltre un centinaio. Su alcuni stiamo già lavorando, altri avranno bisogno di più tempo.

Nel caso del credito su pegno, ad esempio, potremmo affidare all’intelligenza artificiale la prima fase di valutazione a distanza del bene da mettere in garanzia.

Oggi la effettua un perito. In futuro, le fotografie scattate dal cliente potrebbero essere elaborate da un’intelligenza artificiale e messe a confronto sia con le immagini trovate nel web, sia con il nostro archivio interno.

Già oggi esistono servizi online che permettono di scattare una fotografia a un oggetto per avere più informazioni su di esso. Possiamo facilmente scoprire il valore di tutti i beni presenti in un catalogo, ad esempio i gioielli di grandi brand.

Ma possiamo anche fare leva sul nostro patrimonio interno di oltre 300mila contratti, tutti accompagnati da fotografie e valutazioni storiche del valore. E lo stesso vale per Art-Rite, la nostra casa d’aste.

AG. Molte banche e fintech stanno lavorando su use case classici, come l’analisi del rischio di credito collegato a un’azienda, oppure l’utilizzo di chatbot conversazionali per fornire supporto dentro e fuori la banca. Come si racconta tutta questa automazione al personale della banca?

GG. Iniziamo dal chatbot. In buona parte dei casi, le domande che i clienti fanno al contact centre sono sempre le stesse.

A queste può facilmente rispondere un chatbot, che grazie ai meccanismi di autoapprendimento sono ormai sempre più efficienti.

Questo permetterà alle persone di dedicarsi solo ai casi più particolari e meritevoli di attenzione.

Lo stesso vale nel caso dell’analisi dei bilanci della società.I bilanci sono tutti digitalizzati e disponibili in formato PDF o XML.

L’IA può fare risparmiare moltissimo tempo agli esseri umani, andando ad analizzare i dati per individuare se, e dove, serve un chiarimento.

Non solo: l’algoritmo può integrare queste valutazioni con una serie di informazioni esterne sulla società, come gli articoli di giornale, fornendo all’analista umano un primo report molto completo.

Non ha senso continuare a fare manualmente attività come i check di compliance sul cliente, verificando l’esistenza di procedimenti giudiziari pregressi, pignoramenti e così via.

Il team di Compliance può lavorare molto meglio, grazie all’IA, concentrandosi solo sui clienti che richiedono una verifica.

AG. Nelle interviste su intelligenza artificiale e dati, mi viene spesso detto che le banche hanno già moltissimi dati, ma non sanno ancora usarli a dovere. È così?

GG. Il patrimonio informativo delle banche è capace di fare la differenza rispetto a qualunque concorrente. È un valore e va protetto come tale, perché deve restare un elemento di vantaggio competitivo.

Nel dibattito sull’intelligenza artificiale generativa si parla spesso, giustamente, del rischio di un appiattimento culturale e di mancanza di qualità, Il modo migliore per scongiurare questi pericoli è utilizzare fonti informative di qualità e tutelarle.

Le banche, quindi, dovrebbero utilizzare modelli di GenAI interni, non condivisi con il mercato, per non perdere il controllo delle proprie informazioni.

Se chiedo all’intelligenza artificiale di redigere un documento usando solo fonti interne all’azienda, avrò la certezza che i dati di partenza siano corretti e che vengano mantenuti il linguaggio e lo stile comune a tutta la comunicazione aziendale.

Lo stesso vale anche per altri ambiti dell’intelligenza artificiale.

Banca Sistema ha scelto un modello di multi specializzazione e questo ci permette di avere banche dati uniche e molto verticali.

Nel factoring abbiamo informazioni dettagliate, e aggiornate quotidianamente, sui tempi di pagamento delle fatture di ogni ente pubblico.

Oggi i nostri specialisti utilizzano questi dati per determinare il pricing di ogni fattura in ingresso.

Questa esperienza storica e questi dati, ripeto unici e introvabili online, potrebbero essere analizzati da una intelligenza artificiale, ovviamente interna, e integrati in un secondo momento con informazioni pubbliche relative a quel determinato Ente.

Pensiamo a un Comune che è appena stato commissariato: si tratta di un evento che verosimilmente impatterà sui tempi di pagamento delle fatture.

Sono solo alcuni esempi dei casi di uso su cui stiamo lavorando per generare valore ed efficienza grazie ai dati di cui disponiamo e all’IA.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di luglio/agosto 2024 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop