INTERVISTA

Polizze Cyber e Catastrofali: opportunità commerciali, ma anche rischi per agenti e broker

Polizze Cyber e Catastrofali: opportunità commerciali, ma anche rischi

Lorenzo Sapigni, Rappresentante Generale per l’Italia ed European Underwriting & Claims Director di CGPA Europe

I rischi cyber e quelli catastrofali sono al centro dell’attenzione del mondo assicurativo e bancassicurativo. Da un lato, si tratta di dare risposta a oggettive preoccupazioni dei clienti, in alcuni casi anche sulla spinta dell’introduzione di un parziale obbligo normativo. Dall’altro, si tratta di oggettive opportunità di crescita per gli operatori.

Questa occasione, però, non è priva di rischi per gli intermediari, come racconta ad AziendaBanca Lorenzo Sapigni, Rappresentante Generale per l’Italia ed European Underwriting & Claims Director di CGPA Europe, specialista della RC degli intermediari.

AG. Le polizze cyber e quelle catastrofali pongono agenti e broker di fronte a nuovi, potenziali rischi? E quali?

LS. Per la natura degli eventi da cui originano, i rischi cyber e quelli catastrofali sono difficilmente misurabili. Già solo questa constatazione, per quanto ovvia, fa capire le insidie che porta con sé la distribuzione dei prodotti assicurativi adatti a coprire questi rischi.

La difficoltà di valutare il rischio, e la sua possibile evoluzione nel tempo, espone l’intermediario al pericolo di vedersi attribuito da parte del cliente un difetto di consulenza che, lo ricordo sinteticamente, può tradursi in una responsabilità civile quando il prodotto collocato sia ritenuto inadeguato alle esigenze del cliente.

È del tutto evidente, se pensiamo all’estensione e al possibile impatto dei rischi cyber e di quelli catastrofali,

che la contestazione del difetto di consulenza è una possibilità concreta.

A questo si aggiunge, per le polizze catastrofali, l’incertezza determinata dal differimento dell’obbligo assicurativo stabilito dal Decreto-legge 31 marzo 2025, n. 39. Le imprese, soprattutto le piccole, avranno più tempo per adeguarsi ma intanto, appunto, non è chiaro come ci debba comportare in questa fase transitoria.

AG. Qual è l’aspetto problematico, in questa fase transitoria?

LS. Lo spiego con un esempio. Come si dovrebbe comportare un intermediario che fosse chiamato a rinnovare la polizza di un’impresa coperta oggi solo parzialmente rispetto ai nuovi obblighi assicurativi? Può proporre di rinnovare la polizza con quelle carenze, oppure proporre una polizza più completa?

La situazione è potenzialmente rischiosa. Se proponesse il rinnovo con le stesse coperture della polizza precedente, un eventuale sinistro potrebbe originare la responsabilità dell’intermediario perché la compagnia, proprio per gli obblighi appena introdotti, è certamente dotata del prodotto adeguato al rischio meteo-climatico che prima non era possibile soddisfare. In un caso simile, è essenziale che l’eventuale volontà dell’impresa di non aderire al prodotto conforme ai nuovi obblighi assicurativi proposto dall’intermediario sia formalizzata per iscritto.

Per altro verso, la mera offerta di un prodotto conforme agli obblighi di legge non esonera l’intermediario dall’obbligo di condurre un’accurata analisi dei bisogni assicurativi del cliente. In particolare, in contesti quali i rapporti con gli istituti bancari o la pubblica amministrazione, il cliente potrebbe necessitare di una copertura più ampia rispetto alle garanzie minime previste dalla normativa.

Questo richiederebbe all’intermediario un approccio non limitato al mero assolvimento dell’obbligo di legge. ma orientato all’effettiva coerenza del prodotto offerto rispetto alle specifiche esigenze del cliente.

AG. E che cosa accadrà, una volta che la normativa entrerà a regime?

LS. Gli intermediari non dovranno limitarsi a far sottoscrivere la polizza obbligatoria, ma saranno tenuti a far emergere gli altri rischi legati alle catastrofi.

Le polizze obbligatorie, per esempio, coprono i beni aziendali danneggiati dagli eventi catastrofici ma non le merci, né i rischi derivanti dall’interruzione dell’attività. Gli intermediari, quindi, dovranno fornire consiglio e consulenza professionale con adeguate analisi pre-contrattuali, incluse quelle sulla mitigazione del rischio e della prevenzione delle perdite, per consentire alle compagnie di fare offerte ritagliate sul profilo dell’impresa cliente. Sarà un importante banco di prova per gli intermediari.

Mi aspetto, comunque, un aumento del contenzioso in quanto, essendo la Cat Nat obbligatoria, le imprese difficilmente accetteranno che il sinistro non venga pagato o che la liquidazione del danno sia inferiore a quello subito.

