Mobile payment: ritorna la questione secure element

Apple Pay MasterCard CitiDove collocare l’elemento di sicurezza. È stata una delle domande chiave della prima fase di definizione degli standard per il mobile payment NFC, quando a confrontarsi erano l’approccio basato sulla carta SIM del cellulare e quello che invece puntava su una scheda micro SD. Ora che, come ha confermato l’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano, il lancio di Apple Pay ha definitivamente incoronato l’NFC come tecnologia per il pagamento mobile, il quadro è tutt’altro che chiaro.

Passbook, il wallet chiuso di Apple

Apple ha infatti puntato su un NFC centrato sul dispositivo, che va a ospitare il “secure element”, e su un proprio wallet (il Passbook), in cui la banca può al massimo essere presente con le proprie carte. Un approccio chiuso distintivo della Mela e che di fatto estromette gli altri player dalla possibilità di mantenere una relazione con il consumatore: il cliente di Apple Pay è e resta un cliente Apple. Questo pone la banca di fronte a un bivio: aderire a Apple Pay, con il beneficio di immagine che ne deriva, ma perdere il contatto con il cliente; oppure rifiutarsi di aderire, fare la figura della “banca giurassica” e sviluppare un proprio wallet rinunciando a tutti gli utenti Apple? E nel momento in cui anche un solo competitor dovesse acconsentire al matrimonio con Cupertino, chi potrebbe continuare a negarsi?

SIM based e HCE in alternativa

Questo dilemma si porrà solo per abilitare ai pagamenti mobili gli utenti Apple. Per Android e Windows Phone, le cose cambiano. Oltre all’approccio basato sull’elemento di sicurezza sul device, scelto appunto da Apple e, in passato, da Google (che l’ha però abbandonato in un secondo momento), ne esistono altri due: uno, già arrivato al lancio commerciale anche in Italia, pone l’elemento di sicurezza sulla SIM telefonica e richiede un accordo tra operatore di telefonia e banca (entrambi possibili “emettitori” di un portafogli digitale); l’altro, più recente, è noto con l’acronimo HCE e colloca l’elemento di sicurezza nel cloud, semplificando la filiera dei pagamenti e consentendo alle banche di muoversi in autonomia rispetto alle telco. Ed è su questi due che si stanno orientando gli altri fornitori di sistemi operativi per dispositivi mobili.

Vantaggi e svantaggi

Android, in linea con la filosofia di apertura e convivenza di approcci diversi, punta soprattutto sull’HCE ma consente di ospitare soluzioni SIM based. Windows Phone, per quel che vale in termini di quote di mercato, caldeggia l’utilizzo della SIM: inutile dire che agli operatori telefonici l’utilizzo della carta SIM con il loro marchio (utilizzo per cui ricevono una fee annuale per ospitare il wallet di una banca o altri servizi) piace molto. Collocare l’elemento di sicurezza sulla SIM richiede però l’accordo, anche economico, di molti attori, mentre l’HCE lascia maggiori libertà a tutti.

Ma il quadro potrebbe complicarsi

Resterà da vedere se questi due approcci riusciranno a convivere o uno prevarrà sull’altro. E non è detto che non emergano altre soluzioni: Google, proprietario di Android, è un vero gigante del web e con il suo wallet transa ormai il 4% del valore dei pagamenti elettronici negli USA, è probabile che stia lavorando a qualche nuova iniziativa. Poi c’è Samsung, il produttore di hardware con più smartphone in giro per il mondo, che ha appena acquisito l’azienda americana LoopPay: “rivale” di Apple Pay, LoopPay permette di accostare uno smartphone con un wallet a un tradizionale POS che legge la banda magnetica (siamo pur sempre negli USA), permettendo il pagamento con wallet senza upgrade del POS. La soluzione potrebbe essere integrata nel Samsung Galaxy 6 che verrà presentato al Mobile World Congress di Barcellona.