Il 2022 è stato un anno non roseo per i rendimenti della previdenza complementare. Le turbolenze dei mercati finanziari hanno infatti inciso sui risultati di gestione dei fondi pensione, ma parallelamente si è registrata una crescita degli iscritti.
Questo il quadro generale che emerge dalla relazione annuale della Covip, la Commissione di Vigilanza sui Fondi pensione, illustrata a Montecitorio dalla Presidente facente funzione, Francesca Balzani.
L’impatto negativo dei mercati finanziari
Le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 205,6 miliardi di euro, in calo del 3,6% rispetto all’anno precedente a causa dell’andamento negativo dei mercati finanziari: un ammontare pari al 10,8% del Pil e al 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.
In media nel 2022 il rendimento per i fondi negoziali è stato negativo per il 9,8% per i fondi aperti, per il 10,7% e per i PIP nuovi dell'11,5%. Nello stesso periodo il Tfr si è rivalutato dell'8,3%. Se si considerano gli ultimi dieci anni però il rendimento è stato superiore al 2% per tutti i fondi, in linea con la rivalutazione del Tfr.
I contributi incassati nell'anno sono pari a circa 18,2 miliardi di euro. In tutte le forme pensionistiche complementari il flusso di contributi del 2022 è risultato in crescita rispetto al 2021: ne sono affluiti 6,1 miliardi ai fondi negoziali (+4,6%), 2,8 miliardi ai fondi aperti (+7,8%), 5 miliardi ai PIP (+2,4%) e 4,1 miliardi ai fondi preesistenti (+1,5%).
Il confronto con il Tfr
Se si considerano gli ultimi dieci anni (2012-2022), il rendimento netto medio annuo dei fondi pensione negoziali è stato positivo e pari al +2,2%, quello dei fondi aperti è stato del +2,5% e quello dei PIP del +2,9%. Nello stesso periodo la rivalutazione del Tfr media annua è stata pari al 2,4% mentre l'inflazione è stata in media dell'1,7% annuo.
Prendendo in esame un periodo ancora più lungo e si guarda agli ultimi 20 anni i fondi negoziali registrano un +2,9% netto annuo e i fondi aperti un +2,7% netto annuo in media mentre il Tfr registra una rivalutazione media annua del 2,5% a fronte di un'inflazione media annua dell'1,9%.
Infine, se considerassimo solo agli ultimi tre anni, i rendimenti dei fondi sono lievemente negativi mentre il Tfr si è rivalutato in media del 4,3% annuo, un valore comunque inferiore all'inflazione (4,9%).
Gli investimenti
L’allocazione degli investimenti effettuati dai fondi pensione (escluse le riserve matematiche presso imprese di assicurazione e i fondi interni) registra la prevalenza della quota in obbligazioni governative e altri titoli di debito, per il 54,6% del patrimonio: il 15,4% sono titoli del debito pubblico italiano.
In calo al 20% i titoli di capitale (rispetto al 22,6% del 2021) e anche le quote di OICR, passate dal 16 al 15,3%. I depositi si attestano al 6,5%. Gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, presenti quasi esclusivamente nei fondi preesistenti, rappresentano circa l’1,9% del patrimonio, sostanzialmente stabili rispetto al 2021.
Nell’insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana è di 35,5 miliardi di euro, pari al 20,9% del patrimonio, in calo sia in valore assoluto sia in termini percentuali rispetto al 2021 (rispettivamente, 40 miliardi e 22,7%). I titoli di Stato ne rappresentano la quota maggiore attestandosi a quota 26,1 miliardi di euro.
Aumentano gli iscritti, ma Meridione, donne e giovani i meno presenti
Secondo Covip, i fondi negoziali contano 3,7 milioni di iscritti, quasi 1,8 milioni sono gli iscritti ai fondi aperti e 3,5 milioni ai PIP "nuovi"; circa 650.000 sono gli iscritti ai fondi preesistenti.
Certificato anche un gender gap con gli uomini che sono il 61,8% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73% nei fondi negoziali). Confermato anche anche un gap generazionale: la distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all'età di pensionamento: il 48,9% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 32,3% ha almeno 55 anni e solo il 18,8% è sotto i 35 anni. Quanto all'area geografica, la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del nord (57,1%).
I costi
Il report indica che oltre all'asset allocation adottata, alle differenze di rendimento tra le forme contribuiscono anche i divari nei livelli di costo. Per i fondi pensione negoziali, su un orizzonte temporale di dieci anni, l'Indicatore Sintetico dei Costi (ISC) è pari allo 0,47%. Per i fondi pensione aperti, esso è dell'1,35%. Per i PIP, lo stesso indicatore è in media del 2,17%.
Covip ricorda inoltre che per le forme negoziali, il livello più contenuto dei costi dipende anche dalla dimensione dei fondi per effetto delle economie di scala generate dalla ripartizione degli oneri amministrativi. Per le forme di mercato, invece, incide presumibilmente la remunerazione delle reti di vendita.
In oltre 20 anni dimezzati i fondi pensione
Alla fine del 2022, i fondi pensione in Italia sono 332: 33 fondi negoziali, 40 fondi aperti, 68 piani individuali pensionistici (PIP) e 191 fondi pensione preesistenti. Il numero delle forme pensionistiche operanti nel sistema è in costante riduzione. Oltre venti anni fa, nel 1999, le forme erano 739, oltre il doppio.
Le casse di previdenza
La relazione dedica un capitolo apposito anche alle casse di previdenza. Secondo lo studio, alla fine del 2021, le attività complessivamente detenute dalle casse di previdenza ammontano, a valori di mercato, a 107,9 miliardi di euro, in aumento di 7,2 miliardi rispetto all’anno precedente (7,1%). Dal 2011 al 2021 tali attività sono cresciute complessivamente di 52,2 miliardi di euro, pari al 93,7%.
Tenendo conto anche delle componenti obbligazionaria e azionaria sottostanti gli OICVM detenuti, la quota più rilevante delle attività è costituita da titoli di debito, pari a 39,5 miliardi di euro (corrispondenti al 36,6% del totale).
La composizione delle attività detenute continua a caratterizzarsi per la cospicua presenza di investimenti immobiliari, che nel complesso si attestano a 20 miliardi di euro (18,3% del totale). Nel quinquennio 2017-2021 l’incidenza di tale componente è comunque diminuita di 4,5 punti percentuali.
Gli investimenti nell’economia italiana (titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) ammontano a 40 miliardi di euro, pari al 34,3% delle attività totali di cui la componente immobiliare ammonta a 18,6 miliardi.