Le garanzie accessorie avranno un’importanza decisiva e l’intermediario sarà tenuto a svolgere un’analisi complessiva per definire la copertura. Già oggi, d’altra parte, c’è ormai una giurisprudenza consolidata: i giudici tendono ad affermare che l’intermediario assicurativo non è un mero venditore ma un professionista che deve consigliare e proporre soluzioni che consentano di compiere una scelta informata e consapevole. Le condanne agli intermediari per avere fornito consigli non adeguati sono numerose.

Bisognerà dunque fare offerte tracciabili, cioè presentate ai clienti in forma scritta, che siano la conseguenza di un’adeguata analisi-precontrattuale dei rischi da assicurare, in modo da poter dimostrare, in caso di sinistro, la correttezza dell’attività professionale.

AG. Questi esempi lasciano emergere un nuovo ruolo degli intermediari: che cosa sta cambiando?

LS. Il ruolo di consulente della protezione sta arricchendosi di nuove funzioni e bisogni sociali. Gli intermediari non rischiano di essere sostituiti dalla tecnologia digitale ma devono aggiornare le competenze tecniche e potenziare la capacità propositiva.

Avranno certamente un ruolo centrale nel cambiamento del mercato assicurativo. Gli italiani, è noto, hanno coperture assicurative inferiori ai propri bisogni, una lacuna accentuata negli anni recenti dall’emergere di nuovi rischi. Gli intermediari hanno il compito di convincere milioni di imprenditori e persone che, mai come oggi, l’assicurazione è uno scudo necessario.

Siamo entrati in una fase importante che può aprire al mercato assicurativo spazi di crescita straordinari. Basti solo pensare che gli effetti del cambiamento climatico impongono di affrontare un’altra lacuna italiana: l’assicurazione della casa. Anche su questo tema potremmo assistere a un deciso cambiamento.

AG. La tecnologia può fornire un supporto agli intermediari? Ad esempio, facendo leva sui dati?

LS. Sul rischio di catastrofi, per esempio, la capacità delle piattaforme digitali di raccogliere ed elaborare dati permette oggi di costruire un quadro dettagliato della situazione di ogni singola impresa e dei possibili impatti economici provocati dagli eventi climatici avversi. Il quadro include sia i dati sull’ambiente in cui l’impresa opera (quindi i fenomeni atmosferici dell’area geografica e le probabilità di accadimento) sia i dati sull’attività economica, il valore patrimoniale degli asset e i costi per un eventuale ripristino.

L’incrocio dei dati permette di costruire una mappa dell’esposizione al rischio molto precisa perché considera ogni possibile variabile, per esempio i tempi d’intervento per i soccorsi nell’area in cui l’impresa opera e la durata delle interruzioni dell’attività economica.

La mappa si può poi tradurre in diversi scenari suggerendo le diverse coperture assicurative necessarie. Dalla combinazione tra i dati e la professionalità dell’intermediario può già oggi arrivare una risposta efficace ai bisogni assicurativi collegati agli eventi meteo-climatici.

AG. Questi rischi emergenti stanno influenzando la domanda assicurativa di famiglie e imprese?

LS. Le famiglie italiane sono poco preparate sui temi assicurativi, ma sono anche abituate a pensare in termini di protezione. Non hanno ancora coperto i bisogni di base mentre lo scenario in cui si muovono (società e ambiente) ne fanno emergere di nuovi. Per gli agenti lo spazio di manovra è notevole: già solo la copertura dei bisogni di base basterebbe a dare un forte impulso all’attività. Per cogliere questa opportunità, bisogna ripartire dai bisogni effettivi creando le premesse per un’offerta economicamente sostenibile, con un valore percepito immediato. La capacità di consulenza è decisiva e va calibrarla sulle persone, partendo dai loro progetti, dai loro desideri di vita con le relative scadenze.

Nelle imprese, e nellle PMI in particolare, le peculiarità sono la maggior consapevolezza dei rischi: il Covid ha lasciato il segno. A questo si aggiunge la digital transformation con i rischi connessi.

Le PMI italiane, in media, sono sotto assicurate rispetto a quanto accade in altri Paesi (14mila euro di spesa contro i circa 20mila dei principali Paesi europei). La situazione è, tuttavia, in evoluzione: circa un terzo delle PMI italiane ha dichiarato di aver aumentato nel post Covid la copertura assicurativa (nell’Unione Europea la media dell’aumento è stata del 40-45%).

Per le imprese, le linee guida da applicare sono le stesse indicate per le famiglie: partire dai bisogni (la continuità aziendale, per esempio), personalizzare, usare argomentazioni e linguaggi adatti. Si possono in questo modo contrastare i rischi della concorrenza che arriva da player alternativi (per esempio, le banche o le associazioni di categoria che propongono convenzioni alle imprese) più che dai nuovi operatori digitali.

Nonostante l’evoluzione del digitale, il canale fisico conserva insomma un vantaggio competitivo: spetta agli intermediari valorizzarlo.