Il peso delle UTP per le maggiori banche
È quanto emerge dal Report Unlikely To Pay 2017 di PwC. Nonostante un calo dell’8% rispetto al dato del 2015, le inadempienze probabili (Unlikely To Pay, UTP) restano un problema per le banche. Circa l’80% di questi crediti grava sui bilanci delle maggiori banche italiane: ad esempio, Veneto Banca ha visto le inadempienze probabili crescere del 25%, Carige del 15%, Banco BPM e Banca Popolare di Vicenza del 4%.
Lo stock delle UTP supera le sofferenze
Il 37% delle NPE (Non Performing Exposure) di questi istituti è rappresentato da UTP e per 12 realtà la quota è persino superiore al 40%: le NPE, del resto, a fine 2016 sono risultate tra le più elevate in Europa con un valore di 324 miliardi di euro. Lo stock dei crediti UTP è stato inoltre superiore a quello delle sofferenze (86 miliardi contro 85 miliardi) con un tasso di copertura medio del 27% (contro un 57% per le sofferenze).
UTP: come intervenire?
E la situazione evolve lentamente. Il 57% dei crediti che erano UTP a inizio esercizio è rimasto tale anche a fine 2016. Le banche possono intervenire con una segmentazione del portafoglio e un maggiore controllo su ogni debitore. Un’altra soluzione è fare ricorso a indicatori di early warning, cioè anticipare possibili problemi prima che diventino troppo gravi e prevedere le perdite ai primi segnali. Si può anche far tornare il credito tra i Performing, cedere la posizione o classificarla come sofferenza.
L’impatto dell’IFRS9
Con l’IFRS9, in vigore dall’1 gennaio 2018, aumenteranno però le quote del portafoglio crediti che possono essere classificate tra le categorie maggiormente rischiose.