Mobile payment. Il “pay” piace più del “wallet”?

MasterCard SamsungPayMa il pagamento non era una commodity? A qualche mese dal debutto USA di Apple Pay, al Mobile World Congress di Barcellona tutti aspettavano le contromosse degli altri big del digitale. Che sono puntualmente arrivate, ma con uno strano cambiamento semantico. Perché la tanto attesa “war of wallets” è alle porte: ma anziché tra “wallet di servizi a valore aggiunto” la sfida sembra essere tra brand che offrono nuove esperienze di pagamento molto simili l’una all’altra.

Samsung convivrà con Android

Iniziamo dalla novità principale del Congress 2015, cioè Samsung Pay. La risposta coreana da Apple Pay segue il lancio commerciale del wallet di Cupertino e con quest’ultimo ha in comune, oltre alla scelta ormai consolidata dello standard NFC, la compatibilità solo e unicamente con i rispettivi dispositivi. Apple Pay per quelli di Apple, Samsung Pay per quelli di Samsung: in un ecosistema aperto come quello del sistema operativo Android, Samsung si troverà a confrontarsi con le analoghe soluzioni di Google, mentre Apple con il suo Passbook renderà probabilmente la vita più difficile a eventuali soluzioni alternative.

Compatibilità solo con gli ultimi dispositivi

Altro punto importante relativamente a Samsung Pay: la funzionalità di pagamento è utilizzabile solo con l’ultimo nato, il Galaxy S6, ancora lontano dai negozi. Nulla è stato annunciato, al momento, sulla compatibilità con gli smartphone precedenti o con gli “smart watch” della serie Gear. In questo Apple Pay, portabile anche su Apple Watch, avrà un vantaggio (vedremo se e quanto rilevante) in più. Anche Samsung Pay, infine, come l’omologo Apple, si affiderà a un lettore di impronte digitali per limitare l’accesso al telefono e confermare il pagamento: non è una novità per i coreani, che già avevano inserito un sensore per le impronte digitali nei precedenti telefonini di alta gamma e ne permettevano l’utilizzo (negli USA) per autorizzare pagamenti mobile da remoto con PayPal. Ma conferma comunque un trend che potrebbe rapidamente diventare uno standard.

 

Google integra Softcard nel Wallet …

Il debutto di Samsung sembra in rotta di collisione con le mosse di un first mover (sempre negli USA) dei mobile wallet, cioè Google: Google Wallet è ancora vivo e vegeto e ha appena completato l’acquisizione di SoftCard (ex Isis, il mobile wallet ha cambiato nome per evitare associazioni) e Mountain View ha appena raggiunto un accordo con i tre operatori mobili (AT&T, Verizon, T-Mobile) che avevano fondato la piattaforma. Google acquisirà così anche una serie di tecnologie che non dovrebbero però rientrare in un nuovo progetto appena annunciato, cioè “Android Pay” [sic!].

… e pensa al Pay

Il cambiamento semantico è evidente: il nome del sistema operativo di casa sostituisce quello di Google e all’idea di un “wallet” si sostituisce l’omnipresente “Pay”. E sembra quasi una contraddizione in termini: il “wallet” doveva servire a sostituire diverse carte, integrando funzioni e servizi aggiuntivi al pagamento. A distanza di anni, invece, l’attenzione (almeno dal punto di vista del brand di prodotto) torna alla funzione di pagamento (non proprio la più redditizia tra quelle presenti nel portafoglio).

Una piattaforma aperta ai terzi

Android Pay è comunque più un cantiere che altro: il vice Presidente della Divisione Prodotti di Google, Sundar Pichai, ne ha parlato al Mobile World Congress (e dove se no?) parlandone più come un framework di pagamento senza carta, integrato nel sistema operativo Android con il consueto atteggiamento open. In soldoni: anche altre aziende potranno usarlo per realizzare le proprie soluzioni. Piattaforma comune che dovrebbe cercare di risolvere anche il problema sicurezza, particolarmente sentito sulle piattaforme Android.

E gli altri? Microsoft Nokia, BlackBerry …

La partita, al momento, sembra riguardare tre player globali (Apple, Google e Samsung) con cui inevitabilmente dovranno fare i conti le aziende attive a livello locale (Telco, banche etc.): ma resta da vedere se gli ex dominatori della telefonia, cioè BlackBerry e il duo Nokia-Microsoft, decideranno di rispondere al fuoco con soluzioni “proprie” o di attendere che i player minori sviluppino app per i rispettivi sistemi operativi mobili. Softcard, ad esempio, prima di essere comprata da Google aveva sviluppato una applicazione anche per Windows Phone, salvo chiuderla rapidamente dopo l’acquisizione. Non proprio il massimo della user experience per i già poco numerosi utenti Windows Phone. E gli altri produttori di cellulari, che si appoggiando al sistema operativo di Android, avranno la forza per proporre un sistema alternativo come fatto da Samsung?

Su che cosa si compete?

E in tutto questo proliferare di wallet (che sembra riproporre la “war of wallets” di cui si parlava ovunque anni or sono) perché si parla solo di “pay”? Se è vero, come il settore va dicendo da un lustro o più, che il pagamento è una commodity (ma lo è anche l’esperienza di pagamento?) e la vera competizione è sui servizi a valore aggiunto, perché tutti parlano solo del “pay”, con una esperienza di acquisto tutto sommato simile? Forse più che una battaglia è una presa di posizione dei “giganti globali” sulle funzionalità di pagamento e la vera “war of wallets” su servizi e user experience deve ancora arrivare?