Brexit. Che cosa potrebbe succedere

Brexit cosa succede

E Brexit fu. Il 51,9% dei britannici ha scelto di uscire dall’Unione Europea. Scatenando un dibattito infinito sui mass media e il caos sui mercati. Un panico forse ingiustificato. Il problema è che, in realtà, nessuno sa bene che cosa aspettarsi.

Perché la Brexit è una incognita

Il Regno Unito, dal 1973, era storicamente il membro più riluttante dell’Unione Europea. Beneficiava di trattamenti di favore ed eccezioni che nessun altro Stato membro ha mai potuto neppure sognarsi. Di fatto, aveva tutti i vantaggi di appartenere all’UE con pochissimi svantaggi. Non a caso tutti gli enti internazionali hanno tuonato per mesi contro il rischio della Brexit. Suscitando, probabilmente, l’effetto contrario su una parte degli elettori britannici. Ora, bisogna vedere se queste previsioni negative si realizzeranno effettivamente. È la prima volta che uno Stato esce dall’Unione: la procedura, prevista dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona, non è mai stata applicata. E la portata dell’impatto da uscita è tutta da misurare: vediamo che cosa ne pensano i principali analisti che si sono espressi in questo day after Brexit.

T. Rowe Price. Incertezza in UK per un paio di anni

La parola chiave per i prossimi mesi è incertezza. E «ai mercati non piace l’incertezza – commenta Dean Tenerelli, Portfoglio Manager, European Equities di T. Rowe Price. Assisteremo a un lungo periodo così, non solo a livello dei mercati finanziari britannici ed europei, ma anche globale. Ai mercati non piace l’incertezza. Poiché il Regno Unito è il primo Stato membro ad uscire dall’UE, non esiste un modello da seguire. Considerato il numero delle variabili in gioco, è difficile prevedere le ripercussioni economiche con qualsiasi livello di convinzione, ma mi aspetto un peggioramento delle prospettive di crescita per il Regno Unito».

Franklin Templeton. I mercati non amano l’ignoto

Uscire dall’UE richiederà mesi se non anni di trattative. La scelta di richiedere l’uscita resta una discrezione del governo inglese (il Referendum di ieri era consultivo e, in linea puramente teorica, il governo potrebbe anche non fare nulla, ma così non sarà) e questo processo, una volta avviato, lascerà comunque il Regno Unito a metà del guardo per lungo tempo. Alimentando l’incertezza. Come osserva David Zahn, Head of European Fixed Income di Franklin Templeton. «I mercati non amano l’ignoto ed un voto a favore della Brexit presenta enormi incognite: non si tratta solo di dubbi su come si evolverà questa situazione, ma anche su chi dovrà affrontarla. Credo che il voto di ieri creerà un evidente aumento della volatilità nei mercati finanziari. La sterlina probabilmente si indebolirà ed è probabile che ora i tassi di interesse del Regno Unito non subiranno modifiche per un certo periodo di tempo, dal momento che tale decisione potrebbe rivelarsi un grande colpo alla fiducia degli investitori»

AXA IM. Stime di crescita del PIL riviste al ribasso

La principale prospettiva è capire l’impatto sull’economia britannica e su quella mondiale.I francesi di AXA Investment Managers ci vanno giù pesante: le stime per il PIL del Regno Unito nel 2017 passano da +1,9% a +0,4%. Meno investimenti e meno afflussi dall’estero peseranno sul prodotto interno lordo, spingendo la Banca centrale inglese a intervenire almeno due volte sulla politica monetaria entro la fine del 2016: secondo AXA, con due tagli dello 0,25% circa del costo del denaro e un quantitative easing tra i 50 e i 100 miliardi di sterline.

Recessione tecnica secondo UBP

La vedono peggio Norman Villamin, Chief Investment Officer (Private Banking) e di Patrice Gautry, Chief economist di Union Bancaire Privée – UBP. Recessione tecnica tra il -3% e il -1% tra la seconda metà del 2016 e la fine del 2017, crescita della disoccupazione di almeno 1 punto percentuale (attualmente è al 5%), calo significativo della sterlina. Inflazione a pericolo di rialzo fino al 3%. Particolarmente colpiti immobiliare, manifatturiero, pubblicità e banche. «L’impatto della Brexit sull’economia dell’Eurozona dovrebbe essere limitato (-0,2 punti percentuali all’anno nei prossimi anni), tuttavia ci sono alcuni Paesi che sono particolarmente esposti a uno shock, tra cui Germania, Paesi Bassi e Belgio».

Legg Mason. Inflazione, rallentamento economico, secessione di Scozia e Ulster

Secondo gli analisti di Legg Mason, la rinegoziazione degli accordi commerciali porterà a un rallentamento economico: la sterlina debole alimenterà l’inflazione, per quanto probabilmente la Bank of England interverrà tagliando i tassi di interesse per ridurre l’impatto. Le spinte centrifughe di Scozia e Irlanda del Nord non sono da sottovalutare, configurando addirittura una fantascientifica riunificazione dell’Irlanda. E Legg Mason cita apertamente la possibilità che il Regno Unito perda il rating AAA.

Kempen. Impatto limitato sull’Europa

Secondo gli analisti di Kempen, la Brexit nel breve termine danneggerà l’economia britannica. Un ridimensionamento generale che verrà contrastato dalla Banca di Inghilterra, resta da vedere con quali strumenti e quali esiti. Mentre l’impatto sul resto d’Europa e sull’economia globale, dal punto di vista strettamente economico, dovrebbe essere limitato. Senza una particolare recessione: il dollaro crescerà su euro e sterlina e la minore domanda proveniente dall’Europa potrebbe incidere sull’export di Cina e mercati emergenti. Probabile che l’aumento delle materie prime, anche a causa dell’apprezzamento del dollaro, creino pressioni sull’economia globale.

Schroders. Economia UK già in difficoltà. Outlook negativo anche nel lungo termine.

Gareth Isaac, gestore obbligazionario di Schroders, vede nubi scure all’orizzonte anche nel lungo periodo. «Sebbene la reazione di breve termine del mercato sia negativa, l’outlook di lungo termine per l’economia del Regno Unito e per i mercati finanziari è potenzialmente peggiore. I dettagli della nuova relazione commerciale tra Regno Unito e UE non saranno finalizzati per ancora molti mesi o anni. Questa incertezza avrà probabilmente un impatto significativo sugli investimenti e sulla creazione di posti di lavoro nell’economia britannica. Potremmo vedere aziende manifatturiere basate nel Regno Unito spostare i centri di produzione nell’Europa continentale, a causa delle aspettative su barriere commerciali e tariffarie per i beni prodotti extra-UE». Restano le problemastiche già in essere prima del referendum per l’economia britannica: deficit di bilancio e di parte corrente elevati, salari e produttività deboli, disavanzo pubblico alto, prospettive di tasse maggiori e spesa più bassa».

T. Rowe Price. La sterlina va giù

Un fronte riguarda la sterlina. La moneta britannica, già il 24 giugno, è scesa ai minimi sul dollaro degli ultimi 30 anni. Secondo Quentin Fitzsimmons, uno dei gestori del team del reddito fisso di T. Rowe Price, la valuta UK si prepara a perdere di valore «a causa del probabile calo di fiducia delle imprese britanniche e di un maggiore deficit delle partite correnti del Paese. È comunque una valuta pregiata, diffusamente scambiata e una riserva di valore. Indubbiamente si indebolirà, ma i timori che cada senza fine non hanno fondamento».
Difficile, insomma, che si realizzi lo scenario di una sterlina scambiata alla pari con il dollaro.

Swissquote. Franco bene rifugio, sforzo extra per la Banca Nazionale Svizzera

Nel quadro delle valute, il franco svizzero vedrà confermato il suo tradizionale ruolo di bene rifugio e di strumento di copertura del rischio. Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy di Swissquote, non esclude un ulteriore intervento della Banca nazionale Svizzera. «Il cambio euro-franco svizzero infatti è diventato il cavallo di battaglia di molti investitori che hanno puntato sulla Brexit, con una correlazione che è diventata molto stretta nelle ultime settimane. La sua popolarità come valuta safe-haven a copertura del rischio cambio tra il Regno Unito e l’Europa non farà che aumentare a seguito del voto shock espresso dagli inglesi. Sfortunatamente per la BNS, che fa di tutto per incoraggiare la svalutazione della moneta nazionale, la Brexit non farà che accendere la miccia di altri rischi regionali. Nel prossimo futuro l’Europa vivrà un periodo di grandi incertezze come conseguenza dell’avversione al rischio attuale, suggerendo un prolungato periodo di rafforzamento della valuta elvetica e questo metterà la BNS sulla difensiva. La banca centrale ha a nostro modo di vedere intrapreso la giusta decisione ovvero quella di mantenere ferma la propria politica monetaria per lasciarsi le mani libere nel difendere le fluttuazioni del franco da ulteriori sopravvalutazioni con ogni mezzo a disposizione. L’espansione del bilancio della BNS sta ad indicare che i banchieri centrali non sono stati con le mani in mano anche se con un totale delle riserve superiore al 95% del Pil svizzero un’ulteriore estensione potrebbe risultare destabilizzante. La prossima mossa potrebbe essere quella di aumentare i tassi già negativi applicati ai depositi».

FXCM. No, il dollaro sarà la valuta rifugio

Per Matteo Paganini, Chief Analyst di FXCM Italia, sarà invece il dollaro la nuova valuta rifugio, «contro tutte le altre valute tranne che contro lo yen giapponese, in grado di salire contro il biglietto verde in quanto le reazioni di risk off hanno condotto a flussi di capitale in protezione su yen, dollaro e parzialmente franco svizzero. Stimavamo una potenziale svalutazione della sterlina contro dollaro del 15% a causa di un effetto combinato di vendita di pound/acquisti di dollaro e la strada percorsa è stata del 12%, con il compimento di minimi assoluti. Occhi puntati su possibili interventi concertati da parte delle banche centrali che potrebbero decidere di fornire liquidità ai mercati nel caso in cui dovessero accadere degli shock durante le prossime giornate, quando il mercato comincerà a digerire una decisione che probabilmente potrebbe condurre la Bank of England a non essere più una follower della Federal Reserve, in quanto non escludiamo che in UK possano decidere di procedere con potenziali tagli di tassi nel futuro prossimo. Interventi singoli da parte delle banche centrali risultano invece meno probabili pur non essendo da escludere del tutto».

Amundi. Finance UK appeso ai negoziati

Altro punto dolente. Il Finance britannico. Londra, capitale finanziaria d’Europa, da questo punto di vista ha tutto da perdere da una uscita dall’UE. «I negoziati sui servizi finanziari promettono di essere lunghi e difficili – spiegano Philippe Ithurbide, Global Head of Research, Strategy and Analysis e di Didier Borowski, Head of Macroeconomics di Amundi – in quanto sono strategici sia per lo UK sia per la UE. Il Regno Unito incide per quasi un quarto dei servizi finanziari dell’UE e il 40% del suo export di servizi finanziari: il settore vale da solo l’8% del PIL del Regno Unito. Nessun mercato finanziario è in grado di sostituire Londra, ma la perdita del passaporto europeo per le banche UK rischia di portare al trasferimento di alcuni segmenti di business verso l’Irlanda o altri mercati europei. Il surplus commerciale derivante dai servizi britannici, pari al 5% del PIL, potrebbe quindi venire meno nel futuro».

T. Rowe Price. La UE non sarà tenera

Nei due anni che verranno, il Regno Unito dovrà negoziare con una Unione Europea alle prese con una crisi di identità importante e che dovrà dare risposta anche alle tendenze “secessioniste” di altri Paesi. Da nord a sud, sono pochi gli Stati che non siano in qualche modo interessati a seguire lo sviluppo della vicenda. «È probabile che l’UE mantenga un atteggiamento duro – commenta Mike Della Vedova, Portfolio Manager, European High Yield Bond di T. Rowe Price – proprio per evidenziare il più possibile tra appartenenza e non appartenenza. Il mercato europeo verrà sostenuto usando qualsiasi mezzo disponibile per semplificare la vita ai membri rimasti e complicarla al Regno Unito». L’esito dipenderà da come interagiranno gli interessi contrapposti dei diversi paesi: la Francia è un competitor britannico nei servizi finanziari, la Germania esporta molte auto verso la Gran Bretagna e così via.

Franklin Templeton. Sarà peggio del previsto

 La complessità di questo processo di trattativa sarebbe stato addirittura sottovalutato secondo David Zahn di Franklin Templeton. «Il Regno Unito non ha dovuto negoziare un accordo commerciale bilaterale dal 1976, quindi credo che bisognerà interrogarsi sulla velocità di tale processo. Abbiamo visto quanto tempo può volerci. E non si stratta solo di commercio, c’è anche il movimento di manodopera e argomenti importanti come le rotte aeree: l’UE detiene oltre 60 diversi accordi mondiali che consentono agli aerei provenienti dall’UE di sorvolare ed atterrare in altri territori. Il Regno Unito, invece, non ne detiene. Questo è solo un esempio. Il conto alla rovescia per l’uscita del Regno Unito dall’UE non inizierà finché il governo non ne farà richiesta ufficiale. Potrebbero esserci alcune ragioni logiche per non farlo immediatamente, e ci saranno poi importanti elezioni in Germania e Francia il prossimo anno, Paesi che saranno due dei maggiori partner con cui i funzionari del Regno Unito dovranno negoziare i termini della Brexit. Inoltre non sappiamo la disponibilità dell’UE a negoziare con un Regno Unito non più parte dell’Unione. Mi aspetto che l’UE renderà le negoziazioni alquanto difficoltose».

M&G. Serve concretezza, panico non giustificato

Molto concreto l’intervento di Steven Andrew, manager dell’M&G Income Allocation Fund. «Ci sono stati forti movimenti sui mercati finanziari globali durante la notte e questa mattina; alcuni di questi movimenti sembrano razionali, ma alcuni possono essere considerati delle reazioni eccessive». I movimenti dei mercati non sembrano tutti giustificati o giustificabili dalla Brexit. «Potrebbero essere sufficienti a giustificare un movimento del 10% della sterlina rispetto al dollaro nella notte, ma possono giustificare il calo del 7-8% delle banche giapponesi o del 6-7% delle obbligazioni portoghesi avvenuti in un giorno solo? Quanta parte possono avere gli accordi commerciali tra UK e UE negli utili delle banche giapponesi? E questo risultato non porta a pensare ancora più probabile che la Banca Centrale Europea farà ogni cosa in suo potere per assicurare che i rendimenti dei titoli di Stato dell’Europa periferica non aumentino a livelli che possano causare instabilità?».